Marco Vichi, nato e cresciuto a Firenze vive adesso nel Chianti, un poโ a causa di vicissitudini familiari e un poโ per scelta. โMi ci vuole il silenzio, i problemi della cittร sono diventati per me un antico ricordoโ, ci spiega. Ma quando parla di Firenze sottolinea il suo grandissimo fascino: โha i colori giusti, unโarmonia rara, ha qualcosaโฆ insomma รจ riuscita bene, ecco!โ.
Qual รจ la tua Firenze? Quella che ti piace frequentare.
I quartieri che preferisco sono quelli dellโOltrarno, San Niccolรฒ, Santo Spirito e San Frediano. Sono le zone in cui ancora, oltre al turismo, rimane anche la Firenze di una volta. Non voglio fare ilย nostalgico, ma camminare in piazza Duomo nei mesi da aprile a settembre รจ diventato impossibile.
Un posto dove vado a mangiare รจ โSabatinoโ, in via Pisana. Quando passo nella zona di San Niccolรฒ invece, solitamente mi piace fermarmi alla trattoria โCentโOriโ. A pranzo vado spesso in San Lorenzo, cโรจ questa trattoria, chiusa a cena, che si chiama Sergio Gozzi. Un posto che รจ rimasto davvero genuino, cโรจ sempre la fila, รจ la vera cucina toscana.
Quanto cโรจ della tua vita reale allโinterno delle tue storie?
Non รจ facile da spiegare quale โmaterialeโ usa il narratore per andare avanti nella scrittura. Ci puรฒ essere di tutto. Ci puรฒ essere un ricordo familiare di quarantโanni fa che elaborato entra nel romanzo, perchรฉ in quel momento per associazione arriva alla mente.
Poi ci sono episodi che uno inserisce piรน coscientemente e piรน precisamente: certi punti di vista, una visione del mondo, i diversi modi di affrontare le cose possono venire dalla mia persona, ma in realtร , spesso mi piace raccontare personaggi anche molto distanti da me. Comunque sia si racconta sempre ciรฒ che si conosce, dunque cโรจ sempre del โvissutoโโฆ si puรฒ dire che ogni storia raccontata nel mondo รจ sempre autobiografica.
Dai libri al cinema. Raccontaci dei tuoi cortometraggi.
Il primo cortometraggio a cui ho lavorato e per il quale ho scritto la sceneggiatura si chiama โLa Fugaโ. La regia la fece Gianmarco DโAgostino, lo stesso che ha lavorato anche ai video del Museo dellโOpera del Duomo e ha realizzato un bel documentario sullโAlluvione di Firenze con il quale ha vinto diversi premi in giro per il mondo.
Con lui stiamo cercando di fare โIl Polpettoneโ, che racconta di come il โ68 รจ entrato nelle famiglie borghesi italiane. ร autobiografico e si riferisce proprio alla sera in cui ho visto arrivare il โ68 in casa mia. La politica a poco a poco ha invaso tutta la realtร italiana. Tutto era politica, come racconta bene
e con ironia Gaber nella sua famosa canzone.
Hai insegnato scrittura creativa anche allโuniversitร . Il tuo rapporto con i ragazzi?
Tendenzialmente non frequento persone della mia etร , mi piacciono molto piรน i giovani [Ride]. Sono
molto attirato dalla gioventรน. Sto benissimo anche con i giovanissimi, mi sento molto a mio agio. Magari รจ perchรฉ non sono mai cresciuto. [Ride ancora].
Che consigli hai da dare a chi volesse intraprendere il tuo mestiere?
Di avere tanta pazienza. Di non pensare che per scrivere qualcosa di pubblicabile basti aver imparato lโalfabeto a scuola. Non รจ quello lo strumento. Per fare un concerto con il pianoforte le persone studiano anche 15 anni. A volte chi comincia a scrivere non pensa che ci voglia un bel poโ di allenamento, come per giocare a calcio, o correre i cento metri.
Per far maturare la scrittura ci vuole tempo. ร necessario diventareย capaci di criticare se stessi, riuscire a separare โtu che scriviโ da โtuย che rileggi quel che hai scrittoโ, per capire senza drammi di aver scritto pagine brutte e poterle tagliare con il piacere di farlo. In fin dei conti, la forza di un romanzo non sta nella storia ma nella scrittura.