Palazzo Medici Riccardi, gioiello fiorentino e luogo in cui è nato il collezionismo moderno all’epoca di Cosimo il Vecchio e Lorenzo Il Magnifico, si apre ancora una volta al contemporaneo ospitando una nuova mostra di opere del Novecento provenienti da collezioni private fiorentine e toscane. Passione Novecento da Paul Klee a Damien Hirst è infatti la nuova esposizione visitabile, fino all’8 gennaio 2023, all’interno di questo palazzo storico a Firenze.
Un progetto del Museo Novecento, a cura di Sergio Risaliti, promosso dalla Città Metropolitana di Firenze e organizzato da MUS.E. L’esposizione è aperta tutti i giorni, eccetto il mercoledì, dalle ore 09:00 alle ore 19:00. Interessante è anche il fatto che questa mostra apra in occasione della Florence Art Week e nella settimana della 32a Biennale Internazionale dell’Antiquariato, BIAF in sigla: la più antica mostra mercato al mondo, punto di riferimento fondamentale per la grande arte italiana. Nella città di Firenze sono ospiti infatti i protagonisti del mercato antiquariato, assieme a collezionisti provenienti da tutto il mondo e figure rappresentative del sistema dell’arte e dei musei.
Passione Novecento da Paul Klee a Damien Hirst. Opere da collezioni private, collega quindi la grande tradizione rinascimentale del collezionismo e mecenatismo alla passione per l’arte del XX secolo, ancora coinvolgente nella nostra epoca. Pulsioni, sentimenti, desideri e ambizioni sono sensazioni senza tempo, che pervadono l’animo del vero collezionista: colui che, secondo il filosofo tedesco Walter Benjamin, si assume il compito di trasfigurare le cose, il vero inquilino dell’interieur, dove trova asilo l’arte.
Passione Novecento: il percorso della nuova mostra di Palazzo Medici Riccardi
Oggi, come ieri, il cuore del collezionista batte per i grandi innovatori: artisti che hanno dato vita a nuovi linguaggi e a nuove pratiche, a ricordare come tanto l’arte quanto il collezionismo siano sempre contemporanei. Nella mostra di Palazzo Medici Riccardi si possono ammirare infatti rari capolavori di Paul Klee e de Chirico, di Morandi e Savinio, accanto a quelli di Martini e Melotti, Fontana e Burri, per spaziare nei nomi più celebri della Pop art come quelli di Warhol e Lichtenstein, di Alighiero Boetti e Daniel Buren, fino agli artisti più celebri dello scenario contemporaneo, come Damien Hirst e Cecily Brown, Ai Weiwei e Tracey Emin.
La selezione di quadri, dipinti, e non solo, è strettamente legata al concetto di autonomia dell’opera d’arte, apprezzata per se stessa, curata, contemplata, e quindi collezionata. Un concetto, quest’ultimo, che affonda le sue radici nel collezionismo e nel mecenatismo, nato in particolare nelle “camere” e negli studioli di Palazzo Medici. Non dimentichiamoci che il vero collezionista è colui che ama talmente tanto quello che colleziona, che lo vuole salvare. I capolavori di Passione Novecento a Firenze ci raccontano storie bellissime, di grandi appassionati d’arte, persino identitarie, al punto di specchiare il collezionista, la sua vita, il suo gusto, i suoi ideali, in un gioco di suggestioni e di significati riposti.
L’Ofelia di Arturo Martini in mostra a Palazzo Medici Riccardi
Tra le tante opere esposte nella nuova mostra di Palazzo Medici Riccardi c’è anche la celebre Ofelia (1922) di Arturo Martini. Il collezionista e celebre compositore fiorentino di origine ebraica Castelnuovo Tedesco, negli anni Venti, aveva scritto le Shakespeare songs: l’Ofelia di Shakespeare improvvisamente cantava. Da qui, il desiderio dell’artista di acquistare l’emblematica scultura: una terracotta elegante, dolce, sensuale e tragica. La fanciulla è sospesa tra “la mente e la follia”. Una spallina del suo abito cade e scopre il suo seno, il volto sembra rivolgersi verso l’alto, le braccia aperte e la bocca quasi socchiusa, come se da un momento all’altro dovesse iniziare a cantare. L’opera è a noi nota grazie a una fotografia in bianco e nero del ’49.
Castelnuovo Tedesco, costretto a lasciare l’Italia in seguito alle leggi razziali, aveva precedentemente messo in salvo tutti i suoi beni, tra cui anche questa terracotta. Il noto compositore, tornato a Firenze nel 1961, acquista una casa assieme a sua moglie e rimette in luce le opere che i due avevano salvato. Ofelia lascia poi l’Italia e, a lungo conservata negli Stati Uniti, rientra per l’occasione a Firenze, tornando visibile dopo molto tempo, prima al Museo Novecento in occasione della mostra monografica SOLO. Arturo Martini e Firenze e oggi a Palazzo Medici Riccardi.
Il collezionismo fiorentino ieri e oggi
La città di Firenze, culla del Rinascimento, ha visto dai tempi dei tempi intrecciare le sue vicende artistiche con quelle del collezionismo privato. Basti pensare alle antiche famiglie dei Sassetti e dei Tornabuoni, dei Medici e dei Doni, dei Gondi e dei Rucellai, fino ad arrivare alla storia più recente.
Dalle raccolte private, dagli studioli e dai salotti dei gran signori, sono poi nati i primi musei moderni. Dall’amore per l’arte, dal culto degli antichi, dal desiderio di emulazione è anche nata una delle prime accademie d’arte, quel giardino di San Marco patrocinato da Lorenzo il Magnifico e noto a tutti, palestra artistica per altro anche del giovane Michelangelo Buonarroti. Da quell’epoca, Firenze è stata luogo del fare arte, della critica d’arte e dell’investimento nell’arte: una vocazione, quest’ultima, ininterrotta anche nell’Ottocento e nel Novecento, quando le grandi famiglie borghesi e industriali hanno perseverato in questa logica collezionando e investendo in bellezza e cultura.
Tra i più celebri collezionisti del passato ricordiamo Stefano Bardini, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita, antiquario e mercante tra i più eclettici e raffinati del suo tempo, dal cui gusto e capacità imprenditoriale è scaturito quel gioiello di museo “in blu” che ancora oggi porta il nome del grande mercante fiorentino. E ancora, l’eclettico Frederick Stibbert e lo storico dell’arte Herbert Percy-Horne, le cui collezioni sono un pezzo importantissimo della storia fiorentina.