“La competenza – ha aggiunto Rossini – è sempre chiara: nella fattispecie è apparsa un po’ confusa perché non sono chiari i fatti a cui è stata applicata. Ma questo lo dico basandomi sui quanto si è letto, perché non conosco i fatti”.
“Comunque – ha proseguito – penso che il collega di Firenze avesse le idee più chiare e che abbia fatto bene a non dire nulla per vari motivi: primo perché è vietato, poi perché avrebbe creato un problema sul processo in quanto c’era il pericolo che saltasse la storia giudiziaria visto che i personaggi poi arrestati, stando alle indagini, stavano per scappare all’estero”.
“Insomma – ha concluso il procuratore capo dell’Aquila – le cose non si possono dire prima, si creano malintesi gravi con telefonate che possono essere intercettate e si rovina l’indagine“.