martedì, 15 Ottobre 2024
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Castello di Sammezzano, centocinquanta anni di architettura abbandonata/FOTO

Il Castello di Sammezzano, contornato da uno splendido parco di sequoie secolari, è in totale stato d'abbandono dal momento della sua chiusura definitiva. Da allora, in pochi hanno potuto accedere alle splendide sale progettate da Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona. Ma, in un paio di occasioni l'anno, il castello viene aperto al pubblico. L'ultima volta, domenica 20 maggio 2012. GUARDA LE IMMAGINI.

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Il Castello di Sammezzano, contornato da uno splendido parco di sequoie secolari, è in totale stato d’abbandono dal momento della sua chiusura definitiva, nel 1999. Da allora, in pochi hanno potuto accedere alle splendide sale progettate da Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona. Ma, in un paio di occasioni l’anno, il castello viene aperto al pubblico. L’ultima volta, domenica 20 maggio 2012.

I PANCIATICHI. Nel 1605 il castello di Sammezano, situato all’interno del parco di sequoie secolari nella campagna di Leccio (Reggello), fu acquistato dagli Ximenes d’Aragona e passo in eredità nel 1816, ai Panciatichi. L’aspetto attuale dell’edificio, lo si deve a Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona che, nella duplice veste di committente ed architetto, dal 1853, donò al Castello di Sammezzano, lo stile moresco. Ferdinando Panciatichi è stato, oltre che architetto, botanico, ingegnere, studioso, benefattore e aver combattuto durante il Risorgimento, un politico attivo nel territorio fiorentino di Reggello e Rignano sull’Arno.

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IL CASTELLO. Visto dall’esterno, si nota subito lo stile moresco donatogli dal Panciatichi e, se lo si osserva bene, può ricordare il Taji Mahal. Ma ciò che salta all’occhio immediatamente, è la sua maestosa bellezza caduta in stato d’abbandono. Crepe, vetri rotti da vandali e un oggetti mancanti per via di qualche furto da parte di sciacalli, lasciano nel cuore dello ”spettatore”, quel po’ di malinconia mista a dispiacere. Soprattutto nelle persone che, quel castello, lo ricordano nei suoi anni di massimo splendore. Sono molti, in zona, ad aver lavorato al suo interno come camerieri, allora non attenti alla bellezza unica di cui potevano godere ogni giorni. Ma anche tanti altri che il castello lo ricordano da sempre chiuso, ma in un migliore stato, quando ancora era in vita l’uomo che lo custodiva insieme al parco. Allora, di fronte alla facciata principale, il giardino era circondato da alberelli ben curati e da una siepe in pieno stile ”palazzo reale”. Adesso è quasi tutto secco, sciupato. Così com’è il Castello. E quei pranzi ai tavoli del bar, sono solo lontani ricordi dei visitatori accorsi all’apertura straordinaria del 20 maggio scorso.

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L’APERTURA. Da quando è stato chiuso definitivamente, circa venti anni fa e nonostante la vendita all’asta del 1999, in cui i ”fortunati” proprietari (una società inglese) ne vennero in possesso, il portone del Castello è sempre rimasto chiuso ai visitatori, lasciando intrappolati al suo interno, i balli, le cerimonie e le semplici visite di pochi fortunati. Ma, da qualche anno, in occasione di due eventi importanti per la comunità di Leccio, la Sagra di Penco e la Marniatona – divenuta quest’anno Marniatrail – il Castello di Sammezzano, viene riaperto al pubblico. L’ultima visita gratuita e guidata, è avvenuta lo scorso 20 maggio, in una grigia e malinconica domenica. Ma nonostante il tempo, in molti non si sono lasciati sfuggire quest’importante avvenimento.

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LE SALE. All’interno del castello sono presenti 365 sale, una per ogni giorno dell’anno e diciasette camere da letto. Tra le sale troviamo la Sala Bianca, la Galleria fra la Sala degli Specchi e l’ottagono del Fumoir, la Sala dei Pavoni, dei Gigli, delle Stalattiti, dei Bacili spagnoli, degli Amanti, degli Specchi e anche una piccola cappella. In questi spazi, concatenati e ampi, si nascondono nicchie, angoli e aperture. E ancora finestre, colonne e percorsi labirintici. Ma anche capitelli, archi, volte a ventaglio e cupole. Ogni stanza è diversa dall’altra, nessuna si ripete e mostra la propria originalità. E quella scritta ”Non plus ultra”, incisa e voluta dal Panciatichi in molti punti delle sale, dimostra la straordinaria unicità del castello e della mente del costruttore, un livello di ingegnosità non superabile da nessun altra persona. E molti sono anche i riferimenti alla letteratura, a Dante, all’Ariosto e a tanti altri. Ma non manca la religione, o per meglio dire, le religioni e vari riferimenti alla politica del tempo, alla situazione delicata di un’Italia appartente ad un epoca numericamente lontana dalla nostra, ma talmente simile da far annuire con la testa nel momento in cui si leggono le scritte incise più di un secolo fa. E quei giochi di luce fatti dal sole e dagli specchietti colorati, quei motivi in gesso che rimandano all’Alhambra spagnola, quei fori sul pavimento che un tempo formavano giochi d’acqua nel salone centrale. Tutti elementi, questi, che non possono che evocare stupore e meraviglia unitamente al dispiacere e alla malinconia, pensando alla meraviglia che in pochi hanno tra le mani e di cui, in ancora meno, possono goderne.

IL COMITATO. E per salvaguardare la bellezza che sorge tra le campagne fiorentine, a Leccio un gruppo di appassionati (Massimo Sottani -Presidente, Simonetta Alberti – Vice presidente, Ester Bulli – cassiere, Angelo Arnetoli, Gianni Simonti, Renzo Rosati), hanno dato vita al Comitato dedicato proprio a Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, che nacque nel lontano 1813 a Firenze. Il comitato nasce anche con lo scopo di celebrarne l’anniversario centenario, per approfondire la conoscenza del castello, oltre che la vita del Panciatichi. Per l’occasione verranno organizzate insieme alla proprietà, alle istituzioni e ad altre associazioni di volontariato e culturali, una serie di iniziative per questa ricorrenza. Una ricorrenza importante non solo per il paese ma anche per Firenze e che verrà festeggiata anche con l’obiettivo di restituire un futuro al Castello di Sammezzano.

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