Una tendenza che affascina i giovani
Il ciuffo stirato di sbieco a coprire un occhio, jeans strettissimi su gambe come giunchi, il tutto condito da accessori borchiati o a strisce colorate. Vaghe reminescenze di punk, qualche cresta che rispunta, assieme all’occhio bistrato, anche e soprattutto per i ragazzi. Si fanno chiamare “emo”, che sta per emozione, e hanno in genere tra i 14 e i 19 anni.
Si fa presto a bollare tutto come moda adolescenziale, ma sotto alla crosta delle t-shirt dal sapore gotico e delle Converse ai piedi si nasconde un mondo intero, una sorta di “filosofia di vita” che ha contagiato molti ragazzi. Non solo un modo di vestire, ma un modo di pensare ed agire, che a volte fa un po’ paura, specie a chi, come i genitori, li osserva dall’esterno e non riesce a capire. Capire da dove nasce tutta questa tristezza, questa disperazione.
Se emo significa emozione, i ragazzi emo non fanno mistero di quello che provano, anche se questo significa piangere davanti agli amici o baciare persone dello stesso sesso, e magari essere emarginati proprio da quel gruppo che si riteneva amico. O addirittura arrivare a farsi del male, procurandosi dei tagli sulle braccia o sulle gambe con le lamette da rasoio. Una richiesta di aiuto, la manifestazione di un disagio insostenibile, che però purtroppo rischia di essere trascinata nel gorgo della “moda”, della tendenza, del “fa figo”.
Come spesso succede per i trend giovanili, anche questo nasce dalla musica e, come altrettanto spesso accade, si diffonde a macchia d’olio a partire dagli Usa e dalla Gran Bretagna. Il genere musicale è quello “emocore”, che emerge negli anni ’80 smarcandosi dal punk e dal grunge e mira ad emozionare il pubblico, appunto, a strappare dal petto delle sensazioni forti. Le sonorità sono ancora quelle del punk rock, ma in chiave più moderna e più melodica. La musica emo si evolve e si dirama in più filoni con l’andare del tempo, fino ad accogliere gruppi come i Tokio Hotel, con il loro leader che sembra uscito da un manga giapponese. E nel frattempo la parola emo diventa sinonimo di uno stile ben riconoscibile, anche sulle strade di casa nostra, sui nostri autobus e nelle scuole.
Ma soprattutto online, perché è attraverso i blog e le community che gli emo si cercano e si riconoscono, pubblicano foto, video e post, a volte dal retrogusto inquietante. Pare che gli emo abbiano sottratto la scena ai seguaci dello stile gotico, in questo campo. Se fino a poco tempo fa l’opinione pubblica si scandalizzava per le canzoni di Marylin Manson e per i suoi epigoni, adesso la stampa si infiamma per il messaggio lanciato su MySpace da un ragazzino emo che annunciava online il suicidio. “Non sarò un vero emo finché non sarò morto”.
E sotto questa dichiarazione una serie di commenti da far rabbrividire: dai “ci mancherai”, a quelli che solidarizzavano con la scelta, a quelli che dicevano “Se gli piaceva quella musica si è dato quel che si meritava”.Tralasciando il fatto che colui che annunciava il gesto estremo si sia connesso il giorno dopo per controllare cosa gli avevano scritto i suoi amici in bacheca, rivelando così un profondo bisogno di attenzione, la questione è seria e va assumendo contorni sempre più delicati, se anche parlamentari e esponenti politici di diversi paesi si sono presi la briga di parlare del “fenomeno emo”.
A far discutere in Italia sono stati alcuni siti internet contenenti immagini di giovani con tendenze autolesioniste che, muniti di lametta, spiegavano come e dove tagliarsi. Anche se per essere emo ed emozionarsi non è necessario arrivare a questo punto, come gli stessi ragazzi dichiarano, il rischio è che farsi del male diventi pericolosamente di moda. Emo finirebbe per significare soltanto emulazione.
“E’ potenzialmente molto pericolosa”
Parla Patrizia Santovecchi, presidente Osservatorio Nazionale Abusi psicologici
Come accade per altre tendenze giovanili, anche per il fenomeno Emo ci sono delle zone d’ombra, dei punti di grigio dove si annebbia il confine “tra il bene e il male”. Se per qualcuno si tratta solo di uno stile di vita tutto sommato innocuo, per altri ragazzini -e sono tanti anche dalle nostre parti- lo stile Emo si trascina dietro i rischi di una deriva pericolosa, che a volte sfocia addirittura all’autolesionismo.“Fare una stima di quanti sono i ragazzi e ragazzini che si identificano nel movimento Emo è difficilissimo, ma sicuramente si tratta di una tendenza molto diffusa. Basta vedere come aumentano a vista d’occhio i siti sull’argomento” spiega Patrizia Santovecchi, presidente nazionale dell’ ONAP – Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici.
Ma quanto è pericoloso il fenomeno? “Potenzialmente molto, comunque ruota intorno al sangue, è un movimento che si rifà al decadentismo e ai poeti maledetti, anche se molti dei giovanissimi che vi si riconoscono non ne sono consapevoli. Cosa ancora più grave, gli Emo inneggiano in ultima ipotesi al suicidio – continua Santovecchi, che chiarisce che “spesso i più giovani sono attratti dagli amici più grandi, che sono già Emo e sembrano i più “fighi” del gruppo, poi iniziano con il cambiare l’abbigliamento e la pettinatura e presto arrivano i primi tagli sulle braccia”. Quello che sembra apparentemente inconcepibile e che rasenta l’autolesionismo, però, esercita un’attrazione molto forte sui ragazzini più suggestionabili che, oltre a doversi infliggere questi tagli per dimostrare di appartenere al gruppo facendo uscire il sangue – emo, appunto – ne traggono una sensazione di calma, come se il taglio placasse l’ansia e l’agitazione. Quindi dall’effetto positivo del taglio nasce una specie di dipendenza, come se si trattasse di una droga, riferisce Santovecchi.
Ma come può un genitore accorgersi della deriva Emo del figlio? Spiega la presidente dell’ Onap: “Nel giovane che si sta avvicinando al fenomeno Emo cambia prima di tutto l’atteggiamento, poi il modo di vestirsi e pettinarsi. In una seconda fase si vedono anche le prime cicatrici dei tagli. Poi il giovane passa il tempo su internet sui siti Emo. Effettivamente il fenomeno si riconosce facilmente, perché l’esteriorità è fondamentale per dimostrare la propria appartenenza”. Come si possono aiutare i ragazzini Emo? “Non ci sono ancora centri specializzati, ma anche da noi, presso l’Osservatorio per gli Abusi Psicologici, si possono trovare professionisti che conoscono il fenomeno e possono dare una mano. Chiaramente all’inizio il ragazzo negherà di essere coinvolto in una tendenza potenzialmente pericolosa e tenterà di minimizzare, magari dicendo che è solo una moda, e di appellarsi alla sua libertà. Come abbiamo già detto, però, il fatto che in ultima istanza il movimento Emo consideri la possibilità del suicidio come atto ultimo libertario lo rende pericoloso”.
Infine, cosa spinge un ragazzo a diventare Emo, a tagliarsi le braccia e aspirare, almeno idealmente, a togliersi la vita? “Da un lato l’insicurezza che è tipica dell’età adolescenziale, durante la quale i ragazzi sono più soggetti a diversi tipi di influenze, dall’altro il fatto che i nostri giovani sono molto esposti a comunicazioni di tutti i tipi, dai video ai film alle pubblicità e alla musica, che incitano a superare i limiti, ad amare gli eccessi e sfoderare tutta la propria carica aggressiva”.