martedì, 19 Novembre 2024
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La chiesa dell’Isolotto compie 60 anni

Un simbolo del quartiere festeggia sessant'anni di vita. Storie e curiosità della Beata Vergine Maria Madre delle Grazie, che nel quartiere tutti chiamano semplicemente chiesa dell'Isolotto

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All’inizio era una chiesa solo per metà. “Seguivamo messa di fronte a un tendone, che ci separava dalla parte non finita: mancava ancora l’abside”, ricorda chi l’ha vista nascere dal nulla, quando ancora da queste parti le case erano una manciata e tutto intorno esistevano campi e poco più.

La chiesa dell’Isolotto, prima “cattedrale” in quel “deserto” alla periferia di Firenze, compie 60 anni il 22 dicembre e festeggia l’anniversario della consacrazione la stessa sera con un concerto-spettacolo dei vari gruppi che animano la parrocchia, dal teatro alla musica.

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La storia della chiesa dell'Isolotto

La nascita della parrocchia del quartiere precedette l’edificio di culto: fu istituita nel 1955, un anno dopo la consegna dei primi alloggi popolari, e trovò una casa temporanea nell’oratorio della Madonna
delle Querce
, cappella quattrocentesca in via Palazzo dei Diavoli che presto si rivelò troppo piccola per la nascente comunità del rione.

I lavori per la nuova chiesa, intitolata alla Beata Vergine Maria Madre delle Grazie, erano già iniziati nel 1952 ma ci vollero cinque anni per vederne una parziale conclusione (qui qualche scatto dell'Isolotto sessant'anni fa). E a guardare bene, qualcosa manca tuttora: il campanile. Previsto nei disegni originali dell’architetto Guido Morozzi, non è stato mai costruito. Al suo posto attraverso grandi megafoni risuonano ancora oggi le campane virtuali dell’Isolotto.

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Il “prete ribelle”

Ma la chiesa è diventata famosa anche per uno “scisma” in riva all’Arno, finendo sulle prime pagine dei giornali. La scintilla, che innescò una stagione di messe in piazza richiamando fedeli anche  all’estero e la nascita delle prime comunità cristiane di base indipendenti dal Vaticano, fu la cacciata nel 1968 del primo parroco, don Enzo Mazzi, in aperto contrasto con la Curia. Il “prete ribelle”, ben prima del Concilio Vaticano II, tradusse la liturgia dal latino all’italiano e iniziò a dir messa rivolto al popolo e non guardando l’altare, come era d’uso a quei tempi, dando il via a una “rivoluzione”.

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