lunedì, 23 Dicembre 2024
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Microplastiche nel Mediterraneo, a rischio le balenottere

Grazie ad una ricerca portata avanti dall'università di Siena è stato possibile scoprire la presenza di microplastiche all'interno del nostro mare. Queste danneggiano gravemente gli organismi marini, ostacolandone la riproduzione.

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Una ricerca dell’Università di Siena ha portato in superficie un problema che riguarda il mar Mediterraneo e le balenottere che lo abitano.

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LE MICROPLASTICHE. Sono particelle di meno di cinque millimetri derivate dalla degradazione di rifiuti plastici e impattano pesantemente sul plancton e quindi sugli organismi marini. Di queste sostanze ne è stata trovata, nel mar Mediterraneo e nell’area protetta del Santuario dei Cetacei,una quantità allarmante: il valore medio è di 0,62 particelle di microplastica per metro cubo; un valore simile a quello riscontrato nelle isole di spazzatura che galleggiano nell’oceano Pacifico. I maggiori livelli riscontrati sono nel mar Ligure, con una presenza sette volte superiore rispetto al mar di Sardegna.

LE BALENOTTERE. La balenottera comune è uno dei più grande filtratori al mondo di acqua marina ed è anche una specie a rischio di estinzione. Attraverso degli studi  portati avanti dalla gruppo di ricerca della professoressa Maria Cristina Fossi dell’università di Siena, la balenottera è risultata contaminata in modo preoccupante dai derivati più nocivi della plastica che hanno la capacità di interferire sulle capacità riproduttive. Questo è stato il primo studio al mondo al riguardo e ha verificato, attraverso analisi tossicologiche effettuate su campioni di grasso sottocutaneo, la  presenza di microplastiche nel plancton e nelle balenottere.

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IL CAMPIONE. Attraverso un dardo (in foto) appositamente modificato i ricercatori riescono ad asportare, in una procedura che non ha controindicazioni per la salute dell’animale, una piccola porzione di pelle e grasso sottocutaneo che permette di fare le analisi tossicologiche più accurate: quantificare il livello di inquinanti e valutare gli effetti tossicologici come le variazioni genetiche indotte. “Adesso vogliamo analizzare meglio gli effetti tossicologici dell’inquinamento da plastiche – dice la professoressa Fossi – non solo sulla balenottera comune ma anche su altri organismi, come le tartarughe, lo squalo elefante e i pesci che vivono sul fondale marino come la sogliola”.

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