Saracinesche su o saracinesche giù? Lavorare o non lavorare? Negozi aperti o negozi chiusi? I dilemmi nati alla vigilia del primo maggio, sono rimasti più o meno intatti, ma all’indomani della festa sia i sindacati sia i commercianti si dicono soddisfatti, ovviamente per motivi totalmente diversi.
I COMMERCIANTI. Da una parte la Fipe Confcommercio ha comunicato che sono state rispettate le previsioni: sil 70 per cento dei negozi presenti nel centro storico ha aperto ieri i battenti per una giornata di shopping. Secondo l’associazione di categoria i dati sono positivi e testimoniano il fatto che numerosi commercianti hanno alzato la saracinesca nonostante le polemiche e il giorno di festa per i lavoratori.
I SINDACATI. Apprezzamento per come sono andate le cose arriva anche dai sindacati, ma per motivi diversi. Cgil, Cisl e Uil avevano infatti proclamato uno sciopero di 24 ore per tutti i lavoratori del commercio, in modo da boicottare lo shopping festivo. “L’operazione rottamazione è fallita – scrive la Cgil Toscana – 45 le manifestazioni più significative. Ovunque è stata una giornata di festa, con manifestazioni partecipate, tranquille, allegre senza dimenticare i problemi che ha il mondo del lavoro messo a durissima prova da una crisi di cui non si vede ancora la fine”. Secondo i dati diffusi dal sindacato a Firenze ha scioperato l’80 per cento dei commessi in Edison, Coin e Billa.
IL COMMENTO DI RENZI. Le polemiche sono nate a Firenze e in altre grandi città italiane, come a Milano, dopo che i comuni hanno deciso di dare la possibilità ai negozi di aprire nel giorno della festa dei lavoratori. In prima linea per questa ipotesi si è schierato il sindaco Matteo Renzi, che ha commentato sul suo profilo Facebook “Ho letto i commenti sullo sciopero delle commesse e sui servizi di una città turistica. Aldilà di alcuni toni lividi, è stata una bella discussione. Sogno che una nuova generazione prenda il Paese come noi abbiamo preso Firenze. E penso che il PD abbia un rigore a porta vuota da battere, purché non tema gli antichi tabù. Se vogliamo mandare a casa il centrodestra non basta indignarsi. Bisogna essere credibili”.