venerdì, 29 Marzo 2024
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Scoperto un “ostello” per cinesi irregolari

Un capannone di oltre 110 metri quadri, adibito in parte a "ostello" e in parte a cucina per la preparazione di pasti per i cinesi irregolari che lavorano nelle aziende gestite da loro connazionali, è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza. Otto le persone denunciate.

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Scoperto e sequestrato dalla Gdf, dunque, un “ostello” per cinesi irregolari. A darne notizia è l’agenzia Agi. L’individuazione dell’attività illecita – spiega una nota – è stata possibile a seguito del continuo monitoraggio di un’area dove si sono sviluppate importanti agglomerati di microimprese in grandi capannoni industriali. In questo contesto, oltre ad attività dedite alla produzione di abbigliamento e pelletteria, si è creato un microcosmo sociale “cinese”.

L’INDAGINE. I militari hanno notato un motoveicolo Ape coperto, condotto da un cinese di mezza età che, da diverso tempo, ogni giorno, durante le ore di pranzo, girava per i vari capannoni industriali dell’Osmannoro distribuendo confezioni di cibo in contenitori di alluminio ai diversi operai cinesi del posto. Una volta finito il giro di distribuzione apriva uno stand per la vendita di cibo pronto nel piazzale di un grande complesso industriale di ditte cinesi.

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Il pedinamento dell’Ape ha permesso di risalire al luogo dove erano preparate le confezioni di cibo. All’interno del capannone – di proprietà di un italiano ma affittato a un cinese – era stata organizzata – continua la nota – una vera e propria struttura, completamente abusiva, organizzata da due cittadini cinquantenni di origine cinese, che avevano suddiviso l’immobile in due parti: una zona era stata adibita a “dormitorio“, mentre nella restante parte era stata costituita una sorta di “cucina industriale“.

Nella prima parte del capannone erano state ricavate 8 “cellette” di pochi metri quadri, delimitate da pannelli di cartongesso movibili, ognuna delle quali ospitava un letto singolo. Cinque delle “stanze” erano prive di finestre e luce elettrica ed erano locate a cittadini cinesi, molti dei quali sprovvisti di permesso di soggiorno. Il canone di affitto andava da 150 a 200 euro al mese.

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Nella restante parte del capannone, tra sporcizia e materiali vari, era stata costituita una cucina industriale per la preparazione di centinaia di confezioni alimentari. Il menù, rigorosamente cinese, spaziava dai ravioli al vapore al riso alla cantonese dal pollo fritto al maiale in agrodolce. Sul posto è intervenuto anche il Dipartimento della Prevenzione della Asl, che ha constatato la presenza di cibi, molti dei quale di origine cinese, scaduti, di sostanze alimentari conservate in modo poco igieniche, carenze igienico-sanitarie relativamente alle attrezzature ed ai locali, in alcuni dei quali è stata riscontrata anche la presenza di amianto.

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