Incontri Adriana Secci – mostro sacro del teatro fiorentino con la bellezza di 60 anni di carriera e una rappresentazione in corso d’opera al Teatro il Cestello, nel cuore di San Frediano dove va in scena fino al 4 maggio I’Pateracchio di Ferdinando Paolieri – e ti accoglie in casa, senza fronzoli, lustrini e cipria da camerino. Già da questo inquadri la genuinità del personaggio.
Oggi il teatro in vernacolo fa storcere la bocca a certi snob, ma è quello che è storia di Firenze e da cui si è originato il moderno teatro del ventesimo secolo se è vero che il genovese Govi e il romanesco Durante ad esempio, dalle opere dei nostri autori hanno attinto a piene mani.
Novelli, Paolieri, e Càglieri sono per dirne alcuni, nomi di tutto rispetto e non solo toponimi dello stradario fiorentino: teatri come l’Alfieri, il Lido, il Giardino e l’Africo fanno battere ancora oggi il cuore a molti fiorentini e poi che dire di attori del calibro di Giovanni Nannini, Flora Barbieri, Cesarina Cecconi, Renzo Biagiotti, Dory Cei, Masino Masi, Bruno e Alvaro Focardi, Gianna Sammarco, Franco Fontani Adriana Secci (appunto) e su tutti sua maestà Wanda Pasquini?
Ma come se la passa oggi il bistrattato teatro fiorentino? Quanti spaccati di vita della nostra città ha da raccontarci un’attrice da una così lunga e fulgida carriera? Facciamo allora quattro chiacchiere con un attrice con la A maiuscola.
Signora Secci da quanti anni calca i palcoscenici?
60 precisi! Ho iniziato che ne avevo 16 ed oggi ne ho 76. Appena uscita dal collegio andai subito a bussare alla porta del teatro di Sant’Ambrogio a sentire se mi prendevano, ma erano pieni ed allora, il professor Briani (allora studente), m’indirizzò al Teatro parrocchiale di San Giuseppe che diventò poi il Piccolo Alfieri. Lì con me c’erano anche Pietro Fontani e Masino Masi. Era l’anno 1948.
Alcuni anni dopo cominciai a lavorare con la Compagnia Niccòli che chiudeva sempre la stagione della Pergola e che era diretta da Wanda Pasquini e con quella Biagiotti-Nannini-Cecconi.
Una vita sul palcoscenico?
Eh sì, avendo iniziato così giovane… Infatti ho anche conosciuto e sposato un attore. La nostra vita si svolgeva sempre lì, a teatro. Anzi…le dirò di più, se non avessi sposato un attore probabilmente sarei rimasta zittella a vita!
Ricorda il suo debutto?
Certo, diamine! Avvenne con la compagnia Niccòli per una sostituzione improvvisa della signora Flora Barbieri al Teatro il Giardino. All’epoca eravamo pagati anche quando non si recitava, ma dovevamo sempre renderci reperibili in caso di necessità. Ricordo che una domenica pomeriggio (all’epoca facevamo due spettacoli al giorno) quando entrai in teatro, la signorina Bracci nostra amministratrice, mi venne incontro con aria trafelata dicendomi: Secci, Secci vada a vestirsi perché la Barbieri è malata! Mi vestii ed entrai subito in scena con i suoi abiti… Figuriamoci, lei era 30 centimetri più bassa di me e io parevo in minigonna…
Entrai in scena a commedia già iniziata e nessun collega sapeva di quella sostituzione. Quando finì lo spettacolo, Bruno Focardi mi avvicinò e mi disse: tu sei sfacciata come noi, fai parte della nostra grande famiglia!
Da quella sostituzione non sono scesa più dal palco. Ho ricoperto tutti i ruoli: prima ero l’attrice giovane ed oggi un po’ meno… ma ho sempre fatto la caratterista.
Le dirò di più. Essendo anche una cantante ho avuto anche l’onore di fare la commedia musicale “La donna più bella del mondo” di Bucciolini al teatro della Pergola.
Oggi come se la passa il teatro in vernacolo fiorentino?
Se le devo dire la verità sono un po’ annoiata… Sono cambiate un po’ troppo le cose.
In che senso? E’ finità l’epopea d’oro ma cosa è cambiato di preciso?
C’è un altro sistema di lavorare e di fare la preparazione alla commedia. Forse sono io che non capisco questi meccanismi nuovi e moderni, ma non credo che portino delle migliorie.
In questi giorni lei è in scena con I’Pateracchio di Paolieri al Teatro Cestello, una commedia che sicuramente avrà già recitato?
Sì, come no. L’ho fatta molti anni fa al Teatro Oriuolo nel ruolo della padrona, poi l’ho rifatta solo una decina d’anni fa e di nuovo adesso. E’ questa una commedia molto difficile rispetto ad altre più famose perché il modo di parlare è un fiorentino di campagna dei primi del ‘900. Richiede molta preparazione.
Wanda Pasquini, un monumento del teatro fiorentino. Lei che l’ha conosciuta bene, ci racconta qualcosa di lei?
Tanti anni insieme alla Wanda, che poi negli ultimi anni era di casa proprio al Teatro del Cestello.
Anzi, molto modestamente fui io a sostituirla ne “Le Sorelle Materassi” quando lei si ammalò. Ricordo che fece solo i primi tre spettacoli con la febbre altissima e poi non se la sentì più.
Pensi che alcuni anni dopo Pelagatti scrisse “Il ragazzo di San Frediano” apposta per lei, ma la Pasquini non l’accettò perché non se la sentiva più di recitare e anche in quella occasione fui io a prendere il suo posto.
E’ stata una grande amica. (si commuove).
Abbiamo condiviso per anni il camerino. Non scorderò mai quando una sera, chiamò a se quelle che erano le sue tre amiche: io, la Giunti e la Susini e ci portò un pensierino dicendo che voleva che avessimo un ricordo di lei prima di morire.
Una vita insieme alla Wanda e non solo sul palco. Pensi che prima di recitare con me lei aveva recitato anche insieme a mio marito (Renzo Biagiotti) nella compagnia Niccòli ed insieme avevano fatto proprio I’Pateracchio e poi tanto Grillo Canterino a Radio Rai.
In così tanti anni di teatro avrà qualche anedotto curioso da raccontarci?
Moltissimi, ma gliene voglio racconatare uno. Erano gli anni in cui lavoravo per la stagione estiva con Compagnia Niccòli. Un bel giorno venne in compagnia da noi Renzo Biagiotti che già conoscevo di vista perché quando d’estate lavoravo al Lido lui lavorava dall’altra parte dell’Arno, a Bellariva con la compagnia di Giovanni Nannini e finito lo spettacolo, ci ritrovavamo insieme sull’autobus numero 23 per tornare a casa. Io a San Jacopino e lui a Sesto Fiorentino.
Era il giugno del 1962, la sera del debutto di quella stagione estiva e stavamo per andare in scena con “Chi vive si da pace”.
Facevo la Prassede in quella commedia, una tipa bruttina e truccata male. Eravamo sulle scale prima di salire in scena noi due insieme alla Rovini e quest’ultima gli disse: “Oh Renzino! Lei l’è una ragazza bellina anche se fa la parte della bruttina, tu sei un bel giovanotto…chi vuole intendere…”
Lui rispose solo: “Mah, io gliel’ho detto, lei la ci pensa…” e poi entrò in scena. Quella fu la sua dichiarazione d’amore.
Ero emozionata, ma dovevo pur dargli una risposta ed allora, la sera dopo, aspettai che fossimo soli, mi avvicinai a lui, gli detti un bacino sulla guancia e dissi: “Questa e la mia risposta”. Ed entrai in scena…
Due anni dopo eravamo marito e moglie.
Una storia genuina di vita vissuta in sintonia con lo spirito fiorentino e del suo teatro…
Eravamo fatti così. Renzo era un grande attore (n.b. è morto da molti anni) ed anche un grande amico di Giovanni Nannini con cui recitava sempre.
Hanno fatto insieme anche un un film com Totò, Isa Barzizza ed Ave Ninchi: “Totò cerca pace” un film che Totò aveva voluto realizzare ispirandosi proprio una commedia di Nannini e Renzo e loro in quel film, ricoprivano gli stessi ruoli della commedia.
A proposito di cinema, lei ha lavorato anche in cinema o in tv?
Pochino per la verita. Non mi garba… T’interrompono in continuo e io perdo il filo… No, no lì fai tutto a pezzettini… Ho fatto qualcosa. Uno sceneggiato Rai di una produzione italo-tedesca con Andrea Jonasson (moglie di Strehler) che mi voleva tanto bene, poi una particina in Amici miei, in Donne con le gonne ed altri ancora e più recentemente un cortometraggio, ma non ho mai amato troppo fare cinema e tv, forse perché non li so fare.
Sono abituata al teatro e poi essendo una caratterista recito molto col viso e questo al cinema viene male.
Signora Secci perché oggi il teatro in vernacolo ha pochissimo spazio?
Sicuramente non ha fondi, non viene finanziato abbastanza e poi è molto, molto bistrattato.
Ai giovani oggi se parli di teatro in vernacolo, ti guardano bieco e storgono subito la bocca.
Mah, che dire? Forse è perché ci sono in giro troppe compagnie parrocchiali che distorgono le commedie e così chi va a vederli poi fa di tutta l’erba un fascio e pensa che sia quello il teatro in vernacolo…
Intendiamoci, come le ho detto prima, ho iniziato anch’io in parrocchia, ma erano altri tempi e c’erano altri maestri.
Oggi chiunque va in scena, recitano persone che – mi hanno raccontato, perchè io non vado a vederli – non dovrebbero nemmeno salire su un palco.
Mi dica lei, che pubblicità ci fanno questi pseudo attori? Pessima!
Allora signora Secci, verremo tutti al Cestello ad immergerci nel mondo del vero vernacolo fiorentino…
Vi aspetto! Grazie a voi di questo spazio perché pochi hanno parlato di noi e di questo nostro spettacolo sulla stampa. Eppure il nostro pubblico di affezionati, fra cui moltissimi giovani, ci segue sempre con entusiasmo, non capisco perché voi giornalisti vi dimenticate spesso di noi…
19, 20, 26, 27 aprile – 3, 4 maggio
I’Pateracchio di Ferdinando Paolieri – Teatro il Cestello, Piazza del Cestello
Info e prenotazione biglietti: 055 294609
email: [email protected] – www.teatrodicestello.it