giovedì, 11 Settembre 2025
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Lavori di notte in via Faentina

Per questo è stato deciso di procedere a questa operazione a partire da domani sera, giovedì 12 giugno. Quindi dalle 22.30 alle 6 per tre notti consecutive il tratto fra via Frusinato e via Cuoco sarà chiuso al traffico. Confermate anche le deviazioni già in vigore nel corso dei lavori di asfaltatura: ovvero chi proviene da Fiesole e vuole entrare a Firenze all’altezza di Ponte alla Badia dovrà percorrere via Salviati e dirigersi su via Bolognese.

Chi proviene da via Caracciolo o dal Ponte alle Riffe-via Madonna della Querce dovrà tornare indietro in via Cuoco per via Faentina nella parte a valle e risalire comunque dal Ponte Rosso e via Bolognese.

Via Fra’ Bartolomeo riapre

L’intervento, che doveva concludersi venerdì, è terminato in anticipo permettendo la completa riapertura della strada. Dunque, da oggi, la strada è riaperta completamente al traffico veicolare.

Caverni e la “dolce Francia”

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Nel corso degli incontri ha intervistato i suoi soggetti e ne ha fotografato gli oggetti della memoria. Una selezione di queste foto verrà esposta in mostra all’Istituto Francese; ogni immagine sarà accompagnata da una frase, una sorta di didascalia estratta dalle motivazioni espresse dai proprietari degli oggetti nel corso degli incontri con l’autore.

Può la fotografia andare oltre la documentazione anche se ci racconta per frammenti delle storie vere e vissute? Si possono mostrare i sentimenti, rivelarli, attraverso alcuni oggetti e che rapporto gli uomini hanno in generale con questi? Gianni Caverni parte da una ricognizione sull’universo dei froncofoni fiorentini. Gente di diverse estrazioni sociali, anche carcerati, persone con delle storie particolari anche difficili alle spalle e con un futuro ancora da inventare. Ma soprattutto francesi trapiantati a Firenze da anni, se non da generazioni, che ormai hanno acquisito una seconda patria, ma a quella d’origine restano sempre legati dai mille fili della lingua, della cultura, della memoria.

Ma non si tratta di un reportage umanistico, non ci sono spazi per i volti né per i personalismi eccessivi: in questo caso le persone sono appena accennate attraverso i dettagli del corpo, una mano, un piede, sono presenze per sempre legate agli oggetti che li circondano. Infatti Caverni ha fotografato il loro ambiente di vita, le cose che usano abitualmente, quel micro universo che li circonda muto ogni giorno. Ne è venuto fuori un mondo dal tempo sospeso che si apre a tante altre potenziali storie proprio perché ogni oggetto, ogni particolare, fanno vivere nella mente dello spettatore altre associazioni mentali, altre suggestioni. Ma nello stesso tempo la capacità di Caverni è quella di non perdere di vista il suo obiettivo di mostrare un universo segreto, non solo personale. Queste fotografie non sono mai astratte, si sente dentro la vita che scorre, che magari rallenta per un attimo, ma che mai si rapprende. Perché probabilmente lo sguardo del fotografo non ha indugiato sulla nostalgia, ma ha cercato il presente e lo ha trovato.

L’uso dello sfocato è controllato, non riguarda mai tutta la superficie dell’immagine, non ha le caratteristiche della percezione indefinita della memoria. E’ utile a mettere in evidenza dei particolari, a oscurare ciò che è inessenziale, focalizzando il puctum laddove esattamente il fotografo ha deciso.

Ne viene fuori una Douce France che è piacere per l’attesa di un rincontro, forse di un ritorno, ma soprattutto di un pensiero che ritorna dolce come una canzone d’infanzia. Vi è anche molta bellezza in queste immagini e la bellezza è una categoria dello spirito che spesso è parente della verità. La lingua unisce persone con storie diverse, con vite magari opposte, ma dà un forte senso di unità e di comunità.

La capacità analitica di Caverni va di pari passo alla sua capacità di raccontare per dettagli, per metonimie. Poi da questi particolari ha inizio un à rebour che ci riporta lentamente alla nostra realtà che ormai si è modificata da queste nuove conoscenze, da queste nuove quanto anonime amicizie, dalle vite degli altri.

Gianni Caverni vive e lavora a Firenze.Con il video “Erba di casa mia” ha partecipato a “Il giardino immaginato – Arte e progetti per il giardino del Palazzo San Clemente a Firenze”, la mostra ideata da Luca De Silva e artisticamente coordinata da Bruno Corà: dall’8 giugno al 7 luglio 2006.Ha esposto in importanti gallerie e musei in Italia, Europa (fra l’altro Vieraana Toscanassa, Hyvinkaan Taidemuseo, Hyvinkaan, Finlandia; Taiteilijat matkalla, Keravan Taidesaatio Taidemuseo, Kerava, Finlandia), Stati Uniti (5 Contemporary Florentine Artists, Museum of Contemporary Art, Lake Worth, Miami, Florida; Artisti in Viaggio, Ann Norton Sculpture Garden, West Palm Beach, Florida; Percorsi dell’anima, Ken Elias Gallery, West Palm Beach, Florida).Da anni collabora con “L’Unità” scrivendo di arte, cultura e sport. Scrive per “Segno”, rivista specializzata di arti visive contemporanee.

Pubblica amministrazione più “rosa”

“In viaggio per le pari opportunità”. E’ il titolo del convegno che si è svolto nel Salone de’ Dugento, e che ha avuto come tematica principale il mondo del lavoro e le pari opportunità, valorizzando le differenze di genere, in particolare all’interno del Comune di Firenze, e l’esperienza del comitato pari opportunità, i cui contenuti sono stati resi noti con la pubblicazione del libretto “In viaggio per le pari opportunità”. Al convegno erano presenti l’assessore alle pari opportunità Daniela Lastri, la sociologa del lavoro Marcella Chiesi, Marina Capponi consigliere delle pari opportunità della Regione Toscana e Carlo Paolini direttore generale del Comune di Firenze. Tra il pubblico tante dipendenti, funzionarie e dirigenti del Comune di Firenze, e i comitati pari opportunità di altri enti.

“Abbiamo scelto questo titolo perché il filo conduttore di questa pubblicazione è il viaggio nel mondo del lavoro e delle pari opportunità – ha sottolineato l’assessore Daniela Lastri – ed è frutto di un’esperienza durata sei anni. La pubblicazione offre lo spunto per riflessioni e proposte di nuove iniziative di sviluppo organizzativo rivolte a tutte le dipendenti e i dipendenti del Comune di Firenze”. L’iniziativa è stata il resoconto dell’esperienza formativa, rivolta dal comune di Firenze alle proprie dipendenti, altamente innovativa e orientata alla valorizzazione delle risorse umane nel rispetto delle differenze di genere. Inoltre è stata sottolineata l’importanza della nascita dei comitati delle pari opportunità a livello regionale e locale. “Rendere tutte e tutti partecipi, consapevoli e protagonisti del cambiamento che potremmo realizzare insieme, qualunque siano la nostra posizione e il nostro ruolo all’interno dell’Ente – ha commentato l’assessore Lastri – per migliorare la qualità del lavoro, far interagire le differenze e trovare nel lavoro una dimensione di soddisfazione, questo è l’obiettivo di questa pubblicazione e di anni di continua e convinta attività del comitato pari opportunità all’interno del Comune di Firenze”.

Nel 2005 il comitato le pari opportunità ha commissionato una ricerca statistica sulla presenza femminile all’interno della pubblica amministrazione fiorentina. La composizione percentuale per sesso ha visto aumentare la presenza femminile nell’ente che è il 59,5% rispetto al 57,8% del 1999 (anno in cui fu eseguita l’ultima statistica). Ne quadro generale spiccano dei dati importanti, come le donne laureate che sono il 65,4%; sul totale dei neoassunti, è laureato l’8,3% delle donne rispetto al 2% degli uomini. Aumenta la presenza femminile in posizione dirigenziale passando dal 21,2% nel 1999 al 27% dell’intero personale dirigente nel 2005. I profili ricoperti per la maggior parte dalle donne sono di tipo amministrativo, educativo-culturale e socio-assistenziale.

L’assessore Lastri ha poi ricordato le varie attività intraprese, riportate nel piano triennale “Azioni Positive 2008 – 2010”, come il proseguimento della formazione alle dipendenti, la presenza e il lavoro della Consigliera di Fiducia nominata nell’aprile scorso e la realizzazione di un progetto per alcune dipendenti che presto andranno in maternità, che consisterà nell’accompagnamento, nel collegamento e nell’accoglienza al loro rientro dopo il periodo di astensione dal lavoro. In questi anni hanno partecipato a questa esperienza formativa sul potenziale professionale femminile come risorsa per lo sviluppo organizzativo del Comune di Firenze, 400 donne, 26 le edizioni che si sono tenute, 90 le donne che hanno preso parte ai focus group con lo scopo di avere un feedback sul percorso e per individuare i modi per proseguire negli anni seguenti.

Osteria de L’Ortolano, per salvare la tradizione

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Sono due giovani infaticabili e lavorano sodo, tutti i giorni escluso il sabato pomeriggio, per accontentare i loro affezionati clienti che oggi hanno gusti diversi, piu’ difficili: si tratta di famiglie di stranieri, per lo piu’, che soggiornano un po’ piu’ a lungo in città, non sono i soliti turisti in comitiva, che non hanno il tempo materiale di fermarsi. Massimo e Marta hanno epsortato il loro know-how, partecipando a fiere e mostre-mercato, come ad esempio “Taste”. Non sono organizzati per la ristorazione, ma propongono ai clienti pasti veloci. Hanno un laboratorio attrezzato che si è allargato negli ultimi anni e forse da quest’estate sarà ancora piu’ grande. Tra i prodotti a disposizione, tutti di produzione artigianale ci sono sughi semplici, come la puttanesca o il sugo “finto”, le creme (ai funghi, alle olive etc.) confezionati con il marchio Villa Marta, cantuccini croccanti, biscotti con i pinoli, il panforte Margherita, il fiore all’occhiello, la torta MartaRe, torta al cioccolato dagli ingredienti pregiati e senza conservanti. Poi ci sono importanti etichette per vini di eccellenza.
E’ giunto il momento di comunicare al grande pubblico la qualità dei prodotti, che rispettano la tradizione ed il benessere del consumatore, ma pure l’insieme di fattori che si uniscono alle gustose creazioni, come l’ospitalità e la professionalità accumulata in decenni di attività
Osteria de L’Ortolano
Via degli Alfani 91/r Firenze
In collaborazione con la pubblicazione Degusta

Il centro sempre più pedonale

E non si tratta di una pedonalizzazione di tipo B, come quella già in vigore da tempo in tratti di alcune strade della zona come via Barbadori, via dei Ramaglianti e piazza della Passera. In questo caso il provvedimento istituisce nella fascia oraria 10-18 e tutti i giorni, festivi compresi, un’area pedonale di tipo A, quella cioè dove il transito è totalmente vietato, tranne che per i veicoli espressamente indicati. Ovvero i mezzi a braccia, quelli a trazione animale, le biciclette (la cui sosta è consentita soltanto negli appositi spazi e rastrelliere), i veicoli di polizia e di soccorso oltre a quelli del Quadrifoglio. E ancora i mezzi autorizzati dalla Polizia Municipale o dalla direzione mobilità per eccezionali e/o temporanee necessità per lavori o manifestazioni; infine è consentito il transito ai veicoli diretti ai passi carrabili situati nelle strade interessate.

In dettaglio l’area pedonale sarà in vigore nelle seguenti strade: via dei Barbadori (nel tratto da via Belfredelli a via dei Ramaglianti), via dei Rammaglianti (nel tratto da via dei Barbadori a via dello Sprone), piazza della Passera, via del Pavone, via dei Vellutini, via dei Velluti, via Toscanella (tratto da via dello Sprone a via Sdrucciolo dei Pitti), via Sguazza, via Sdrucciolo dei Pitti. Prevista, oltre al divieto di transito, la rimozione forzata per tutti i veicoli. La chiusura di via Barbadori (da via Belfredelli), di via Toscanella (da via dello Sprone) e di piazza della Passera (lato via Vellutini) sarà effettuata con piolini artistici e catene apribili in caso di necessità.

Questa pedonalizzazione comporterà anche la revisione della circolazione e della sosta nelle strade della zona. Quindi se in via dei Barbadori rimarrà l’attuale senso unico da via Befredelli a via dei Ramaglianti e in via dei Ramaglianti resterà il senso unico da via Barbadori a via dello Sprone, in via del Pavone sarà invece revocato l’attuale senso di marcia con l’istituzione di un senso unico con direzione da via del Vellutini a via dello Sprone. Nessun cambiamento in via dei Vellutini (rimane in senso unico da piazza della Passera a via Maggio), in piazza della Passera, lato via Vellutini (senso unico da via dello Sprone a via Vellutini) e in via Toscanella (ancora senso unico da via dello Sprone a via Sdrucciolo dei Pitti nel tratto corrispondente). Anche in via Sguazza resterà in vigore il senso di marcia attuale da via Toscanella a via Maggio come pure in via Sdrucciolo dei Pitti da via Toscanella a piazza Pitti. In via Sdrucciolo dei Pitti sarà invece invertito il senso unico di marcia da via Toscanella a via Maggio. Per quanto riguarda la sosta, saranno realizzati posti per ciclomotori in via Barbadori e in via dei Marsili, mentre zone per il carico e scarico merci sono state individuate in via dei Barbadori e piazza della Passera (lato via Vellutini). Via dello Sprone continuerà ad essere percorribile, garantendo il transito da via Maggio a via Guicciardini.

Duplice la valenza di questo provvedimento: da un lato garantire una maggiore sicurezza per i pedoni (si tratta di strade molto strette che rendono difficile la convivenza con i veicoli), dall’altro valorizzare la zona, caratterizzata dalla presenza di molte botteghe artigiane, dal punto di vista turistico-commerciale.

Fiorentina 13° squadra al mondo

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I viola, che già a gennaio erano al 15° posto adesso sono balzati ancora più su, sorpassando club blasonati quale Milan e Siviglia.

La conferma di un’ottima stagione.

La classifica è visibile sul sito Iffhs all’indirizzo: www.iffhs.de

 

L’anima a nudo di Alain Bonnefoit

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La mostra “Alain Bonnefoit. L’anima a nudo”, che si inaugurerà il 14 giugno alle 18 alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano, vuole ripercorrere i quaranta anni di attività pittorica dell’artista francese che, nella sua personale ricerca, ha sperimentato i più diversi mezzi espressivi. Per avere un’esaustiva panoramica del suo lavoro, saranno così esposti fino al 17 agosto: 22 oli su tela e su tavola, 12 tecniche miste, 11 sumi-e, 6 sculture e 15 disegni.

Una retrospettiva sull’opera di Alain Bonnefoit potrebbe voler dire ripercorrere, attraverso i suoi nudi femminili, quel periodo storico artistico rimasto in disparte rispetto al concettualismo della fine degli anni Sessanta, ovvero quel settore della cultura che, pur assecondando i mezzi espressivi contemporanei come la fotografia, la video-arte e tutte le discipline comunicative collegate all’arte elettronica, è rimasto coerente al proprio credo esistenziale basato sull’homo faber. Per artisti come Bonnefoit, infatti, sembra che il tempo si sia fermato, ma questo non vuol dire che nelle sue opere si percepisca un’involuzione stilistica o una regressione primordiale. Al contrario, l’artista francese ma italiano d’adozione, ci dimostra come si possa essere contemporanei anche con un mezzo espressivo tradizionale.

Vedere lavorare Alain Bonnefoit corrisponde a una gioia emotiva: l’artista di fronte alla modella entra quasi in una sorta di trance creativa e lavora sospinto da un vero e proprio stato di grazia. I suoi sumi-e – tecnica orientale basata sull’utilizzo di fogli speciali e chine particolari dove il pennello non deve mai lasciare la carta –, le sue tecniche miste e i suoi dipinti ad olio non corrispondono mai a semplici ritratti, non ci riconducono al concetto classico di nudo, non hanno niente a che vedere con le Veneri rinascimentali, ma in alcuni casi potrebbero sembrare dei ritratti ideali di corpi-contenitori d’anima. Posture improbabili, espressioni estatiche, fusione segnico-cromatica tra volumi e fondo – in certi casi la bidimensionalità è talmente accentuata che la figura si staglia dal fondo solamente per mezzo dei propri contorni abilmente marcati – e grande libertà del colore: se da una parte il sumi-e potrebbe essere considerato una delle tecniche di maggiore libertà espressiva, dall’altra, con i dipinti ad olio, è il colore a giocare il ruolo di agente che sconvolge la prevedibilità di un soggetto che non appare mai come ci aspetteremmo.

I nudi femminili di Bonnefoit stupiscono, incuriosiscono, meravigliano, ma dopo aver dedicato un po’ del tempo a una visione più approfondita, rassicurano e fanno immergere in un’atmosfera che conduce oltre il soggetto e permette di percepire le giovani anime ribelli imprigionate dal velo di Maya che cripta tutte le cose del mondo. “I suoi dipinti ad olio e le sue tecniche miste – come scrive il curatore della mostra Maurizio Vanni nel catalogo della mostra – propongono dei nudi di donna più suggeriti che rappresentati, collocati in un’atmosfera senza tempo, magica e per questo non reale, che immediatamente proiettano lo spettatore a ridosso di uno stargate dimensionale. Al di qua di questa linea i suoi lavori ci appaiono come sinuosi nudi di donna, dei corpi privi di abiti proposti, talvolta, attraverso bizzarre e improbabili posture che sprigionano passionalità e voluttà. Il corpo sembra stagliarsi a tal punto dal fondo da creare una sorta di lacerazione cromatica, di taglio dolce ed enigmatico. Al di là di questo confine immaginifico potrebbe trovarsi un nudo di donna inteso come pretesto per cercare il fulcro di tutte le cose. L’essenza della realtà o ciò che in filosofia potremmo definire la verità della verità. Se così fosse lo spettatore non dovrebbe più accontentarsi di seguire le linee di superficie, ma dovrebbe considerare il nudo come un mezzo piuttosto che un fine”.

 

Lacatus, il “papà” di Mutu

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Fu l’ultimo atto della gestione Pontello, un anno nefasto in cui oltre al codino di Vicenza, la viola perse anche la Coppa Uefa in finale, scippata dall’odiata Juventus sul campo neutro di Avellino e si salvò per il rotto della cuffia in campionato solo all’ultima giornata. Fu l’anno – per rinfrescare ancora la memoria – pre-Italia ’90, quello che vide i tifosi viola perennemente pendolari verso Perugia.

Ma torniamo al campionato successivo, quello che c’interessa. 1990-91. Entusiasmo alle stelle per l’arrivo dei “cinematografari” Mario e Vittorio Cecchi Gori sulla poltrona della presidenza.


Marius Mihai Lăcătuş inaugura la serie delle leggendarie “ciliegine” che Vittorio Cecchi Gori ogni anno voleva regalare ai tifosi. ma la prima ciliegina si rivelerà ben presto un amarena…

Il giocatore rumeno col capello a frate, nato a Brasov (Romania) il 5 Aprile1964 viene descritto nelle schede tecniche come un ala destra dallo scatto bruciante, dalla corsa leggera e dal tiro secco e preciso.


Del resto quando sbarca a Firenze, dopo un eccellente mondiale disputato, era una grande stella della sua nazionale e della Steaua Bucarest.

Nel mondiale italiano appena concluso si mise in evidenza. Da ricordare, fra l’altro anche il bellissimo gol segnato a Bari all’Unione Sovietica, dove dopo aver saltato in dribbling 2 avversari e trafisse Dasaev.

Purtroppo la Romania perse agli ottavi contro l’Eire ai calci di rigore, ma la Fiorentina così come molti club europei, aveva già messo gli occhi addosso sul talento rumeno e alla fine, battendo la concorrenza, Lacatus sbarca a Firenze.


Ricapitoliamo un po’ la sua carriera pre-viola. Esordio nella squadra della sua città, il Brasov FC, nel 1981 dove gioca fino al 1983 collezionando 45 presenze e 5 gol.

Nella stagione 1983/84 si trasferisce nella squadra più importante della Romania: lo Steaua di Bucarest, dove rimane per 7 campionati che lo vedono vero e proprio protagonista (200 presenze e 60 gol).

Ricchissimo anche il suo Palmares: una Coppa dei Campioni (la prima in assoluto vinta da una squadra dell’Est Europa), una Supercoppa Europea, dieci scudetti e quattro Coppe di Romania. Conquista la nazionale e la possibilità di giocare il Mondiale italiano del 1990.


A Firenze però rimarrà solo una stagione in cui colleziona 21 partite e segna solo 3 reti. Il povero allenatore brasilero viola, Sebastiao Lazaroni lo fa giocare titolare fino a dicembre, poi deluso lo spedisce in panchina.

L’estate successiva se ne va in Spagna a giocare nell’Oviedo, unica squadra che fa un’offerta per Marius e la Fiorentina lo lascia partire senza rimpianti…

Nella Liga gioca 2 campionati (92/93 e 93/94) con 51 presenze e 7 gol, ma conferma che, lontano dalla sua Romania, non è più il giocatore fantastico che avevamo ammirato prima del 1990 e quindi, nel 1993 torna in patria nella sua squadra storica: lo Steaua di Bucarest.

Lì rinasce e torna ad essere il vero Lacatus: dal 1993 al 1999 colleziona 151 presenze e 39 reti. Riconquista la nazionale e si gioca pure di giocare gli Europei del 1996 in Inghilterra. Chiude la carriera agonistica nel 2000 nel National Bucarest.

Dopo il ritiro, Lăcătuş resta al National come assistente dell’allenatore. Ricevuto il patentino di allenatore, guida alcune squadre locali, salvo una breve parentesi nel 2003 come assistente dell’ex compagno di squadra nella Steaua campione d’Europa Anghel Iordănescu, all’epoca commissario tecnico della nazionale rumena.

Nel 2005 il presidente della Steaua George Becali gli affida la dirigenza del club, ma Lăcătuş preferisce il terreno di gioco agli uffici. Si dimette a breve dall’incarico e torna in panchina, guidando, nel 2006, l’UT Arad. Nel novembre 2007 rimpiazza Massimo Pedrazzini sulla panchina della Steaua Bucarest.
Nel suo paese è un mito a lui, per chi è curioso è dedicato il sito www.mariuslacatus.ro
dove è definito o legenda nu moare niciodata – una leggenda non muore mai
A Firenze, lo possiamo ricordare tutt’al più come l’unico rumeno sbarcato a Firenze prima di Mutu…

CARRIERA
1982-1983 – Braşov – 53 presenze – 0 gol
1983-1990 – Steaua Bucarest – 200 presenze – 69 gol
1990-1991 – Fiorentina – 21 presenze – 3 gol
1991-1993 – Real Oviedo – 51 presezne – 7 gol
1993-2000 – Steaua Bucarest – 151 presenze – 39 gol
2000 – National Bucarest – 12 presenze – 0 gol

Nazionale
1984-1998 – 84 presenze – 13 gol