Scoperti elementi strutturali della tossicità alla base di malattie di forte impatto sociale come l‘Alzheimer, il Parkinson e di altre patologie non neurodegenerative come l’amiloidosi. E’ il risultato di uno studio appena pubblicato online sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Chemical Biology e realizzato da un team di ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Scienze biochimiche dell’ateneo fiorentino, guidato da Fabrizio Chiti (“A causative link between the structure of aberrant protein oligomers and their toxicity”).
Al lavoro, condotto principalmente dalla giovane studentessa di dottorato di ricerca Silvia Campioni, hanno partecipato in maniera significativa anche i gruppi di ricerca di Cristina Cecchi, sempre del Dipartimento di Scienze biochimiche, e di Annalisa Relini (Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova). “Malattie come l’Alzheimer, il Parkinson o l’Amiloidosi – spiega Fabrizio Chiti – sono dovute all’incapacità di una ben precisa proteina del nostro organismo a rimanere solubile e funzionale: si creano, perciò, degli aggregati, detti «fibrille amiloidi», che si accumulano in tessuti dal ruolo chiave come ad es. il cervello. Prima di diventare aggregati fibrillari maturi, però -continua Chiti – l’aspetto è quello di aggregati intermedi, detti «oligomeri». Sono essi i veri responsabili delle patologie e risultano molto difficili da identificare e studiare perchè sono instabili e hanno struttura eterogenea”.
I risultati della ricerca hanno per la prima volta fatto luce sulle caratteristiche strutturali degli oligomeri. Lavorando con una proteina modello è stato possibile formare due tipi di oligomeri, entrambi stabili e studiabili: un tipo tossico nei confronti di cellule in coltura e un altro tipo che invece appare benigno. Un metodo altamente innovativo ha consentito di fornire informazioni a livello molecolare, permettendo di identificare le principali differenze strutturali tra i due tipi di oligomeri, sottolineando, quindi, i fattori responsabili della loro tossicità.
“Studiare a livello molecolare gli oligomeri – ha commentato Chiti – apre importanti orizzonti sul meccanismo che sta all’origine di queste malattie e permette di identificare nuovi bersagli per l’intervento terapeutico. Sulla strada aperta dalla nostra ricerca di base si può sviluppare la ricerca farmacologica. Per dirla con un’immagine, stiamo preparando il terreno dove costruire l’edificio della prevenzione e della cura”.