martedì, 16 Aprile 2024
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Cinema chiusi per Covid, film già visto: “No al Dpcm, sì a misure locali”

Le piccole sale rischiano grosso dopo l'ennesima chiusura per l'emergenza Covid. Abbiamo sentito il presidente di Spazio Alfieri, uno tra i cinema d'essai più conosciuti a Firenze

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Lo spettacolo non deve andare avanti? La decisione di lasciare cinema e teatri chiusi almeno fino al prossimo 24 novembre ha preso alla sprovvista gli addetti ai lavori, molti dei quali non si aspettavano uno stop ai film e alle rappresentazioni in tempi così brevi. Tanti avevano riaperto i battenti da poco più di un mese. Gli stessi spettatori, anche a Firenze, domenica si sono precipitati in sala pur di sfruttare l’ultima serata di apertura dei cinema.

Il pubblico è il nostro vero capitale, dobbiamo dirlo: tanti ci hanno telefonato e scritto subito per sapere come aiutarci”, dice Federico Babini, presidente dello Spazio Alfieri, una delle piccole realtà d’essai di Firenze che è anche un simbolo di “resistenza cinematografica”, visto che è risorta nel 2013 dopo anni di abbandono.

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Cinema chiusi e Covid: un colpo di grazia per il settore?

Ancora nel pieno della crisi delle sale di quartiere, questo fragile mondo – 55 cinema d’essai censiti solo in Toscana – è stato travolto dall’onda lunga della crisi per l’emergenza Covid. Se tra settembre e ottobre i piccoli se la sono cavata meglio dei grandi multiplex, visto che per loro natura sono abituati ad avere numeri di pubblico più limitati e produzioni di nicchia, questa ennesima battuta di arresto rischia di essere un colpo di grazia per il settore.

“Chiediamo una revisione della misura del nuovo Dpcm – spiega Babini – la speranza è che il governo deleghi alle Regioni la decisione sul lasciare chiusi o meno i cinema, in modo tale che si possano fare scelte selettive, in base ai diversi territori”. In soldoni chiudere solo lì dove ci sono maggiori contagi o focolai, perché i cinema – assicurano i gestori – sono sicuri.

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“I luoghi dello spettacolo sono sicuri”

“Siamo in un’emergenza sanitaria e questo è evidente a tutti, anche a noi esercenti, ma non vediamo l’utilità pratica di questa chiusura se non quella di limitare la circolazione delle persone nelle ore serali. La sicurezza c’entra poco. La chiusura dei cinema e dei teatri porta con sé un messaggio sbagliato, come se i luoghi dello spettacolo non fossero sicuri. Una cosa falsa, lo dimostrano i dati sui contagi”. Lo Spazio Alfieri, con la riapertura di settembre, ha più che dimezzato la capienza: da 232 a poco più di 50 posti, con la decisione di lasciare una fila in più libera, nonostante le linee delle poltroncine siano distanti 1 metro e 10, “per rendere più sereni gli spettatori”.

L’urgenza ora è tutelare i lavoratori del settore. “Se iniziamo a licenziare, è finita. I livelli salariali devono però essere dignitosi: non si può dire a un lavoratore dello spettacolo di stare in cassa integrazione per un anno, non si vive, sono pochi spiccioli, una somma più bassa della soglia di sopravvivenza”. E ora che si fa? C’è chi teme che i cinema restino chiusi ben oltre la fine di novembre, intaccando anche il tradizionale periodo d’oro natalizio. “La nostra missione è il cinema in sala, questo è quello che facciamo, il piano B non ce l’abbiamo. Siamo stati presi alla sprovvista dal decreto, ma qualcosa si può fare”.

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Cinema chiusi, ma sale virtuali aperte. Anche a Firenze

Una prima soluzione d’emergenza sono le sale virtuali, come quelle che un altro cinema d’essai di Firenze, La Compagnia, ha attivato negli ultimi mesi e che lascerà ora attive per permettere al pubblico di appassionati di gustarsi da casa e online i titoli dei festival internazionali in genere ospitati in città.

Anche lo Spazio Alfieri pensa a riaccendere il suo proiettore web. “Così colmiamo un vuoto – osserva Babini –  sulle piattaforme online si trovano le grandi produzioni, ma non c’è il cinema d’autore di qualità, con gli approfondimenti e la cura che le piccole sale indipendenti mettono nel loro lavoro. Il cinema è una cosa diversa, però le sale virtuali possono mantenere il rapporto con il pubblico che rischia di disaffezionarsi a seguito di questa ennesima chiusura”.

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