E lo fa questa volta coinvolgendo le Università di alcune città italiane – Facoltà di Giurisprudenza, Filosofia, Lettere – affinché, attraverso un confronto interdisciplinare, vengano indicate linee concrete per la difesa del Made in Italy. L’appuntamento sarà ad Urbino con il convegno “Il Futuro del Made in Italy, Progetto e Tutela” (21 aprile 2009) che vede la partecipazione delle Facoltà di Giurisprudenza e di Lettere e Filosofia; del Corso di Laurea in Design e Discipline della Moda dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”; e il patrocinio del Comune di Urbino. “Il Convegno vuole essere occasione di un dibattito tra discipline diverse che, partendo dal quadro normativo vigente, getti le basi per interventi multisettoriali a difesa del Made in Italy”, spiega il Presidente Maurizio Bonas. “Ma soprattutto – aggiunge – nell’ambito di questa giornata avrà inizio la raccolta di firme per la ratifica della legge a suffragio popolare sulla dichiarazione di origine dei manufatti prodotti nel nostro Paese”.
Nella legge, con impostazione di tipo anglosassone, saranno incluse anche le pene previste dal codice civile in materia amministrativa con interdizioni dai 3 anni ai 6 anni per gli amministratori di società che hanno dichiarato il falso sull’origine manifatturiera dei prodotti. Il Comitato Made in Italy ha collaborato con la X Commissione della Camera -assieme all’allora relatore della legge On. Andrea Lulli – per la stesura della prima Legge sul Made in Italy. E’ poi intervenuto contro la X Commissione del Senato per evitare l’affossamento della stessa legge. “Con l’ ingresso di Cina, India e Pakistan nel Wto non possiamo più permetterci il lusso di rinviare la definizione e l’ approvazione di una normativa europea sulla tracciabilità dei prodotti made in Italy”. “L’ unione Europea – spiega Maurizio Bonas – è in dirittura d’ arrivo per la normativa sulla tracciabilità dei prodotti extra europei, ma si attarda ancora su un provvedimento analogo per i prodotti europei per la resistenza di alcuni paesi, soprattutto quelli del nord, la cui industria manifatturiera nelle rispettive economie incide ormai per il 20-30%, mentre in Italia l’ incidenza è del 90-93%”.
Le azioni che il Comitato ha portato avanti in questi anni sono state dettate dalla convinzione che per realizzare una buona normativa occorra anche il coinvolgimento di quanti sono protagonisti nei settori produttivi italiani e non possa essere relegato a poteri di lobby legati a interessi di altri Paesi stranieri.