sabato, 27 Aprile 2024
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Firenze vista da lontano

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Firenze: bella e impossibile. Così ci vedono gli stranieri

E’ difficile pensare a Firenze come una città capace di suscitare sdegno e avversione. Eppure, negli ultimi due anni, questi sentimenti affiancano le immancabili lodi sulle pagine dei più autorevoli quotidiani esteri. Dal New York Times a El Mundo, dal Guardian a Le Figaro, solo per citarne qualcuno. Un’immagine per certi versi sorprendente, quella della Firenze raccontata oltre confine.

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Film come “Sotto il sole della Toscana” o “Camera con vista” ci hanno abituato a pensare agli stranieri come amanti incondizionati della nostra città e della Toscana. Vuoi per le eccellenze artistiche, vuoi per il clima benevolo e il dolce paesaggio. Vuoi per la buona cucina o per l’estro artigiano. Questi aspetti ricorrono in abbondanza tra le pagine della stampa straniera. I corrispondenti non si stancano di fornire indicazioni su monumenti imperdibili o ristoranti invitanti. Così come non risparmiano consigli dedicati agli amanti dello shopping, tanto da soprannominare via Tornabuoni “la Fifth Avenue” fiorentina. Ma spesso queste immagini attraenti si fondano sulle aspettative riposte nella testa di molti forestieri. Sugli stereotipi sedimentati nei secoli.

A ridestare dal sogno ci pensa la penna tagliente di qualche corrispondente. Ed è un brusco risveglio. La città tanto promettente sulla carta si rivela alla prova dei fatti assai deludente. Tanto da indurre la giornalista del Times Veronica Smith a chiedersi “perché mai le persone vadano in estasi per Firenze”. La città è infatti caotica e sovraffollata di turisti, davanti a musei e ristoranti si dipanano code epiche, alcune zone della città appaiono sporche, buie e pericolose. E’ stata definita anche folle e grottesca, la nostra Firenze. Quando ha storto il naso davanti alle imponenti statue cinesi donate al Comune dalla città di Ningbo. E’ stata dipinta come una città litigiosa, capace di dividersi su tutto, tram compreso. Tanto da risollevare dalla coltre della storia vecchie rivalità. Guelfi e ghibellini, quasi un simbolo degli scismi fiorentini di ieri e di oggi.

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Cartellino rosso da parte dei forestieri, povera Firenze, anche per l’incomprensibile segnaletica stradale, una trappola per turisti. Per non parlare del suo tenace ancoraggio al passato, scudo contro la modernità. Lo dimostrano le lungaggini che accompagnano le grandi opere, come l’ampliamento della Galleria degli Uffizi. Le invettive non mancano. Attenzione, però. Sovente, anche dalla penna del più critico dei corrispondenti, spunta la redenzione. Firenze è assolta. Una passeggiata tra le vetrine dorate di Ponte Vecchio, una visita alle tele di alcuni dei più acclamati artisti della storia, un pranzo davanti a una bistecca al sangue bastano a far crollare all’istante l’impalcatura di qualsiasi descrizione impietosa. Occhio però, Firenze. Là fuori ti guardano. Non sempre con sorriso estasiato.

 

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E la città del Giglio approdò sul Times

Dapprima l’Obama dei Lungarni, poi il paladino del gottino di vino da accompagnare alla trippa, infine l’artefice della pedonalizzazione di piazza Duomo: sono queste, in rigoroso ordine cronologico, le tre vesti che i mezzi di comunicazione internazionali hanno cucito addosso a Matteo Renzi. Segno di una riconfermata attenzione da parte dei media stranieri nei confronti di una delle città italiane più amate all’estero e del suo primo cittadino? Parrebbe di no, se, com’è vero, nel corso del decennio scorse non sono state molte le occasioni in cui giornali e televisioni d’oltre confine si sono interessati a Leonardo Domenici. E le rare volte in cui è accaduto le ragioni sono state clamorose: l’ultima in ordine di tempo nel dicembre scorso, quando l’allora sindaco si incatenò davanti alla sede romana del gruppo editoriale L’Espresso per manifestare contro la copertura data dal settimanale all’inchiesta su Castello.

Ma prima di allora la politica fiorentina raramente aveva intrigato (e come dar loro torto) i giornalisti stranieri. Ci voleva l’ascesa di un comunicatore come Renzi per cambiare il corso degli eventi. Proprio mentre nel mondo imperversa l’Obama-mania – a Firenze si gioca la partita delle primarie per il candidato a sindaco. Renzi l’outsider (l’anglicismo è d’obbligo) stravince e conquista le pagine del Times. Il titolo è impegnativo: “Has Italy’s Left found its own Obama?” (La sinistra italiana ha trovato il suo Obama?). Renzi viene dipinto come colui che ha sparigliato le carte, rovesciando le gerarchie e ribaltando le previsioni, proprio come il neo presidente degli Usa. E proprio come Obama, ricorda il giornalista, Renzi manifesta una particolare predilezione per Internet e Facebook. Un paragone ardito che inorgoglisce l’allora aspirante sindaco che arriva a mutuare, scherzosamente, l’obamiano “Yes, we can” in un fiorentinissimo “Sì, si pole”.

Passano i mesi, Renzi conquista Palazzo Vecchio, vi si insedia e attende l’occasione propizia per conquistare nuovamente l’attenzione dei media stranieri. E l’occasione puntualmente arriva: a fine luglio scoppia la battaglia del vino e del lampredotto. L’Unione europea vieta la vendita di vino ai venditori ambulanti (trippai inclusi), l’Italia si adegua, Renzi decide di disapplicare la legge, arrivando persino a promettere disobbedienza civile. Immediata ed ampia l’eco sui giornali esteri, con interi articoli dedicati all’iniziativa del sindaco. I

nfine la recente pedonalizzazione di piazza Duomo, presentata a Roma proprio all’associazione della stampa estera. Detto fatto: persino il Tg tedesco propone un servizio sull’evento, con somma soddisfazione dell’amministrazione fiorentina. I media stranieri riscoprono Firenze, quindi. Un’attenzione che, tuttavia, sembra dipendere più dalle doti mediatiche del sindaco che dal ruolo internazionale della città.

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