Loggia Isozaki 18 anni dopo. Era il 1998 quando il progetto per la nuova uscita degli Uffizi firmato dall’archistar giapponese Arata Isozaki vinse il concorso internazionale. Oggi l’idea fa ancora discutere, proprio quando i lavori per i Nuovi Uffizi stanno per arrivare al punto (dolente) della copertura dell’uscita su piazza del Grano.
Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, in una recente intervista, ha detto che “se qualcuno non la vuole più dovrà metterci la faccia, ma anche i soldi”, facendo riferimento al risarcimento milionario che scatterebbe con la “caduta” del progetto Isozaki.
Gli architetti: “Realizzarla senza se e senza ma”
Anche l’Ordine degli Architetti di Firenze, con il presidente Roberto Masini, interviene nel dibattito. “Adesso, a distanza di quasi vent'anni dal concorso di progettazione internazionale vinto dalla Loggia disegnata dall'architetto giapponese, sarebbe più opportuno che qualcuno si assumesse una volta per tutte la responsabilità di realizzarla o non realizzarla, senza nascondersi dietro strategie populiste – dice Masini – se la Loggia non vedrà la luce, l'artefice di tale decisione dovrà spiegarne i motivi in maniera adeguata, pertinente e circostanziata, poiché significa contraddire la valutazione compiuta da una giuria di esperti riconosciuti in tutto il mondo”.
Gli architetti fiorentini bocciano poi la possibilità di indire un referendum tra i fiorentini, ipotizzata da Schmidt, per dire sì o no al disegno Isozaki. “Consultazioni di vario tipo sul progetto di Isozaki sono già state fatte in passato – precisa Masini – per poi essere strumentalizzate”.
E ancora: “Siamo del parere che i concorsi sugli spazi pubblici debbano contemplare una percentuale di giuria popolare, ma nel caso della Loggia non può essere fatto a posteriori. Senza contare che una giuria esclusivamente popolare, non formata da professionisti del settore, non dovrebbe essere lasciata da sola. Quando Giovanni Michelazzi realizzò il Villino Liberty in via Scipione Ammirato – continua il presidente dell’Ordine degli Architetti di Firenze – sui giornali dell'epoca, si parlò di 'architettura oscena'. Oggi quell'opera si studia sui libri di architettura. Lo stesso accadde per il complesso della Stazione del Michelucci”.