I risparmi? Fermi in garage
“Non si trova più un parcheggio neanche a pagarlo oro”, recita un luogo comune. Banalità? Non poi così tanto se, come è vero, i posti auto sono sempre più ricercati, e conseguentemente, sempre più cari. E non soggetti a svalutazione. Il luogo comune si basa per definizione su un fondamento di realtà, scontato ma concreto: ecco quindi i garage entrare a pieno titolo, e nelle prime posizioni, nel novero dei cosiddetti “beni rifugio”, accanto alle case, ai gioielli, alle opere d’arte. Beni che, a differenza del denaro, hanno un valore reale e non convenzionale, e i cui rendimenti non permettono speculazioni nel breve periodo, ma neanche comportano alti rischi per chi decide di investirvi. E’ proprio in momenti come questi, in cui la crisi morde sempre più e i mercati finanziari registrano frequenti cedimenti, che i risparmiatori cominciano a diversificare i loro investimenti, allontanandosi sempre più dai rischi della Borsa per mettersi al riparo dalla perdita di potere d’acquisto, collocando le proprie risorse economiche nei “rifugi”.
Una tendenza diffusa ormai ovunque, a Firenze come altrove, seppure con qualche distinguo. Perché per l’acquisto di questi beni bisogna pur sempre avere a disposizione una liquidità che varia al variare dell’investimento: (relativamente) minore nel caso di gioielli, maggiore nel caso si voglia depositare i propri risparmi nel mattone, nella sua accezione moderna: immobili. Vuoi per la mancanza di posti auto, vuoi per la concretezza dell’investimento, vuoi per i suoi costi (non indifferenti, ma pur sempre inferiori rispetto a quelli delle case) i garage rappresentano da qualche tempo la forma di investimento preferita dai fiorentini, guidando la classifica dei beni rifugio. Altrettanto concreta la scelta di utilizzare i propri risparmi nell’acquisto di una abitazione. Concreta, ma non sempre raggiungibile: i prezzi delle abitazioni, soprattutto quelle di particolare pregio, sono ancora irraggiungibili per alcune fasce della popolazione. Se il mattone tira ancora, lo stesso non può dirsi per altri prodotti: gioielli, pietre preziose, quadri e sculture, anch’essi inseriti nell’elenco dei “beni rifugio”, sono scelti solo da una minima parte dei fiorentini, perlopiù benestanti, collezionisti e amanti dell’arte.
Uno scetticismo diffuso, motivato molto spesso dalla scarsa conoscenza del settore da parte di gran parte dei cittadini: quale pittore di oggi sarà il Van Gogh di domani? Come distinguere una “crosta” da una quadro d’autore? Quale statua, con il passare degli anni, vedrà crescere il suo valore? Domande a cui solo gli estimatori sanno dare una risposta, non i cittadini comuni. Per arginare il pericolo di gettar via i risparmi di una vita l’unica possibilità sarebbe rappresentata dall’acquisto di opere di artisti già sufficientemente affermati, ma, ancora una volta, a prezzi non accessibili a tutti. Neanche gioielli e pietre preziose riscuotono grande successo: riempire portagioie e casseforti sembra essere abitudine legata più alla conservazione degli affetti che alla tutela dei propri risparmi. Più cimeli di famiglia, quindi, che forme di investimento.
I fiorentini si riscoprono un popolo di risparmiatori accorti e abbastanza tradizionalisti: le incertezze dei mercati finanziari hanno spinto i risparmiatori a fuggire dalla Borsa, per indirizzare le proprie risorse economiche non tanto su “beni rifugio” di lusso, appannaggio di pochi eletti, quanto sulla concretezza rappresentata da case e garage. Investimenti immobiliari, quindi. E’ la rivincita del mattone. Una versione riveduta e corretta del pensiero delle generazioni passate: “Non mi fido di nessuno. I miei risparmi li metto sotto il mattone”.
I contanti? Meglio sotto il materasso
C’è chi li tiene nella credenza, mimetizzati tra i biscotti, chi sotto il materasso, chi nella solita cassaforte dietro il quadro, chi si inventa i nascondigli più assurdi pur di non affidare i propri risparmi alla banca. Perché la fiducia negli istituti di credito è ai minimi storici, dopo la crisi che si è abbattuta anche su di noi, a partire dagli Usa e dal fallimento di alcune banche straniere. Secondo un recente sondaggio dell’Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari) di fronte al quesito “A chi affidereste ad occhi chiusi i vostri risparmi?” il 69 per cento degli intervistati ha risposto “A nessuno” e solo il 7 per cento dei 1735 interpellati ha indicato le banche. Poco importa che i conti correnti fino a 103 mila euro siano garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, secondo quanto stabilito dal Governo lo scorso ottobre al fine di proteggere i risparmiatori, più e meno piccoli. Se poi ci si mette di mezzo anche il taglio dei tassi di interesse, ridotti a una miseria negli ultimi mesi, la tentazione di tornare al nascondiglio casalingo è forte.
Così si scatena il fuggi fuggi generale, tra chi scappa da un istituto di credito a un altro alla ricerca di condizioni migliori (salvo poi trovarsi punto e a capo dopo pochi mesi) e chi il conto lo chiude proprio e si riprende in casa il malloppo. “Io delle banche non mi fido – racconta Anna, 82 anni – Non ci capisco niente nelle condizioni, nei contratti, negli interessi. E si figuri che mia nipote lavora in un istituto di credito. Preferisco continuare a tenere i soldi in casa, almeno so dove sono e posso sempre controllare quanti sono”. Dubbi, questi, più diffusi di quel che si possa pensare, non solo tra le persone di una certa età.
Quelli che scelgono di chiudere il proprio conto in banca, o di non aprirlo proprio, sono in molti, alla faccia di chi sostiene che senza carta di credito non si va da nessuna parte e che senza coordinate bancarie non si è nessuno. Andrea e Stefania, per esempio, il conto l’hanno chiuso un anno fa e non hanno intenzione di riaprirlo almeno per adesso: “Per noi era una rimessa continua, tra canone, tasse e spese più o meno grandi per ogni operazione che facevamo. E gli interessi non bastavano certo a compensare tutte queste uscite”. Lei cassiera in un grande magazzino, lui barista, due stipendi non esattamente consistenti per una giovane coppia con un bambino. “Avere i soldi a portata di mano ci permette di gestirceli meglio, così non rischiamo di spendere più di quel che abbiamo, come ci è successo in passato”. Cose che capitano usando il bancomat o la carta di credito. Già, le carte. Altro capitolo spinoso per i piccoli e piccolissimi risparmiatori, che temono di indebitarsi senza accorgersene. Meglio lasciar perdere- questo il pensiero comune- e optare per il vecchio frusciante contante. E per un salvadanaio bello capiente.