L’intrusione all’interno dell’arcivescovado, le minacce a Don Brogi, lo sparo e l’aggressione a Betori.
IL FATTO. Ora dopo ora prende sempre più forma la ricostruzione di quanto avvenuto venerdì sera a Firenze. Gli inquirenti hanno sentito nuovamente l’arcivescovo Giuseppe Betori e il suo segretario don Paolo Brogi, rimasto ferito nell’agguato e ora ricoverato in ospedale in condizioni stabili. Emergono così nuovi particolari.
L’INTRUSIONE. L’aggressore, un uomo sulla settantina, barba bianca incolta e aspetto da clochard, è penetrato nel cortile dell’arcivescovado, a due passi da piazza Duomo, dopo l’arrivo dell’auto con a bordo i due religiosi. Una volta sceso dalla vettura don Brogi si è accorto dell’intruso, che chiedeva di parlare con Betori, e si è diretto verso lo sconosciuto.
LO SPARO. A quel punto l’uomo ha estratto la pistola e ha sparato un colpo. Don Brogi non ha visto l’arma, ma solo il movimento del braccio, e ha sentito il rumore dello sparo, senza accorgersi di essere stato colpito. Poi, d’istinto, si è allontanato per chiamare la polizia. “Stai qui o sparo al vescovo” ha gridato l’aggressore, che si è avvicinato al vescovo, lo ha afferrato per un braccio, lo ha trascinato per qualche metro, puntando l’arma prima a un fianco e poi alla testa di Betori.
MOMENTI DI PAURA. L’arcivescovo ha sentito un rumore metallico, forse dovuto allo scarrellamento della pistola. L’aggressore, in un italiano senza accenti, diceva “Tu non devi dire…tu non devi fare..”, poi è rimasto muto quando il religioso gli ha risposto: “Parla, dimmi”. Il portone automatico ha cominciato a chiudersi e, probabilmente, temendo di rimanere chiuso dentro, l’uomo è fuggito, facendo perdere le proprie tracce.