Il volto gay della Firenze notturna
Prima Roma, poi Firenze. Sono passate poche settimane da quando la miccia dell’omofobia ha innescato un circuito di demenziale violenza. E così in pochi giorni sono successi diversi episodi che hanno avuto come vittime persone omosessuali. Uno, appunto, a Firenze. Dove un ragazzo di 26 anni è stato pestato a sangue da un poco più che coetaneo dopo una serata in un locale gay della città. Sulla dinamica, e sul movente, è al lavoro la magistratura, ma di certo c’è che ora un ragazzo si ritrova con 7 placche di titanio e 31 viti in bocca a memento dei cazzotti che gliela hanno distrutta. L’aggressore, conosciuto poco prima, pare si fosse dichiarato “etero ma aperto” e avesse acconsentito a passare la serata con la sua vittima e i suoi amici in un locale gay.
Un posto più o meno come un altro, dove si beve, si chiacchiera. Qualcuno ammicca, qualcuno “punta”, qualcuno si fa guardare. Il rito degli incontri “maliziosi” in pub e affini è sempre quello. Anche se il locale in questione è dedicato ad una clientela gay. E a Firenze le cose girano come nel resto del mondo: ci sono posti dove si va per incontrare potenziali anime gemelle, oppure semplicemente per “imbroccare”, per riempire una serata con un’avventura. Etero, omosessuali. E’ uguale. Il rito del “da cosa nasce cosa” è sempre il solito, lo scopo è lo stesso.
Anche se ci sono posti più peccaminosi degli altri, locali attrezzati con “dark room” dove tutto è concesso. Negli anni però le cose sono cambiate. C’è stata un’epoca, quella degli anni ’80, in cui Firenze era un po’ la capitale del mondo gay, un paese della cuccagna dove non c’era bisogno di nascondersi per scambiarsi effusioni con una persona dello stesso sesso al ritmo di musica e cocktail. Poi le cose sono cambiate, certe città sono andate avanti e si sono riempite di club, pub oppure interi quartieri “gay friendly” e Firenze è rimasta ferma al palo. Certo, va detto, i locali dedicati alla clientela gay non mancano.
Solo per citare i più noti: c’è il Tabasco, il Piccolo, lo Yag, il Fabrik, il Crisco. Tutti posti noti alla comunità omosex, fiorentina e non. Proprio il Tabasco è una delle icone della nightlife gay: cittadina, toscana, turistica. Dal 1974 sta di casa in piazza Santa Cecilia, dietro piazza della Signoria e al suo interno ospita una sala da ballo, una dark room e una sala video. Altro must della socialità notturna gay sono le serate della Flog, che da quindici anni riempiono l’Auditorium a suon di musica e di incontri.Ma i tasselli del mondo gay di casa nostra sono tanti, il business c’è pure qui e non mancano neppure gli alberghi dedicati agli incontri omosex (vedi fitto elenco su internet) e una sauna riservata ai soli uomini che sta aperta fino alle due di notte.
Ma la città non è aperta come sembra
Bombe carta e coltelli, per fortuna, dalle nostre parti non ci sono arrivati e l’escalation di violenze a sfondo omofobico che ha colpito città come Roma qui non ha trovato campo. Ma il rapporto della città con la sua componente gay non sembra essere comunque dei più floridi. Firenze è rinascimentale anche in questo senso, diciamo, e certe volte l’apertura mentale resta un’ idea vaga, spiaggiata sui lidi del preconcetto. E allora capita – e lo raccontano i diretti interessati – che i ragazzi e le ragazze gay in giro per la città si sentano apostrofare con epiteti pesanti. “Malati”. “Promiscui”. “Non normali”.
Alla faccia degli anni duemila, quelli in cui teoricamente certi pregiudizi dovevano essere acqua passata. No, le associazioni non hanno dubbi. “Certo, qui da noi non si respira il clima che si è respirato a Roma qualche settimana fa, ma la situazione è peggiorata“. Lo spiega Francesco Piomboni, presidente di Arcigay Firenze “Il Giglio Rosa”, che tra Firenze, Siena, Arezzo e Prato conta circa 6mila tesserati. “Battute pesanti, risate alle spalle: a quelle ci siamo sempre stati abituati – spiega – ma non sono mai state così frequenti come nell’ultimo periodo. Me ne accorgo anche fuori dai locali. Qualcuno passa, offende, e qualche giorno fa è capitato di dover tornare dentro di corsa prima che la situazione degenerasse. C’è una regressione rispetto a qualche anno fa“.
Niente passi in avanti dunque, la strada verso la tolleranza sembra si faccia in retromarcia. “Per tantissime persone il messaggio che passa è: omosessuale uguale anormale e promiscuo. Manca un giudizio obiettivo, ci sono delle pesanti chiusure mentali” spiega ancora Piomboni. E dello stesso avviso è anche Francesca Cavarocchi di Azione Gay e Lesbica: “In questi ultimi anni non si è lavorato alla costruzione di una cultura della diversità – spiega – L’escalation di violenze va avanti da un pezzo, in questo periodo se ne parla di più, ma in realtà non è una novità, anche se capita spesso che gli aggrediti non se la sentano di denunciarle, di renderle pubbliche”. E per questo le associazioni stanno pensando di correre ai ripari: “Ci sentiamo con le armi spuntate – spiega ancora Francesca Cavarocchi – ora stiamo pensando a iniziative di sensibilizzazione”. Detto tutto questo, siccome per quanto sia ottusa non è comunque un paesino, Firenze continua a far da calamita per la sua fama di città “gay friendly”.
E allora, spiega ancora Piomboni, in città approdano molti ragazzi gay, specie giovanissimi: “Per esempio se devono scegliere una città per l’università è facile che optino per Firenze”. Perchè un po’ di movida omosex la nostra città ce l’ha ancora: “Ci sono occasioni di incontro (anche se purtroppo negli ultimi anni scarseggiano le iniziative culturali) – conclude Piomboni – ma c’è uno scarto generazionale e capita che i ragazzi gay, appena arrivati in città, socializzino con persone più grandi di loro”.