martedì, 19 Novembre 2024
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Recensione: I guardiani del destino

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Casualità, destino o libero arbitrio? Ognuno si trova a riflettere in un qualche istante della sua quotidianità, quale sia fra questi elementi a muovere la propria esistenza. Non essendo tema di facile risoluzione è forse per questo motivo che molti autori, nel tentativo di rispondere a tale quesito, interrogano mondi alternativi dove in un’ipotetica oggettività personaggi con anomali poteri possono scrutare dall’alto lo scorrere degli eventi e regolare le vite altrui.

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E’ anche il caso di George Nolfi che per il suo primo film da regista I guardiani del destino, ha colto una suggestione dal racconto Squadra riparazioni (Adjustment Team) di Philip Dick (autore che dagli inizi degli anni 80’ ad oggi è stato ampiamente rielaborato da molteplici registi). Nel film, l’agente immobiliare del libro Eddie Fletcher diventa il candidato senatore David Norris (Matt Damon) uomo politicamente corretto, la cui unica licenziosità commessa nella vita è stata quella di essersi abbassato i pantaloni al liceo. Il suo futuro è deciso come le linee della vita sono scritte sulla mano, finché non incontra Elise (Emily Blunt) la stessa Emily del Diavolo veste Prada (ma qui con l’abito di una promettente danzatrice e non nei panni della collega acida) che lo risveglierà dalla sua inconsapevole vita. La ricerca del completamento attraverso l’altro, il tema dell’amore impossibile, il desiderio spasmodico del suo raggiungimento occupano la parte centrale del film e si sostituiscono ad un’indagine più profonda di ordine mistico-spirituale che potenzialmente il soggetto offrirebbe. La riflessione sui destini umani che per Dick è questione centrale resta infatti nel film sotterranea, adombrata da un’analisi incentrata sull’umano destino di Norris. Il cineasta apre qualche spazio “mistico” attraverso la sceneggiatura, nei dialoghi tra il possibile senatore e il capo dei guardiani Thomphson (Terence Stamp), ma ogni sguardo sull’oltre, ogni possibile visionarietà registica, che nel mettere in scena una riflessione sui concetti di Caos e caso sarebbe attesa, resta negata. Il mondo oltre lo specchio tratteggiato dall’autore riflette, infatti, un immaginario che presenta la sensazione di un déjà-vu allo stesso modo in cui il destino (come ci viene ripetutamente fatto notare nel film) è già scritto. Uomini che gestiscono la vita degli altri con abiti un po’meno di tendenza degli agenti di Matrix, una terrazza che non può non ricordare la scena finale di Apri gli occhi, mondi che si spalancano improvvisamente davanti al nostro sguardo ma con minor ispirazione creativa di Inception: film che a loro volta traggono le loro ispirazioni dallo stesso Dick.

Se quindi Nolfi non trasforma il materiale del libro in un’opera indimenticabile, come è accaduto per Blade Runner o Minority Report, tuttavia Damon e la Blunt assolvono i loro compiti in modo esemplare. Corrono, danzano, si cercano, si guardano intensamente e interpretano David e Elise trasmettendo la reale urgenza e necessità del loro sentimento. Accade dunque che i nostri occhi non particolarmente calamitati da scenari onirici e mondi fantascientifici, suggeriti ma non finalizzati, si concentrino sulla vicenda intima dei due protagonisti, sulla loro passione divisa e sul conseguente desiderio di ricongiungimento.

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In questo senso, essendo gli attori convincenti (più dei loro stessi dialoghi) l’amore che li unisce è credibile e tra inseguimenti sviluppati in periferici sotterranei e scene di danza contemporanea, finiamo per seguire con passione il flusso delle loro vite in attesa di conoscere la sorte dei due protagonisti.

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