venerdì, 22 Novembre 2024
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Chi rischiò di affogare nella fontana del Biancone

Nel corso dei secoli la fontana del Nettuno in piazza della Signoria, è stata usata anche in modo 'improprio'. Nuova puntata della rubrica firmata dagli Artusi che svelano i segreti di Firenze

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Sembrerebbe impossibile, ma qualcuno ha rischiato veramente di affogare nella vasca di Piazza della Signoria, ai piedi dell’immobile Biancone: questo è accaduto più di una volta!

Due casi passati alla storia

Correva l’anno 1786 quando il 26 Agosto, il fanciullo Gaetano Franceschini fu ripescato nella vasca da Gaetano Gualchi e Gaspero Fantoni ai quali venne corrisposto, con delibera della Camera della Comunità su segnalazione dell’Auditore delle Regalie, un “premio di salvataggio” di sette lire ciascuno “per averlo salvato dall’affogamento”.

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Da un’altra deliberazione del Magistrato e Consiglio Generale della Comunità Civica di Firenze (ASCFi, CA. 20 n. 129) in data 3 Agosto 1803, si evince che fu deciso di … stanziare a Giovanni Solani Piffero della Prima Compagnia dei Granatieri, zecchini cinque a titolo di premio ad esso dovuti per aver sottratto dalle acque il giovinetto per nome Giuseppe di Antonio Nocenti, che destituito d’ogni soccorso era per affogare nella vasca della Piazza del Granduca.

Come si vede, anche la pur modesta quantità di acqua della vasca, ha costituito un serio pericolo mettendo così in dubbio la proverbiale locuzione affogare in un bicchier d’acqua attribuita a coloro che vedono complicazioni ovunque e si perdono di fronte alle più piccole difficoltà. In un bicchiere non si affoga certamente, ma in contenitori di modesta capienza evidentemente si, ciò era possibile e forse lo è ancora.

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I divieti per “proteggere” la fontana del Nettuno

Dal Dicembre del 1575 la bella fontana del Nettuno ha elargito a tutti, in una pioggia di zampilli cadenti nella grande vasca, un bene prezioso che non costava nulla, per cui era pubblicamente usato dal “basso popolo” anche per abbeverare gli animali e come pubblico lavatoio. La fontana fu pertanto protetta nel 1592 da una ringhiera a salvaguardia dei frequenti insulti provocati dalla plebaglia che, non comprendendo minimamente l’elevata solennità dell’opera vanto della città, che quotidianamente veniva ad offenderla con disinvolte confidenze, non ultima quella di lavare penne e calamai.

Quest’ultima sfacciata abitudine era probabilmente praticata da zelanti impiegati comunali. Fu inoltre anche necessario nel tempo, emettere delle ordinanze per vietare questi abusi; infatti nel 1720 “gli spettabili Signori Otto di Guardia e Balia” fecero apporre sul bugnato di Palazzo Vecchio dietro la fontana, una lapide marmorea nella quale si può ancora leggere:

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a di 30 luglio 1720
gli spettabili ss. otto di guardia e
balia della citta’ di firenze
proibirono a qualunque persona di qualsiasi
voglia stato grado o condizione che
non ardisca in torno a questa fonte a
braccia venti fare sporchezze di sorte
alcuna lavare in essa calamai panni o altro
ne buttarvi legnami o altre sporcizie
sotto la pena di ducati quattro e dello
arbitrio di ll.ss. e tutto in conferma d’altro
decreto del magistrato loro del di 21 agosto 1646

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