mercoledì, 13 Agosto 2025
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Che fine ha fatto Roberta Ragusa?

Di Roberta Ragusa (nella foto di Chi l’ha visto?) nessuno ha più notizie da più di tre mesi, da quella misteriosa notte tra il 13 e il 14 gennaio scorsi. Una donna scomparsa che ha lasciato dietro di se due figli e un marito indagato. Lo stesso che aveva una relazione segreta con la segretaria dell’autoscuola di famiglia.

LA NOTTE DELLA SCOMPARSA. Roberta sarebbe scomparsa dalla sua abitazione di Gello, nel comune di San Giuliano Terme nel pisano, la notte tra il 13 e il 14 gennaio. Da quel momento di lei, nessuno ha avuto più notizie. Il marito, dal primo momento, ha sempre dichiarato di essersi addormentato prima della mezzanotte e, al suo risveglio alle 7 circa, non avrebbe trovato la moglie in casa.

LE RICERCHE. Intorno alle 11 della mattina del 14 gennaio, il comandante della Polizia Municipale avrebbe ricevuto “sul cellulare di servizio la telefonata di Antonio Logli, marito della scomparsa, che gli comunica di non trovare la moglie e spiega che la sera prima si erano coricati e al mattino non l’aveva trovata né a letto né in casa”. Logli però non sa “riferire se Roberta era uscita con il pigiama e con un giubbotto e aggiunge di avere già attivato i Carabinieri della stazione di Pontasserchio”, questo lo si è appreso da un documento inedito del Comune di San Giuliano Terme. Dal quel momento sono partite le ricerche. “Fu inoltrata – prosegue il brogliaccio – una segnalazione al pronto soccorso di Pisa, al quale si chiedeva se in quelle ore avesse ricoverato una donna con le caratteristiche della scomparsa in considerazione del fatto che la Ragusa non era provvista di documenti quando si era allontanata da casa e si presumeva avesse potuto avere una perdita di memoria in conseguenza di una caduta avvenuta nei giorni precedenti, e veniva informata la questura”. Alle 14 le squadre rientrano alla base senza avere trovato elementi utili. E proprio in quelle ore però, arriva la prima segnalazione “che veniva ritenuta abbastanza attendibile, di un avvistamento alla stazione di servizio Firenze Peretola sulla rete autostradale: le ricerche vengono sospese e si resta a disposizione per riattivarle immediatamente in relazione allo sviluppo delle indagini o in relazione a emergenti nuovi elementi”. Le ricerche a tappeto sarebbero durante soltanto 48 ore.

VOLONTARI. E per far fronte a queste ”mancate” ricerche, un gruppo di volontari si sarebbe offerto per passare a setaccio i luoghi non ancora perlustrati dalle forze dell’ordine. Ma tutto sembra ancora fermo, nonostante la petizione per far ripartire le ricerche lanciata sul web da Loretta Croatto che scrive ”a nome del gruppo ”Roberta Ragusa – dove sei?” e per conto del gruppo “Troviamo Roberta Ragusa“,chiedo le firme, affinchè vengano riprese le ricerche per ritrovare questa donna, scomparsa da S.Giuliano Terme (Pisa) la notte tra il 13 e il 14 Gennaio 2012 e di cui non si hanno più avuto notizie”.

TESTIMONI. Oltre alla segnalazione di un avvistamento alla stazione di servizio Firenze Peretola il 19 marzo scorso una donna ha dichiarato di aver visto Roberta. Una testimonianza che avrebbe potuto portare il caso verso una svolta. Ma la smentita dei carabinieri non tarda ad arrivare: la testimone oculare avrebbe scambiato per Roberta la dipendente di uno studio legale che effettivamente assomiglia molto alla donna di cui si sono perse le tracce. Ma gli avvistamenti non finiscono qui. La donna infatti, pare sia stata vista anche all’autogrill di Pontedera, sulla Firenze-Pisa-Livorno. Una segnalazione che arrivò talmente tardi da non poter risalire alle immagini delle telecamere di sicurezza.

LA PANDA VERDE. E sul registro degli indagati, insieme a Antonio Logli, marito della Ragusa, è finito anche un testimone, Antonio Fusi, il 62enne che avrebbe dato un passaggio a Roberta Ragusa la notte della sua scomparsa. L’uomo avrebbe dichiarato ”Se tornassi indietro mi comporterei diversamente. Ho fatto un favore ad una persona e mi sono trovato nei guai”. E nel giallo della scomparsa, spunta una terza auto. Fusi afferma infatti di averla vista salire su un’altra auto, una Lancia Y metallizzata. Ma proprio sulla Panda di Fusi sarebbero state trovate tracce biologiche definite ”interessanti”. Da queste tracce sarà possibile estrarre un Dna che verrà comparato con quello dei familiari di Roberta per stabilire se quelle presenti sull’auto appartengono realmente a lei. Se così fosse, si tratterebbe di una svolta nelle indagini.

IL POZZO IN GIARDINO. Ma c’è anche chi suggerisce luoghi in cui cercare il corpo di Roberta, come il suocero della donna, Valdemaro, che alle telecamere di ”Chi l’ha visto?” avrebbe dichiarato “Nessuno ha guardato nel pozzo, è profondo una decina di metri ed è coperto da una lamiera pesante, difficile da spostare, ma nessuno ha guardato là dentro”, tesi condivisa dalla stessa conduttrice del programma, Federica Sciarelli ”non risulta che quel pozzo sia stato ispezionato”. Il pozzo in questione si troverebbe proprio nel giardino di casa Logli. Nessuno, almeno così sembra, lo ha ancora passato al setaccio come è stato fatto in precedenza per l’autoscuola e la casa.

LE DUE PISTE. Dunque, resta tutto sospeso ad un filo che collega le due ipotesi: l’omicidio e l’allontanamento. Ogni volta che qualcuno afferma di averla avvistata in qualche zona della Toscana, avvistamenti che si sono rivelati, ad oggi, sempre falsi, si riaccende la speranza di poter trovare Roberta viva. Ma dall’altro lato c’è l’ipotesi della sua morte, di un omicidio che potrebbe esser stato consumato per motivi legati alla relazione segreta che il marito aveva con la segretaria. Non sarebbe questa la prima volta che un uomo trovi nell’omicidio, l’unica via d’uscita da un triangolo sentimentale. Ma non ci sono elementi concreti che fanno pensare alla morte di Roberta Ragusa. Le due piste, restano appese ad un filo.

Cognomi, a Prato vincono i cinesi. Chen più diffuso di Gori

Il cognome più diffuso? A Prato viene dal Sol Levante. Nella città laniera, ci sono più ‘signor Chen’  che ‘signor Gori’. Non solo: tra i cinque cognomi più frequenti, ben 4 sono cinesi. E Rossi scivola addirittura alla trentaduesima posizione.

SORPASSO STORICO. Si tratta di un sorpasso storico, messo in  luce dall’esperto di onomastica Enzo Caffarelli, autore di una ricerca sui cognomi più diffusi nelle città italiane pubblicata su Anci Rivista. Dopo Milano, dove il cognome meneghino per antonomasia, Brambilla, si è visto recentemente strappare il podio da Hu, tocca a Prato. Qui il cognome che va per la maggiore è Chen, uno dei cinque cognomi più diffusi in Cina, che a Prato è rappresentato da oltre 1100 cittadini di nazionalità cinese.  Il cognome del Sol Levante ha superato il diffuso Gori, che ha ceduto il primo posto. Medaglia di bronzo, un altro cognome cinese, Hu. Seguito al quarto posto da Zhang e al quinto da Lin. 

E IL SIGNOR ROSSI? Nella lista dei nomi di famiglia più diffusi, ben undici hanno ‘stracciato’ il cognome Rossi che si piazza al 32esimo posto in classifica.  Tra gli altri cognomi cinesi più frequenti anche Huang e Wang che si sono aggiudicati la settima e l’ottava posizione spodestando l’italiano Innocenti. Al dodicesimo posto Zheng, Li è al 13esimo, Xu al 22esimo e Zhou al 24esimo. “I cognomi cinesi  – spiega Caffarelli – sono pochi e concentrati, e proprio per questo emergono in modo così  vistoso nelle classifiche”. Ma, spiega l’esperto, per pareggiare il numero attuale dei primi dieci cognomi cinesi da Chen a Zhou a Prato non bastano i dodici cognomi pratesi più numerosi e tradizionali (oltre a Gori e Innocenti Lombardi, Baldi, Bartolini, Guarducci, Cecchi, Melani, Rosati, Martini e Pacini).

Un ”tesoro” sulle rive dell’Arno: come sta la Biblioteca Nazionale

Un patrimonio di oltre sei milioni e 300mila volumi a stampa, 2.689.672 opuscoli, 25mila manoscritti, 4mila incunaboli, 29mila edizioni del XVI secolo e oltre un milione di autografi, insieme alla ricchezza di una raccolta di riviste italiane e straniere e di giornali, di spartiti musicali, di carte geografiche, di fondi fotografici, di comics, di libri d’artista del Novecento e, infine, di vari dipinti e oggetti artistici. Tutto questo è la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Per fare il punto sulla situazione su questo “tesoro” abbiamo parlato con la direttrice, Maria Letizia Sebastiani.

Direttrice, partiamo dalla questione finanziamenti: la biblioteca è ancora in difficoltà?

I tagli al bilancio, di sicuro notevoli, dipendono da una più generale e diffusa crisi economica. In questa situazione non si può non cercare di riprogrammare le proprie esigenze ottimizzando le risorse disponibili e gestendo percorsi comuni anche con i cittadini e gli utenti stessi. Speriamo in un forte rilancio della cultura e in una maggiore attenzione da parte della classe politica. Ad oggi, tra i tanti, il problema più difficile da risolvere rimane la diminuzione degli organici. La biblioteca conta attualmente solo 183 unità di personale, in rapporto alle oltre 400 che ne costituivano in un passato neanche lontanissimo l’organico, e il dato è in continuo calo per l’aumento progressivo dei pensionamenti. Il non inserimento di nuove leve sta facendo mancare il fondamentale processo di affiancamento, che nel lungo tempo finirà per pesare anche sull’erogazione dei servizi, nonostante la presenza di un personale altamente qualificato e disponibilissimo.

Quali sono i problemi ancora da risolvere e i progetti in corso?

Stiamo ancora lavorando ai danni causati dall’alluvione del 1966: restano ad oggi ancora da recuperare circa 17mila volumi appartenenti ai Fondi Palatino e Magliabechiano e circa 30mila miscellanee. E questo a fronte di circa 1.200.000 unità bibliografiche danneggiate, di cui 300mila libri. Per fortuna il settore dei manoscritti e dei rari, collocato al piano superiore, non venne raggiunto dall’acqua. Gran parte dei volumi danneggiati e tutti i cataloghi sono stati recuperati ad opera del centro di restauro della biblioteca, anche se la drastica riduzione di personale da 70 restauratori agli attuali 7 provoca notevoli ritardi e rallentamenti. Lo stesso laboratorio di restauro interno si occupa di aggiornare il “Piano di emergenza per le collezioni” della biblioteca, di concerto con la protezione civile. Per quanto riguarda il capitolo delle acquisizioni, la biblioteca gode del deposito legale di quanto pubblicato in Italia: significa un accrescimento di circa due chilometri lineari all’anno delle nostre raccolte, oltre a essere impegnata in un progetto di fruizione e conservazione delle memorie digitali denominato “Magazzini digitali”. La biblioteca è anche impegnata da anni nel settore della digitalizzazione diparte del proprio patrimonio librario e documentario con vari progetti ministeriali e non, in particolare con il Progetto ProQuest, in corso, e il Progetto Google, che partirà a breve, i quali, nella loro diversità oggettiva, avranno come fine comune la disponibilità e la visualizzazione in rete di gran parte dell’immenso e notevole patrimonio della biblioteca.

Quali sono le prossime iniziative in programma?

In occasione della Settimana della Cultura, il 16 aprile verrà inaugurata una mostra fotografica in collaborazione con il Nucleo di tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri sui patrimoni ritrovati. Sempre in aprile sono previste le presentazioni del libro curato da Anna Levi “Storia della Biblioteca dei miei ragazzi”, sulla storia della casa editrice Salani in occasione dei 150 anni della sua fondazione, a cui sarà affiancata un’esposizione dei libri della collana, e del libro di Enrica Asquer “Storia intima dei ceti medi. Una capitale e una periferia nell’Italia del miracolo”.

Benigni legge Dante a Firenze: domani si saprà tutto

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Amanti di Dante (e di Benigni, o ancora meglio della “strana” accoppiata Dante-Benigni) ancora qualche ora di pazienza, poi si saprà tutto sulle letture estive del sommo poeta con cui l’attore toscano si cimenterà in Santa Croce.

BENIGNI LEGGE DANTE. Sarà presentato domani, infatti, l’evento che questa estate vedrà Roberto Benigni impegnato a Santa Croce con la lettura di Dante. Un appuntamento che era già andato in scena qualche anno fa in città, con uno straordinario successo. Quest’anno si replica, e basterà attendere domani per conoscere tutti i dettagli di un attesissimo ritorno.

L’UFFICIALITA’. L’ufficialità delle letture dantesche era arrivata la scorsa domenica nel corso della trasmissione ”Chetempochefa”. E subito il sindaco Renzi aveva commentato su Facebook: “Oggi Roberto Benigni ha ufficializzato a Chetempochefa le letture di Dante, che coroneranno un’estate fiorentina letteralmente straordinaria. Sono davvero felice di dargli il bentornato a casa sua, in Piazza Santa Croce…”.

Benigni, ”anche i leghisti hanno il loro tricolore”

Maglia rossa e basco in testa: arrivano i City Angels

Per ora sono una decina ed entreranno “in servizio” tra una settimana circa, dopo un corso full immersion in programma il prossimo week end. Si tratta dei primi City Angels fiorentini.

CITY ANGELS A FIRENZE. I primi City Angels fiorentini saranno una decina ed entreranno in servizio tra una settimana circa. L’associazione di volontariato, fondata nel 1994 da Mario Furlan a Milano è già attiva in diciassette città d’Italia e ha decido di aprire una sede anche a Firenze offrendo la loro collaborazione alle istituzioni e all’Amministrazione comunale.

UN’ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO IN PIU’. Un’offerta che è stata subito accolta dall’assessore al welfare Stefania Saccardi “I City Angels rappresentano un’ulteriore associazione di volontariato presente sul nostro territorio, già molto ricco da questo punto di vista. È anche grazie all’impegno di tanti volontari che l’Amministrazione riesce a dare risposte efficaci e in tempo reale ai bisogni dei cittadini, come avviene nel caso dell’accoglienza invernale. Avere quindi un ulteriore riferimento con cui collaborare non può che essere salutato dall’Amministrazione con grande favore ed è per questo che diamo il benvenuto ai questi nuovi volontari”.

VOLONTARI DI STRADA. I City Angels sono volontari di strada d’emergenza. Indossano una divisa, una maglia rossa e un basco azzurro, e scendono in strada per aiutare le persone in difficoltà come i senza tetto ma anche i turisti in cerca di informazione o l’anziano che ha bisogno di aiuto per portare le buste della spesa e il disabile che ha problemi a spostarsi in carrozzina. ”Vogliamo diventare un punto di riferimento sul territorio per i cittadini e per questo ci mettiamo a disposizione delle istituzioni per fare quello che serve dove serve con la massima serietà. Per questo selezioniamo le persone in modo da avere volontari davvero motivati e dotati di grande spirito di solidarietà”, ha spiegato Mario Furlan.

FORMAZIONE. Il primo gruppo di volontari, che è già stato individuato, frequenterà un corso intensivo nel prossimo fine settimana e dopo aver superato un esame potrà entrare in servizio, tenendo conto delle indicazioni dell’Amministrazione. Tra i luoghi che potrebbero vedere la presenza dei City Angels il parco delle Cascine e la zona della stazione. Per informazioni ed eventuali adesioni inviare una email a [email protected]

Madonna? Faceva jogging sui lungarni

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“Ebbene sì è apparsa la Madonna. O meglio la signora Ciccone in carne e ossa”, scriveva la Nazione quasi 25 anni fa, il 7 settembre 1987. Era il day after del primo, grande concerto a Firenze di un astro nascente della musica pop, anzi di una rockstar come veniva chiamata ai tempi.

ASTRO NASCENTE. Lo stadio Franchi era la tappa finale del tour mondiale, il primo per una 29enne che già aveva cambiato look una manciata di volte. Il capello corto e biondo, insieme alla guepiere con i seni a punta, riportano ad atmosfere passate. Tempi in cui la città impazzì per un’americana minuta che urlava “Siete caldi?”. La lussureggiante dimora scelta dalla cantante, Villa La Massa nelle campagne di Candeli, era assediata dai fan, giorno e notte. La suite era la numero 34, dotata – per l’occasione – di uno specchio in cui la Material Girl poteva rimirarsi a figura intera. In suo onore fu organizzata una cena esclusiva, riferiscono le cronache di quegli anni, che contava una dozzina di invitati in tutto, tra cui il regista Franco Zeffirelli e la marchesa Bona Frescobaldi. Madonna espresse anche il desiderio di incontrare Cicciolina, ma l’allora onorevole Staller disertò l’incontro fiorentino a causa di “impegni improrogabili”.

CITTA’ SOTTOSOPRA. La città fu messa sottosopra. Il traffico andò in tilt durante la prima uscita di shopping della popstar, che a bordo di un’Alfa 164 fiammante si diresse in una gioielleria di Ponte Vecchio. Il giro di compere finì poco dopo, accerchiata com’era da fan e dagli inseparabili gorilla. Le stesse guardie del corpo che la seguivano nelle sedute di jogging. Per due giorni la diva si presentò in tenuta sportiva, calzoncini neri, maglietta bianca e occhiale da sole, sui lungarni, percorrendo ponte da Verrazzano e poi giù per qualche chilometro fino ai viali di circonvallazione. Dietro di lei un nugolo di ammiratori a piedi e in motorino.

IL CONCERTO. Infine arrivò il momento del concerto, sold out: 57.117 biglietti staccati, ma “solo” 10mila persone poterono accedere al prato di fronte al palco. Il giorno del grande evento, domenica 6 settembre, tutta l’area intorno allo stadio fu chiusa la traffico, alcune strade furono addirittura interdette ai pedoni, se non muniti di regolare ticket. Lo show vide sette cambi di abito, frasi in un italiano un po’ stentato (“Balli con me”, “Ciao Italia”) e un bis sulle note de La Isla Bonita, Who’s That Girl, Holiday. Un concerto fotocopia rispetto a quello andato in scena due giorni prima a Torino e trasmesso in diretta tv Rai, ma con un ciuffo in meno. Sì, una bella ciocca di capelli. Il ballerino 13enne che accompagnava sul palco miss Ciccone, tale Chris Finch, mentre si esercitava in camerino batté la testa contro un vaso. Risultato: sei punti di sutura e testolina mezza rapata, tra le proteste delle guardie del corpo. “Se lei se ne accorge – mugugnarono al medico che intervenne – sono guai”. Ma si sa, negli anni ’80 il ciuffo era uno status symbol. Anche per Madonna.

LA GRANDE ATTESA: La regina è tornata: ufficializzato il concerto di Madonna / VIDEOMadonna a Firenze, tutto sui bigliettiMadonna: mezz’ora e il prato (sembra) tutto esaurito

Concordia, identificati i cinque corpi recuperati lo scorso marzo

Sono stati identificati i cinque corpi recuperati a bordo della Costa Concordia lo scorso 26 marzo.

LE CINQUE VITTIME. Dopo circa venti giorni di attesa la Prefettura di Grosseto ha comunicato i risultati della comparazione del Dna. I cinque corpi delle vittime recuperate a bordo della Concordia lo scorso 26 marzo apparterrebbero a Giuseppe Girolamo, il 30enne membro dell’equipaggio; Ganz Christina Mathi e Ganz Norbert Josef, passeggeri tedeschi e i due americani Barbara e Gerald Heil.

LE SALME. I cinque corpi, la cui identificazione è stata resa nota pochi minuti fa, sono stati individuati lo scorso giovedì 22 marzo sotto il ponte 3, tra lo scafo e la roccia del fondale dell’isola del Giglio. Le operazioni per il recupero sono iniziate la mattina del 26 marzo e nel tardo pomeriggio, sono state portate tutte sulla terra ferma. Le operazioni sono state condotte dai sommozzatori del corpo nazionale dei Vigili del fuoco, dei Gos della Marina militare, della Guardia costiera e della Polizia. E dopo venti giorni di attesa, finalmente hanno un nome.

I DISPERSI. Ma all’appello mancano ancora due persone: Rebello Russel Terence, il membro dell’equipaggio originario dell’India e la passeggera italiana Maria Grazia Trecarichi. Un’attesa per i familiari dei due dispersi, che sembra non avere fine.

Costa, il radar di bordo aveva evidenziato problemi

 

Il Codacons ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Civitavecchia chiedendo di indagare sul corretto funzionamento delle strumentazioni di bordo della Concordia.

CONTROLLI. Nell’esposto si legge ”Di recente sarebbe emerso che la Frm (scatola nera) a bordo della nave non funzionasse dalle 15 circa del 9 Gennaio (4 giorni prima dell’incidente); il radar di bordo aveva evidenziato problemi nei giorni che immediatamente precedettero il tragico evento”. Il Codancos quindi chiede di indagare sul corretto funzionamento delle strumentazioni d bordo della Costa Concordia al momento della partenza dal porto di Civitavecchia e sui controlli eseguiti dalla Capitaneria di Porto.

”CARETAKING”. Ieri sono proseguite le attività di ”caretaking”. I tecnici delle società Smit e Neri sono stati impegnati nel recupero dal fondale dei materiali e degli oggetti usciti dalla nave Costa Concordia, trasportati poi a Talamone dal motopontone Marzocco. Qui il materiale recuperato è stato trasferito nel sito di stoccaggio in attesa di essere smaltito.

MOVIMENTI. Nel fine settimana, a causa della cattive condizioni meteo marine, la Costa Concordia si sarebbe spostata di circa cinque centimetri verso il fondale più profondo. Lo spostamento è stato rilevato durante il monitoraggio ordinario effettuato dal personale subacqueo della Polizia di Stato.

UN BILANCIO. Tracciando un bilancio dei lavori e delle attività svolte in questi ultimi tre mesi, dalla notte del 13 gennaio scorso, risulta che dal relitto sono stati estratti 2.042,5 metri cubi di idrocarburi e 240 metri cubi di acque nere, scongiurando così un pericolo che gravava sull’ecosistema marino. La salute del mare è quotidianamente e costantemente monitorata dalle analisi di Ispra e Arpat. Le attenzioni adesso si è spostata sui piani per il recupero del relitto. La nave verrà rimossa nei tempi utili e scegliendo la soluzione che riduca al minimo l’impatto ambientale. Ma si attendono anche, e ancora, i risultati della comparazione del Dna sui corpi delle 5 vittime recuperate lo scorso 26 marzo, ma anche il recupero degli ultimi due corpi che si troverebbero a bordo della Concordia.

Bamboccioni, il prezzo (salato) della libertà

Bamboccioni in procinto di lasciare il focolare domestico, non fatelo. O almeno pensateci bene e fatevi due conti in tasca, perché il prezzo della libertà è alto, ben più alto di quel che immaginate.

SPESE “OCCULTE”. Se pensavate di cavarvela con affitto e cibo dovrete ricredervi in fretta. Metter su casa da soli, infatti, comporta una serie di spese “occulte” capaci di far tornare indietro anche il più cocciuto figlio ribelle. Tanto per cominciare non basta il canone mensile (o la prima rata del mutuo) per assicurarsi un tetto sulla testa: bisogna mettere in conto la caparra (un paio di mesi di affitto se va bene, fino a quattro per i meno fortunati) e, se ve ne siete serviti, le spese di agenzia (un altro mese di affitto). Anche il bonifico in automatico da parte della banca si paga a caro prezzo. Ma il problema si può risolvere attivando il cosiddetto “home banking” e sbrigandosi da soli sul web le proprie operazioni. Sempre che vi appuntiate sul calendario le scadenze da rispettare e non vi scordiate immediatamente il codice di accesso.

RESIDENZA. A proposito di internet, ci sono da calcolare anche le spese telefoniche: fate bene i vostri conti, perché il panorama delle offerte è tanto vasto da perdercisi dentro. Altra manovra da fare subito: intestarsi le bollette. Tra gas, luce e acqua la missione “volture” vi porterà via quasi 300 euro (senza contare i consumi). E ricordatevi di controllare spesso la cassetta delle lettere, perché i primi bollettini non tarderanno tre mesi, ma solo venti giorni. Raccomandazione per tutti i novizi: prendere la residenza fa risparmiare qualcosa sulle bollette e non costa niente, basta fare un viaggetto all’anagrafe. Altro discorso per la posta: esiste un sistema semplice e indolore per far arrivare le lettere al nuovo indirizzo senza mettersi a comunicarlo a tutti. Il servizio è offerto dalle Poste, ma ovviamente si paga. Meglio, forse, fare un salto alla vecchia casa di famiglia di tanto in tanto e prendersi la corrispondenza di persona: sia il portafogli che i genitori se ne rallegreranno.

TRASLOCO. Immancabilmente arriverà anche il canone Rai, e l’esanime conto corrente si alleggerirà di un altro centinaio di euro. Da mettere in conto la spesa di un paio di stipendi in arredamento, ringraziando i grandi magazzini del mobile (sempre che decidiate che il divano può attendere). Se poi avete la fortuna di portarvi dietro qualcosa dalla vecchia cameretta, calcolate comunque un altro bigliettone verde per il trasloco, a meno che non possiate contare su amici dotati di braccia forti, furgone e buona volontà. Impensabile, poi, di ritrovarsi in un colpo solo fuori portata mamma e lavatrice: bisognerà mettersi una mano sul cuore e portare l’altra alla carta di credito per l’ennesima volta. E visto che siamo nel reparto casalinghi andrà a finire che si riempirà un altro carrello con presine da cucina, scolapaste, pentole e piatti. Ma su questo fronte sentitevi liberi di investire: sono cose destinate a seguirvi di casa in casa. A meno che, a questo punto, non abbiate deciso di ripiegare le ali e restare nel nido paterno.

Una corsa (a ostacoli) sui pedali in città

Lungarno della Zecca Vecchia, un motorino sfreccia a tutta birra. Niente di nuovo, se non fosse che il centauro sta correndo sulla pista riservata alle bici, in una “zona 30” a velocità limitata.

SULLE PISTE. Percorso ciclabile di viale Gramsci, stessa scena: un pony express in scooter fa lo slalom tra i ciclisti prima di accostare per la sua consegna. Pista di lungarno Pecori Giraldi: qui la gimkana devono farla le bici, tra le buche e la discarica a cielo aperto che ne copre il tracciato. Poche e trasandate: i 60 chilometri di piste ciclabili di Firenze non sono un’isola felice per i biker. Il Reporter ne ha testata una fetta da nord a sud della città. Il risultato? Deludente. I percorsi a singhiozzo sembrano non avere una logica di collegamento precisa. I tronconi si interrompono senza preavviso e segnaletica: di botto il ciclista si trova in mezzo agli incroci alla mercé del traffico. In viale Redi la summa della pista spezzatino: il percorso ciclabile muore al ponte sul Mugnone e, prima di ricollegarsi a quello in via di Novoli, chi è in bici deve riuscire a sopravvivere alla rotatoria con via Forlanini, priva di attraversamenti adeguati. Da lì, nessun prolungamento per raggiungere il polo universitario.

DIFFICOLTA’. Per il nuovo palazzo di giustizia c’è un moncone isolato in viale Guidoni. La situazione più critica è proprio nel versante nord della città: le piste sono quasi una chimera. La stazione di Rifredi e l’ospedale di Careggi, servito solo da un breve tracciato su viale Morgagni, sono off limits per chi viaggia sui pedali. Goccia in mezzo al mare, la nuova pista di via Panciatichi. Lungo la tramvia sono spuntate una pista in via del Sansovino e una in viale Talenti: ma la felicità per i ciclisti dura poche decine di metri. Mozzate all’improvviso anche le piste di via Tornabuoni e via Cavour, in centro. Qui, altra difficoltà sono le zone pedonali a senso unico. In Borgo la Croce, lungarno Corsini, ponte Santa Trinita e ponte alla Carraia le bici in contromano rischiano la multa. Idem in via de’ Cerretani, che costringe a un giro pesca i ciclisti diretti al Duomo. Noi passiamo e “tagliamo” lo stesso. Ci sono i vigili, ma chiudono un occhio e l’altro pure. Gli attraversamenti sono un rebus. Dovrebbero essere colorati di rosso come le piste e distinti dai passaggi pedonali. Invece, spesso l’attraversamento c’è ma non si vede: sbiadito dal tempo, come in Borgo Pinti o in piazzale Donatello, o eliminato per lavori in corso e mai ripristinato, come in via dell’Agnolo e in viale Lavagnini alla Fortezza.

CONTROLLI. Per attraversare in bici “sgomitiamo” tra i pedoni. Un labirinto l’attraversamento di lungarno Ferrucci: si dovrebbe fare il giro della piazza, passando quattro semafori e un’isola col ghiaino. Alla fine tutti tagliano la semicurva sul ponte per ricongiungersi alla pista di lungarno Cellini. Solitario, su viale Michelangelo, l’unico semaforo a chiamata per bici della città. Sempre a sud, binario morto è la pista di via Erbosa, che finisce nel nulla con uno scalino transennato. Quella di piazza Alberti svanisce nel sottopasso di Campo di Marte, trasformata in un cordolo di gomma ripido, stretto e scivoloso. “Indecente”, commenta un anziano che ha faticato a tenere in equilibrio la sua bici. Su via Lungo l’Affrico la pista è “da cross”. Per le radici degli alberi e per le lingue di ferro alte qualche centimetro che sbucano da terra, vecchi residuati delle transenne delle corsie. Come se non bastasse, ecco i nuovi barbari: gli scooter invasori, che nelle piste ciclabili trovano scorciatoie al traffico. Chi controlla? I vigili in bici a Firenze sono solo otto.