mercoledì, 13 Novembre 2024
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Fare pace con l’Arno

Dopo anni di paura, la città si riavvicina al suo fiume. E ora sogna un nuovo spazio pubblico lungo le sponde

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Alla furia violenta della grande alluvione Firenze reagì con rabbia, ingabbiando il suo fiume tra spallette più alte, facendo dei lungarni i corridoi di scorrimento dai quali, al massimo, l’acqua si guarda a distanza. Rinnegò d’essere una città di fiume: l’Arno dei mulini e delle gualchiere, dei barchetti con le merci e di quelli con la gente, l’Arno dei navicellai, dei renai, dei bagnanti e dei pescatori venne lasciato alle cartoline d’epoca. Da allora serve a essere scavalcato, rimasto solo a segnare un “di qua” e un “di là” (Diladdarno, appunto). La sua potenza distruttrice si è rivelata più volte, nei secoli. Possibile però che il fiume abbia perso la forza vitale, che è ragione stessa della nascita e dello sviluppo di Firenze? Ora che le sue acque non servono agli usi tradizionali – nell’agricoltura, nell’industria, nel lavoro e nei trasporti – davvero il tratto urbano dell’Arno non trova altro scopo se non quello di separare?

In giro per il mondo, specie dove i fiumi venivano trattati come un problema, nascosti sotto al cemento o inquinati al punto di mettere a rischio la pubblica salute, c’è una tendenza diffusa a riscoprirsi città d’acqua. Alcuni sorprendenti programmi di rigenerazione urbana compiuti di recente sono riusciti a ricostruire la percezione dell’ambiente fluviale, mettendolo al centro del discorso cittadino, le sue sponde convertite in nuovi spazi pubblici per le relazioni. Un modo per rispondere, peraltro, al bisogno di decentralizzare le attività dai circuiti del turismo e del commercio.

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Anche Firenze ricomincia a guardare all’Arno senza paura. Ogni trauma richiede tempo prima d’esser processato, ma a cinquantatré anni dall’alluvione, con oltre metà della popolazione oggi residente che nel 1966 ancora doveva nascere, è il momento che la città si riavvicini al suo fiume. Ne parliamo in questo numero di novembre, mese tradizionalmente dedicato alla commemorazione della tragedia, perché continuando a ricordare si riesca anche a scacciarne lo spettro. Sicurezza, prevenzione e conoscenza sono le chiavi per far tornare l’Arno a fare il fiume: non più qualcosa che separa, ma un potente canale che unisce.

Arno da vivere

C’è uno spazio enorme che passa la città da parte a parte, dalla periferia al centro e di nuovo alla periferia. Molti lo vedono tutti i giorni e solo allora si ricordano che sta lì, magari innervositi dal tempo che si perde per attraversarlo. Un bel paradosso in una città che reclama spazi per decentralizzare le attività del tempo libero e decongestionare il centro storico. Dall’alluvione del 1966, l’Arno ha vissuto da intruso nella casa dei fiorentini, punito per aver voltato le spalle alla città.

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Se il tempo sana le ferite, un piano di manutenzione e messa in sicurezza aiuta a superare la paura: che sia il momento giusto per ricostruire il rapporto tra Firenze e il suo fiume? Per riportare l’Arno a essere quello che è stato nei secoli, uno spazio pubblico di incontro, condivisione e lavoro? Altre città ce l’hanno fatta e anche a Firenze, negli ultimi anni, c’è chi ha timidamente cominciato a ripopolare le sponde.

Dopo anni di paura, la città si riavvicina al suo fiume. E ora sogna un nuovo spazio pubblico lungo le sponde

Manca però una visione d’insieme coerente, un percorso collettivo che definisca la nuova identità urbana dell’Arno. Manca, secondo l’associazione Vivi l’Arno, una “cultura del fiume”. Nata anche per questo, nel mese di novembre l’associazione proporrà una mostra e un calendario di iniziative (vedi sotto) tutte dedicate al fiume.

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Ma che cos’è questa cultura del fiume? “È la percezione del fiume come risorsa vitale fondamentale”, spiega Erasmo D’Angelis, tra i fondatori dell’associazione Vivi l’Arno e curatore della mostra. “Le città come Firenze che hanno avuto alluvioni devastanti – continua – tendono a rimuovere non soltanto l’evento doloroso, ma anche il fatto stesso che c’è un fiume. Eppure oggi l’Arno è il più pulito tra i grandi fiumi europei, l’unico tra questi che non riceve scarichi fognari o industriali. L’unico in Italia sul quale si stanno realizzando grandi opere per la sicurezza, alcune già concluse. Ci sono tante cose che possono nascere sul fiume e intorno al fiume”.

Ad esempio? “Ristoranti, luoghi di socializzazione, eventi. Basta guardare alle capitali europee: a Parigi c’è una piscina nella Senna con acqua autodepurata. Pensiamo di poterla portare anche nell’Arno la prossima estate”. Come si cambia la percezione dell’Arno? “Il punto è superare la paura del fiume. Questo è il messaggio culturale che sta dietro alla nostra iniziativa. L’Arno è un amico. Basta abbattere la barriera del ricordo dell’alluvione e ritrovare la confidenza che, storicamente, c’è sempre stata tra la città e il suo fiume”.

Il mese del fiume

Arno, Ponte Santa Trinita

Una mostra multimediale, convegni, incontri con esperti, video e performance, per parlare di pianificazione, memoria e gestione del rischio. Si chiama Arno. Pulito. Sicuro. Da vivere la rassegna tutta dedicata al fiume di Firenze (e della Toscana) in programma dal 4 al 21 novembre allo spazio espositivo Carlo Azeglio Ciampi, in via de’ Pucci 16. Ci sarà anche un concorso di idee riservato agli studenti che vorranno immaginare la soluzione più creativa per valorizzare i corsi d’acqua urbani.

Tutte le informazioni e il calendario completo delle iniziative su www.vivilarno.it.

Dove il fiume è tornato a scorrere

Da problema a cuore della vita cittadina: sei progetti di rigenerazione fluviale che hanno avuto successo.

Chicago

Cuyahoga, Chicago

La Rust Belt americana dice tutto del rapporto tra città e fiumi agli albori dell’era industriale: a Cleveland, nel 1969, il Cuyahoga prese letteralmente fuoco tanto era inquinato. A Chicago si costruì una serie di canali per invertire la corrente del fiume omonimo ed evitare che contaminasse quelle del Lago Michigan.

Oggi la Chicago Riverwalk è un percorso pedonale con bar, ristoranti, noleggio di kayak e battelli, giardino acquatico galleggiante. Poco più a monte nascerà il Wild Mile, un ecoparco unico al mondo che celebra la salvaguardia di flora e fauna nel cuore della metropoli.

New York

Hudson, New York

Manhattan è una città tra due fiumi, l’Hudson e l’East River. L’uragano Sandy del 2012 ha ricordato l’urgenza di rimetterli al centro della pianificazione urbanistica: l’innalzamento delle acque è una seria minaccia per una delle aree più densamente popolate del mondo. Il progetto “Big U” è un sistema di protezione delle sponde che abbraccia Lower Manhattan per 12 km formando, appunto, una grande “U” fatta di infrastrutture sociali, giardini e spazi verdi che in caso di inondazioni funzionano come barriera. E sull’East River, un tempo uno dei fiumi più inquinati del mondo, nascerà una piscina di acqua filtrata a misura di famiglia.

Parigi

Senna, Parigi

Forse non c’è un tratto urbano di fiume così impresso nell’immaginario collettivo come quello della Senna a Parigi. La capitale parigina non ha mai messo in discussione la centralità delle sue acque, ancora oggi un riferimento per la pianificazione urbanistica in Europa. La spiaggia metropolitana allestita ogni estate sulla rive droite dal 2002 è un’idea da allora copiata in tutto il mondo. E le Berges de Seine, la promenade di 2,3 chilometri tra spazi a filo d’acqua, un giardino galleggiante in cinque isole e un fitto calendario di iniziative all’aria aperta, hanno rafforzato i lungosenna come cuore della vita cittadina.

Seul

Cheong Gye Cheon, Seul

Vent’anni fa il canale Cheong Gye Cheon era invisibile, coperto da una delle principali arterie stradali della città. Dal 2005 i suoi 11 chilometri di sponde disegnano una lunga linea verde che taglia la città, un parco pedonale i cui spazi si adattano al livello dell’acqua, prevenendo allo stesso tempo i rischi della stagione dei monsoni. C’è voluto un investimento gigantesco (pari a 700 milioni di euro) ma il fiume si è ripopolato di specie animali e piante acquatiche e tutta l’area è oggi uno degli spazi più amati da residenti e turisti.

Lione

Rodano, Lione

Per anni le sponde del Rodano sono servite come parcheggio. Oggi le auto sono messe al bando e il centro di Lione è un parco lineare di 100 ettari con viali alberati, giardini e un’ampia gradinata che dal 2007, anno dell’inaugurazione, ha riportato i cittadini a contatto con lo spazio naturale. Lo hanno chiesto loro stessi: il progetto nasce anche dalle suggestioni dei residenti, raccolte con un processo partecipativo. Niente di avveniristico, ma una soluzione, funzionale, essenziale ed esteticamente gradevole. Tanto basta.

Medellín

Medellín, Medellín

Parques del Río, un enorme progetto di recupero ambientale e funzionale che sta riportando il fiume nel luogo che gli spetta: al centro esatto della città, una delle più vibranti del Sudamerica dal punto di vista urbanistico e non solo.

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Un progetto per Firenze: il parco lineare dell’Arno

Giardini pedonali sulle sponde, piattaforme galleggianti, un ponte pedonale tra una riva e l’altra. Nardella riscopre la proposta Rogers-Cantella: “Obiettivo di mandato”

Èrimasto chiuso in un cassetto per 36 anni ma, soffiata via la polvere, si è riscoperto più attuale di allora. Nel 1983 due architetti molto legati a Firenze, Richard Rogers e Claudio Cantella, firmarono un progetto per trasformare le sponde dell’Arno in uno spazio pubblico, un parco lineare che riavvicinasse la città al suo fiume. Che oggi, in una versione rivista e ampliata, potrebbe creare un asse di connessione tra la parte est della città e quella a ovest, tra centro e periferie.

Rendering del progetto Rogers-Cantella per un parco lineare dell’Arno, nella versione aggiornata al 2019. Vista dell’Arno dal Ponte alle Grazie verso Ponte Vecchio .

Lo ha rispolverato il sindaco Dario Nardella, annunciando che di volerlo realizzare entro il suo mandato. Il progetto prevede che al confine occidentale, al Poderaccio, nasca un parco di edutainment sul tema dell’acqua, tagliato a metà dall’estuario della Greve. Sulla sponda opposta, a Le Piagge, un campus universitario per lo studio dei cambiamenti climatici. E un nuovo ponte a collegare le due rive.

Rendering del progetto Rogers-Cantella per un parco lineare dell’Arno, nella versione aggiornata al 2019. Le sponde dell’Arno accessibili dagli Uffizi e Lungarno Torrigiani.

All’altro capo di Firenze nascerebbe invece il parco lineare immaginato da Rogers e Cantella lungo tutto il tratto urbano del fiume, dal centro storico a San Niccolò, dal Lungarno del Tempio a Bellariva e fino all’Albereta, a Gavinana e alla Nave a Rovezzano. Un sistema di percorsi pedonali e ciclabili al livello del fiume, su entrambi i lati, raggiungibili da una serie di punti di discesa, con strutture per il tempo libero, il canottaggio e la navigazione. E dove non esistono le sponde, la passeggiata proseguirebbe su delle passerelle mobili temporanee, facili da smontare in caso di piena.

Rendering del progetto Rogers-Cantella per un parco lineare dell’Arno, nella versione aggiornata al 2019. La passerella pedonale per Porta San Niccolò

Con una porta d’accesso dal centro storico su Lungarno della Zecca Vecchia e, soprattutto, una nuova passerella pedonale per attraversare l’Arno dalla sponda nord a Porta San Niccolò. Il tutto seguendo il ciclo naturale: nelle stagioni fredde, quando il livello sale, i percorsi scompaiono sott’acqua, per ricomparire poi in primavera, al ritorno della bella stagione. 

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