Bimbo mio, quanto mi costi. Mille euro e più
Piccini son piccini. Ma quando arrivano, i fardelli delle cicogne, si fanno sentire. Perché insieme ai bambini formato tascabile, arrivano anche le spese. Quelle di tutti giorni, quelle una tantum, quelle impreviste, quelle di rito: pannolini, biberon, carrozzine, asili nido, pappe e chi più ne ha più ne metta. Nel carrello della spesa per un neonato, trovano spazio un sacco di necessità, che a fine mese appesantiscono il bilancio familiare. E non di poco. Proviamo a fare il gioco della spesa per il bebè.
Quello che i futuri babbi e mamme si trovano di fronte è uno scontrino bello fitto, che inizia ad allungarsi già prima che in casa approdi il nuovo inquilino. Uno dei primi investimenti dei futuri genitori sono gli arredi e gli accessori. Nel gergo del marketing per l’infanzia, c’è un particolare congegno che si chiama “Trio”: ovvero una sorta di carrozzina smontabile, che all’occorrenza diventa passeggino più culla o seggiolino per auto. Per questo tipo di “mezzo di trasporto” il prezzo medio, in un negozio di Firenze, si aggira intorno ai 500 euro per le grandi marche, sui 300 per quelle meno patinate. Una carrozzina classica, quelle vecchio stile, quattro ruote, coperta in alto, e via andare, costa invece mediamente 400 euro, ai quali a quel punto vanno aggiunti altri soldini per il passeggino per quando il neonato cresce (mediamente un centinaio d’euro se ci si accontenta di modelli non troppo elaborati) e un altro piccolo (?) budget per il seggiolone auto, attestato intorno ai 90 euro. Salvo imbattersi in offerte particolari, che qualche volta si trovano. Non siamo ancora nati, eppure abbiamo già speso – mediamente – una cifra che supera i mille euro, ai quali ne vanno aggiunti mediamente altri 250-300 per una culla.
Poi arriva la cicogna, ma si scorda di lasciare il carico di pannolini per il neonato, e dunque i genitori si sobbarcano una spesa mensile intorno ai 60 euro. Poi ancora il bebè viene svezzato (nell’ipotesi fortunata che la mamma non abbia avuto bisogno di allattarlo artificialmente, e in quel caso la spesa comincia prima) e si apre la stagione delle pappe: una confezione di omogeneizzati costa mediamente 2 euro e qualcosa. A queste spese vanno aggiunte quelle per il vestiario del bambino, difficili per la verità da calcolare: ma basta pensare che, chi non ha la fortuna di avere già bimbi più grandicelli e di riciclare i vestiti, per una tutina (che dura quel che dura perché i bebè crescono veloci) spende sui 12 euro in un negozio di abbigliamento della grande distribuzione.
A tutto questo, che rappresenta solo un campione, e al quale si potrebbero aggiungere un’infinità di accessori (dallo sterilizzatore all’altoparlante per sentire se il bambino piange, al cuscino antisoffocamento e via dicendo), per i primi anni di vita di un bambino bisogna mettere in conto anche la spesa per l’asilo. A Firenze, nel 2007-2008, per tenere un bimbo da 0 a 3 anni all’asilo comunale con orario normale (7.30/16.30) una famiglia ha speso dai 63 ai 353 euro al mese, a seconda della fascia di reddito.
Laureanda, ventiquattro anni e neo-mamma
Ventiquattro anni sono pochini, di questi tempi. Sono ancora quelli in cui chiedi agli amici “a che ora ci si becca stasera?”, quelli in cui un contratto fisso è un’immagine sfuocata, a volte quelli in cui sei in mezzo ai libri e ti prepari per il prossimo appello. Oppure ventiquattro anni possono essere questo. Che un’estate vai in Grecia con gli amici, la sera esci e non rinunci al cocktail, poi torni a casa e scopri che sei incinta. Da-dan. In quel momento le lancette dell’orologio si inchiodano cinque minuti, in pochi istanti cambia tutto e loro (le lancette) iniziano a girare in un’altra maniera. Al ritmo delle poppate, dei pannolini, delle ninne nanne, del profumo di borotalco.
È la storia di Alessandra, della sua età si è detto, neomamma fiorentina assolutamente atipica. Intanto è una quasi-filosofa, nel senso che fra pochi mesi prenderà la laurea specialistica in filosofia. Nel frattempo però Socrate e Platone li ha momentaneamente congedati, e fra le braccia ha un bimbo formato mignon, di soli 3 mesi. E alla laurea ci si pensa a settembre, quando si finisce di allattarlo. Atipica, si diceva. Perché – e lo riconosce lei per prima – è una donna “privilegiata”, a cui la cicogna ha fatto visita senza imporre dilemmi esistenziali: sono incinta? Ok. Ho la fortuna di avere una famiglia alle spalle e una casa tutta mia dove stare, avanti con la vita. E così è stato. Quando hanno scoperto di essere incinti, Alessandra e Francesco, il suo fidanzato, non si sono scandalizzati troppo. Valige baracca e burattini, e sono andati a convivere. La casa c’era già, per fortuna, e ancora per fortuna c’erano nonni premurosi che hanno pensato al resto, passeggino lettino fasciatoio eccetera eccetera.
“I miei genitori mi aiutano ancora economicamente – racconta Alessandra – e riconosco di essere fortunata”. Il suo fidanzato – o compagno, come si dice di questi tempi – è laureando anche lui: studia psicologia, fa lavori saltuari come operatore a fianco di ragazzi disabili, e arrotonda giocando a calcio in attesa di diventare psicologo a tutti gli effetti. È una coppia particolare, lo sappiamo, e non se la prenda chi per fare il genitore ha dovuto invece pagare un prezzo altissimo. Sono genitori giovani, rispetto alla media, e meno preoccupati del futuro di quanto lo siano tanti loro “colleghi” che alle spalle non hanno una famiglia che garantisce anche il sostegno economico. “Chiaramente abbiamo iniziato a stare più attenti ai soldi che escono – spiega la neomamma – che per ora non sono particolarmente tanti, se non per la spesa dei pannolini, circa quindici euro a settimana. Più avanti ci arrangeremo, io inizierò a lavorare”.
Del resto, Alessandra fa notare una cosa: “Siamo felici, affiatati, stavamo insieme già da cinque anni: questo bambino lo volevamo. Vorrà dire che faremo qualche rinuncia, se ci sarà da farne”.