Il lavoro se ne va, e 136mila persone lo cercano disperatamente. Ma quando c’è, è solo ”intermittente”. I contratti a tempo indeterminato possono essere inseriti nell’elenco ”bei ricordi”. Ma calano anche quelli a tempo, mentre è boom delle prestazioni a chiamata. La Toscana è sempre più povera e precaria.
LAVORO ADDIO. E’ nera la fotografia della situazione economica e sociale della regione scattata dal rapporto Ires – Cgil e relativa ai primi tre mesi del 2012. Il lavoro a tempo indeterminato quasi non esiste più: è sceso in picchiata del 13% rispetto allo stesso periodo del 2011. L’89% degli avviamenti, così, oggi è a orologeria.
LAVORO A CHIAMATA. Tra questi, i più tutelati erano i rapporti interinali. Ma anch’essi hanno perso terreno, scesi del 26%. Da padrone, oggi, la fa il lavoro a chiamata, massimo simbolo di precarietà. Nel giro di un anno è aumentato del 70%, un vero e proprio boom.
CIG E MOBILITA’. Stabile la cassa integrazione (23,3 milioni di ore), esplode invece la mobilità, l’anticamera del licenziamento, salita del 20% nel primo trimestre 2012 rispetto al 2011. Sale il numero di chi percepisce l’assegno di disoccupazione: 52mila in Toscana, +19%. In modo particolare la mobilità cresce maggiormente nelle province di Lucca (+ 41%) e Siena con (+50%) mentre la disoccupazione ordinaria cresce in maggior misura a Prato ( +43%) ed Arezzo (+40%).
IN CERCA DI LAVORO. In totale le persone in cerca di lavoro in Toscana sono 136mila. La disoccupazione maschile è all’8,5%: siamo tornati indietro di vent’anni.
L’INDUSTRIA. La produzione industriale scende del 4,2%. Il guizzo dell’export (+400milioni). In affanno tutti i settori, afflitti da una costante contrazione dei consumi e della domanda interna.
I REDDITI. I redditi sono sempre più magri e in città come Arezzo e Grosseto sono stati sforbiciati in media di 700 e 900 annui.
”AVVITAMENTO DRAMMATICO”. Di ”avvitamento dramamtico dell’economia” parla Daniele Quiriconi, responsabile mercato del lavoro della Cgil Toscana. Un quadro che secondo Quiriconi non potrà che peggiorare ” con le politiche di rigore e la ‘spending review'”.