“A causa dei tagli decisi dal Governo, quest’anno al carcere di Sollicciano ci saranno 6 classi in meno per le Superiori. Sarà attivata soltanto una 5^, tra l’altro a metà tra tecnico e professionale. Ciò significa che il prossimo anno, a conclusione del ciclo, l’istruzione Superiore sparirà del tutto da Sollicciano. E’ un fatto incredibile e gravissimo che non accettiamo: l’istruzione carceraria si è sempre fatta, fin dai tempi dello Statuto albertino”.
LA RABBIA DELL’ASSESSORE. Con queste parole Giovanni Di Fede, assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Firenze, è intervenuto nel corso della conferenza stampa che si è svolta questa mattina all’interno del carcere circondariale fiorentino, alla presenza del direttore della struttura carceraria Oreste Cacurri e del responsabile dell’area pedagogica Gianfranco Politi.
PRIMA VOLTA CHE SI NEGA L’ISTRUZIONE IN CARCERE. “Per la prima volta – ha aggiunto l’Assessore provinciale – A Sollicciano viene negata una opportunità di reinserimento sociale prevista dall’articolo 27 della Costituzione: come si può tendere alla rieducazione del condannato se non è più possibile fare educazione nelle carceri?”
UN CENTINAIO I DETENUTI PRIVATI DELL’ISTRUZIONE. Secondo quanto indicato dall’assessore Di Fede saranno circa un centinaio i detenuti di Sollicciano – di cui 25 nuovi iscritti alla prima classe – che non potranno più usufruire dell’educazione scolastica.
“Inoltre – conferma Di Fede – abbiamo ricevuto anche richieste di materiali e di strumenti didattici da parte del direttore del carcere di Sollicciano, a cui sicuramente faremo fronte”.
6 CLASSI CANCELLATE. Per il direttore del carcere, Oreste Cacurri “La cancellazione di 6 classi delle Superiori diventa anche una questione di sicurezza all’interno di un carcere che ha tutti i problemi legati all’eccessivo affollamento della struttura”.
“A oggi – prosegue il direttore – ospitiamo 1013 detenuti, più del doppio di quanto previsto. La scuola, oltre a garantire la possibilità di istruzione, era anche un modo per allentare le inevitabili tensioni interne alla popolazione carceraria. Se si toglie anche questa possibilità, la situazione si fa davvero difficile”.