mercoledì, 24 Aprile 2024
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All’Obihall rivivono le parole di Gaber, Pasolini e Luporini

Al teatro Obihall va in scena lo spettacolo che riporta in auge i testi partoriti da due menti non omologate: un po' eretici e un po' corsari

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 Si intitola Eretici e Corsari lo spettacolo che mercoledì 15 andrà in scena all’Obihall  e vedrà Claudio Gioè e Neri Marcorè. calarsi nei panni di due tra i più enigmatici, amati e intelligenti autori italiani del Novecento. Il testo, la cui regia è firmata da Giorgio Gallone, affonda le sue radici in un passato nemmeno troppo lontano. Tutto comincia  a metà degli anni ’70, quando Pier Paolo Pasolini scrive e pubblica “Scritti corsari”, una raccolta di articoli e riflessioni sulla trasformazione dell’Italia di quegli anni. In una intervista Gaber commenta “sviluppo senza progresso…mi sembra la sintesi più appropriata della nostra epoca”. Pasolini racconta un sistema che sta attuando un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità, che fonda il proprio potere su una ipnotica promessa di comodità e benessere, ma che in realtà sta trasformando il cittadino in un “uomo che solo consuma”; sottolinea altresì le eccezioni, le resistenze, le sopravvivenze, ma in sostanza tende a radiografare impietosamente il proprio tempo, esasperando talvolta l’analisi per chiedere almeno una reazione, per provocare una sorta di “captatio malevolentiae” da cui far nascere un dibattito non ipocrita.

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LA STORIA. In quegli stessi anni Gaber e Luporini non solo si muovono su una lunghezza d’onda analoga, mai bonariamente autoassolutoria, ma si nutrono e spesso condividono molte delle intuizioni pasoliniane, che trasformate e personalizzate, entrano in filigrana nei testi del teatro gaberiano.“ Eretici e corsari” all’Obihall il 15 febbraio alle 21, è uno spettacolo che si alimenta di questi materiali: monologhi, articoli, canzoni, frammenti di interviste di due artisti e intellettuali “non organici”, che non temono di compromettersi e di risultare anche scomodi, poeti d’opposizione, diversi nella libertà, che con lucida preveggenza ci svelano che “il futuro è già finito” e che sarebbe ora di tornare a privilegiare il “crescere” rispetto al “consumare”.

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