lunedì, 18 Novembre 2024
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Recensione Album Paolo Benvegnù “Hermann”

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Uscito a febbraio sotto un’aurea di mistero, Hermann arriva dopo nemmeno un anno dal bel Dissolution.

La storia, che ormai sembra puro racconto mitologico, parla dei Paolo Benvegnù che si imbattono e leggono un libro di tale Fulgenzio Innocenzi. Il titolo del manoscritto è appunto, Hermann, e ispirati decidono di scriverci un album.

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Di questo Fulgezio Innocenzi non si trova una riga in rete e sappiamo di lui solo che è: “Meccanico di Lucignano, noto per i suoi studi sulla scrittura ottica e sulla meccanica di precisione”. Tutto lascia pensare ad un gioco, un divertissement dei Paolo Benvegnù per loro e per il loro pubblico. 

Hermann è in qualche modo una sinfonia: ha poco senso soffermarsi su di un’unica canzone (movimento): la compiutezza la si trova nella bellezza del suo insieme. L’attenzione si rivolge alla storia umana. Come dei moderni Ulisse siamo costantemente in tensione per la conquista e l’impresa e la novità.

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L’intento è molto ambizioso e se i Paolo Benvegnù non hanno mai praticamente fatto un passo falso, questo potrebbe essere il primo. Forse troppo carico e non di facile lettura, non brutto, intendiamoci, ma troppo.

Difficile riuscire a rintracciare un filo d’Arianna, e la sensazione è quella di lasciarsi andare ad una corrente, senza indugiare troppo nel cercare di capirla. Ci troviamo di fronte ad un intricatissimo lungometraggio composto da tredici brani.

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Partiamo con Il pianeta perfetto con richiami sonori agli ultimi Afterhours per poi passare a Moses dove troviamo un ritornello chiaro marchio di fabbrica del gruppo. Molto intrigante e veramente bella la terzina formata da Love is talking. Quasi epica per la tensione che riesce a trasmettere, Ho visto un sogno, che passa dalla pop song di un certo spessore all’apogeo di archi per finire nel folk. Stessa misura e  attenzione nella non meno convincente Achab in New York. Chi ama i richiami musicali si accorgerà dell’incipit e dell’arrangiamento di Avanzate: molte sono le assonanze con Karma Police dei Radiohead. Non manca quindi un’intenzione nel voler prendere strade diversificate come in Good Morning, Mr. Monroe, quasi funky. 

Ma il tutto è un po’ prevedibile sopratutto nelle parti più pop piene d’archi. Quello che  non possiamo non notare è la direzione che questi brani intraprendono rispetto a quello estremamente autobiografico di Dissolution: Hermann è indirizzato per un collettivo e per una coralità e forse in questo è dispersivo.

Paolo Benvegnù è e rimane una delle migliori penne e menti d’Italia, ma la sensazione è che in questo album sia un pò sottotono.

E da lui non ci si aspetta mai.

 

Paolo Benvegnù in concerto A Firenze

2 Aprile

Viper Theatre

ore 21,30

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