venerdì, 29 Marzo 2024
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Almarina di Valeria Parrella. La recensione

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Elisabetta Maiorano ha cinquant’anni ed è un’insegnante di matematica. Dopo anni passati nelle scuole del Nord Italia viene chiamata ad insegnare nel carcere minorile di Nisida, in una piccola isola di fronte a Capri. Da poco vedova di Antonio, che le manca da morire, Elisabetta si rifugia nell’insegnamento, dando tutta se stessa in questa nuova esperienza totalmente diversa dalle scuole in cui aveva lavorato in precedenza. Non riesce però a colmare la sensazione di vuoto misto a dolore che si è impadronita di lei, la mancanza di obiettivi causata in gran parte dalla morte del marito.

Questa inquietudine viene interrotta quando al carcere arriva Almarina, una detenuta romena di sedici anni: testa rasata, occhi che parlano, un passato di violenze e di abbandono condito da tanto coraggio. La professoressa Maiorano viene letteralmente travolta dall’umanità zeppa di sentimenti e disagio che trasuda Almarina, iniziando una conoscenza intensa che sfocerà in un percorso di rinascita, una sorta di salvezza che ognuna porta nella vita dell’altra.

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È un libro pieno di tenerezza, che racconta una bellissima storia di inclusione e accoglienza. Una vicenda profonda e dolce, che fa capire quanto possa restituire a livello di emotività e felicità aiutare chi è stato bastonato dalla vita e dimenticato dal mondo. Valeria Parrella descrive in maniera egregia l’ambiente dei carceri minorili: una bolla completamente avulsa dal resto del mondo, popolata da ragazzi che sembrano non aver più nulla da offrire ma che, incontrando la persona giusta, riescono invece a dare e ricevere molto.

L’autrice scrive con uno stile particolarmente espressivo, soffermandosi molto sulle sensazioni e i sentimenti raccontati in prima persona dalla protagonista. Nel libro sono presenti, tra l’altro, alcuni scritti realmente composti dai ragazzi di Nisida, dall’esperienza che Valeria Parrella ha avuto come docente di un laboratorio di scrittura creativa all’interno del carcere.

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