La tossicodipendenza è una realtà che spesso si consuma nell’ombra, generando fratture invisibili nelle famiglie e lasciando cicatrici profonde in chi resta accanto a chi ne è colpito. Da questa esperienza nasce la Fondazione Laura e Alberto Genovese, fondata da Laura Genovese, sorella dell’imprenditore Alberto Genovese. L’obiettivo è chiaro: offrire sostegno concreto a chi vive accanto a una persona dipendente, rompendo il muro del silenzio e della solitudine.
Un racconto personale che diventa missione collettiva
«Non credevo che un giorno avrei raccontato pubblicamente la nostra storia», confessa Laura. Eppure oggi, con lucidità e coraggio, mette la propria esperienza al servizio degli altri. I segnali c’erano – cambi d’umore, tristezza, distacco – ma riconoscerli avrebbe significato affrontarli. E come spesso accade, si sceglie il silenzio nella speranza che tutto passi.
Oggi Laura non si limita a raccontare: agisce. E lo fa tramite la Fondazione, che porta avanti con determinazione e delicatezza, consapevole di rappresentare tante persone che, come lei, si sono sentite impotenti di fronte alla dipendenza di un familiare.
La dipendenza non è mai un fatto isolato
«La droga non distrugge solo chi ne fa uso», spiega Laura. «Anche chi gli sta accanto finisce travolto». Per questo la Fondazione Laura e Alberto Genovese si propone come spazio digitale, gratuito e sicuro dove trovare ascolto, supporto psicologico qualificato e strumenti per orientarsi. Un luogo pensato per genitori, fratelli, partner e amici che troppo spesso non sanno a chi rivolgersi o si sentono colpevoli, esclusi, invisibili.
Una rete per non sentirsi più soli
La forza della Fondazione sta proprio nella sua capacità di trasformare un’esperienza personale in una risorsa pubblica. Lontana dal pietismo, vicina alla realtà, è una rete di supporto che afferma con chiarezza: chiedere aiuto non è una debolezza, ma un atto di coraggio. E che dalla sofferenza, se affrontata con consapevolezza, può nascere qualcosa di buono, utile, condiviso.
«Oggi siamo qui per tutte le persone che si sono sentite invisibili. Perché nessuno debba più sentirsi solo come ci siamo sentiti noi», conclude Laura.

