Le tecniche nascoste di Monet, Renoir e Van Gogh, si terrà a Palazzo Strozzi dall’11 luglio al 28 settembre 2008 e vedrà esposte oltre sessanta opere, tra cui capolavori di Manet, Monet, Renoir, Van Gogh, Gauguin, Caillebotte, provenienti dal Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud di Colonia. La mostra non si limita a presentare al pubblico straordinari dipinti raramente esposti fuori dal territorio tedesco, ma invita il visitatore ad ammirare le opere impressioniste non solo come capolavori, ma quali straordinari esempi di una tecnica pittorica rivoluzionaria.
Alcune innovazioni, tra cui l’introduzione dei tubetti di colore, permisero per la prima volta agli artisti di trasferirsi all’aria aperta e di dipingere con una libertà senza precedenti. Non solo, anche le nuove teorie scientifiche sul colore stimolarono i pittori ad analizzare attentamente gli effetti di luce e ombra e a riportarli sulla tela. La mostra offre la possibilità di osservare le tele impressioniste analizzandone le tracce lasciate da pennelli, matite e spatole, per meglio comprendere come lavorassero gli artisti e come abbiano creato le loro opere.
I capolavori di questi pittori sono spesso enigmatici e le opinioni espresse da critici e studiosi non sempre corrispondono a quanto riscontrabile nelle opere stesse. Gli esperti si avvalgono di lenti di ingrandimento, raggi x, riflettografie infrarosse e di altre tecniche sempre più sofisticate, per trovare una risposta a queste domande, ma spesso i risultati delle ricerche non sono definitivi. Impressionismo: dipingere la luce espone alcuni dipinti sui quali non si è ancora fatta chiarezza e invita il pubblico a esprimere la propria opinione e a raccogliere gli indizi presenti nella mostra; costituisce, quindi, la prima esposizione che propone al visitatore di calarsi nei panni dei curatori e degli esperti, partecipando al loro lavoro di ricerca. Il percorso culmina nella scoperta che un dipinto appartenente alla collezione del Wallraf-Richartz-Museum, a lungo ritenuto un Monet, è in realtà un falso coevo! I dipinti impressionisti non sono solo capolavori, ma anche dei puzzle.
La mostra invita il pubblico a riflettere su tre domande fondamentali relative a ogni singola opera:
– E’ stata realizzata in maniera veramente spontanea?
L’obiettivo di molti impressionisti era cogliere l’impressione di un preciso istante e tradurla sulla tela in modo del tutto spontaneo, ma non sappiamo quanto questi pittori fossero davvero istintivi. Questa sezione della mostra presenta i risultati degli studi in materia: disegni oggi invisibili perché coperti da strati di colore, schizzi realizzati a scopo di studio e altre meticolose preparazioni, dimostrano come, dietro a un’apparente spontaneità, artisti come Gauguin, Van Gogh o Caillebotte lavorassero in modo metodico. La riflettografia infrarossa eseguita sul Ponte di Clichy di Van Gogh, rivela ad esempio un dettagliato disegno preparatorio e linee di costruzione prospettica.
– E’ è stata dipinta veramente all’aria aperta?
Questa domanda riferita al luogo di creazione dei dipinti, ha trovato una risposta, per esempio, nel rinvenimento di granelli di sabbia mescolati ai colori del Mare a Saint-Palais di Armand Guillaumin e nella scoperta di polline di pioppo in Biancheria stesa ad asciugare sulla riva della Senna di Gustave Caillebotte. Questi dati dimostrano che i due quadri furono effettivamente dipinti en plein air. Tra le critiche iniziali che investirono le opere impressioniste vi era quella della loro apparente incompletezza. Lo stile rapido, la frequente assenza della firma e della vernice finale, contrastavano con le consuetudini del tempo e rappresentavano un problema per critici, collezionisti, mercanti e addirittura per gli artisti stessi. La cornice divenne l’elemento che denotava la completezza del quadro, poiché molti pittori reputavano che la sua forma e il suo colore dovessero armonizzarsi con il dipinto, esaltandolo. Camille Pissarro, per esempio, era un sostenitore della semplice cornice bianca, come quella ricostruita per Frutteto a Pontoise, tramonto. Oggi, purtroppo, sono molto rari i quadri impressionisti che conservano ancora la cornice originale.
L’ultima domanda che la mostra pone al visitatore è: “Come vediamo oggi i dipinti degli impressionisti?”. Tutte le opere cambiano nel tempo, sia per effetto di un naturale processo di invecchiamento, sia a causa di interventi, ritocchi e restauri. Gli studi condotti dimostrano come le alterazioni della tela, della preparazione o degli strati cromatici, influiscano sull’aspetto complessivo dell’opera. In Fattoria a Bazincourt di Pissarro, ad esempio, sono state individuate aggiunte apportate da mani estranee allo scopo di “migliorare” il dipinto. Allo stesso modo, le moderne tecnologie possono smascherare falsi realizzati quando gli artisti erano ancora in vita, segno della loro crescente fama, o confermare l’incerta attribuzione di un dipinto a un artista famoso. Ne è un esempio, nell’ambito della mostra, il dibattito sull’assegnazione del Ritratto di una giovane donna, proposto come opera di Edouard Manet.