Ciudad Real, Messico, al confine con gli Stati Uniti. Qui, in un ambiente arido e desolato, si ergono le maquiladoras, fabbriche in mano a potenti gruppi stranieri in cui lavorano tantissime donne, sottopagate e in condizioni di semischiavitù. Donne che, in una realtà in cui il narcotraffico ha avuto la meglio sulla legge, hanno trovato nel duro lavoro in fabbrica l’unica strada per vivere un’esistenza onesta.
In questi blocchi di cemento riarsi al sole si muove Pilar, sindacalista giovane e battagliera, che cerca di convincere le operaie ad alzare la testa per rivendicare quei diritti basilari che dovrebbero essere riconosciuti ad ogni essere umano. Fatica sprecata, ovviamente, perché i narcotrafficanti sanno bene come infondere paura e terrorizzare la gente. Tanto più che a Ciudad Real si muore con una facilità inaudita. Più di ottocento donne sono scomparse nel giro di pochi anni; omicidi e sparizioni su cui i poliziotti locali indagano con poco zelo, o addirittura fingono di indagare, ormai corrotti all’inverosimile e legati a doppio filo alla mentalità dei Narcos e assoggettati al loro terrificante potere.
L’unica eccezione è Fuentes, poliziotto duro e cocciuto che, dopo l’ennesimo cadavere di una donna ritrovata nell’immondizia, si decide a porre fine a questa mattanza. O almeno a provarci. Si avventura così assieme a Pilar in una serie di indagini sottotraccia, col pericolo di essere scoperto dai suoi colleghi al soldo di El Santo, il sanguinario boss del narcotraffico. Sarà dura per Fuentes riuscire ad intaccare il perfetto meccanismo alimentato da corruzione, paura e omertà, ma il suo nobile intento di combattere l’oppressione gli darà la forza di affrontare rischi e pericoli quasi insormontabili.
Tim Baker, australiano ma francese d’adozione, sceglie il Messico come tavolozza per la sua opera. E vi dipinge innumerevoli personaggi, pieni di colore e di sentimenti. Un libro che come stile e “potenza” si avvicina incredibilmente ai capolavori di Don Winslow. Sarà difficile non leggerlo tutto d’un fiato.