mercoledì, 24 Aprile 2024
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Moonlight, la scuola che dona speranza ai bambini di Kathmandu

In una delle zone più povere della capitale nepalese c'è una scuola (gratuita) che aiuta i bambini a sognare in grande. Viaggio nell'istituto fondato da PQE Group, azienda con sede a Reggello

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Lo hanno vinto in sei il contest aziendale che dava la possibilità di andare a fare volontariato alla scuola Moonlight, situata in una delle zone più povere di Kathmandu in Nepal, che dal 2009 provvede ad un’educazione gratuita e di qualità a 160 bambini dai 4 ai 12 anni.

L’obiettivo di Gilda D’Incerti, fondatrice ed AD di PQE Group, azienda reggellese selezionata tra le migliori PMI, è stato chiaro fin da subito: “Credo moltissimo – ha dichiarato – in attività di questo genere ed è per questo motivo che abbia ritenuto fondamentale dare la possibilità ad un gruppo di dipendenti di fare quest’esperienza, permettendo loro di toccare con mano una realtà molto diversa dalla nostra. Da anni ho scelto di sostenere la Moonlight School – continua D’Incerti – perché fin da subito ho creduto molto nel progetto del suo fondatore Santosh Koirala, che a differenza di altri, permetteva di istruire le bambine, in una società in cui l’accesso all’istruzione per le donne era perlopiù nullo. Pertanto l’idea che sento molto, che ci debbano essere pari opportunità per uomini e donne, è stata la risposta che mi ha spinto a seguire questa iniziativa.”

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I ragazzi sono stati scelti affinché creassero un gruppo che fosse il più eterogeneo possibile, composto da persone provenienti da paesi diversi (Italia, Messico, Moldavia) e che avessero mansioni aziendali differenti, affinché riuscissero al meglio a trasmettere i valori fondanti in cui crede fortemente l’azienda.

Ogni giorno i ragazzi si suddividevamo uno per classe, scandendo il tempo insieme alle insegnanti tra le ore di matematica, nepalese, inglese e scienze, mentre nelle due ore pomeridiane preparavano delle attività ludiche per far divertire i bambini. Li hanno fatti giocare con le bolle di sapone, scoprendo con grande tristezza che alcuni di loro si nascondevano pezzi di saponette nelle tasche come fosse stato il loro più grande tesoro da portare a casa; gli hanno portato un mappamondo per mostrargli il loro paese di provenienza e quanto fosse grande la terra con i suoi vasti territori, scorgendo nei loro sguardi il piacevole stupore di fronte alla presenza del mare: nessuno di loro lo ha mai visto, molti non sapevano cosa fosse; li hanno fatti scatenare facendoli giocare a calcio, a ruba bandiera e a molti altri giochi, valorizzando il loro forte senso di unione.

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“Siamo stati catapultati in una realtà completamente diversa dalla nostra – racconta una delle partecipanti – e ci siamo entrati in punta di piedi, ascoltando le voci di quei bimbi, i loro bisogni, i loro stati d’animo. Lo abbiamo fatto con lo spirito di chi ha tutto da imparare e qualcosa da insegnare, senza forzature, senza imposizioni e soprattutto senza giudicare gli altri per quel che è giusto o sbagliato secondo il nostro punto di vista”.

Confrontandosi con quei bambini, i volontari hanno dovuto abbandonare i loro dogmi ed adagiarsi sui loro, tendendogli la mano con rispetto ed apertura. Erano tante le paure che li assalivano prima di partire, relative al non essere in grado ed all’altezza della situazione, erano spaventati anche dal distacco al termine viaggio ed il saper dosare bene l’empatia con la razionalità. Ma alla fine sono rimasti piacevolmente colpiti dall’educazione e dall’accoglienza che hanno ricevuto ed hanno imparato che esistono gesti universali capaci di abbattere il muro del pregiudizio, della paura e della diversità.

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Anche se indubbiamente fare i conti con la realtà che li circondava è stato difficile perché la povertà che attanaglia Kathmandu è impressionante. La strada è la casa di tanti di quei bambini della scuola Moonlight, è lì che le loro madri li lavano con gocce d’acqua raccattate chissà dove, è lì che le mucche – considerate sacre e quindi intoccabili – girellano liberamente mangiando plastica abbandonata, è lì che i venditori espongono i loro banchi colmi di polli e pesci, alla mercé della polvere alzata dai numerosi motorini che sfrecciano suonando ripetutamente il clacson, rendendo l’aria già puzzolente, irrespirabile. A condire il tutto una situazione sociale disarmante, perché in Nepal il tasso di alfabetizzazione è intorno al 63% ed a causa di una forte discriminazione di genere, le bambine sono le più penalizzate: le famiglie numerose che non possono permettersi di istruire tutti i figli, prediligono i maschi, dando (o vendendo) le femmine in moglie, ancora adolescenti, che rischiano di rimanere incinta e partorire ancora troppo giovani.

È stato interessante scoprire che le mamme delle bimbe della Moonlight school erano perlopiù casalinghe senza alcuna prospettiva, mentre gli occhi sognanti delle loro figlie raccontavano la voglia di riscatto che gli avrebbe permesso di diventare dottoresse, attrici, ostetriche ed anche delle coraggiose business women.

È per questo motivo che i sei volontari hanno messo tutto il loro impegno nell’insegnare a quei bambini a sognare in grande e a capire che c’è un mondo che li aspetta al di là del diventare un abile portatore o una mamma affettuosa. Anche perché come recitava una frase scritta sul muro di una scuola “Il matrimonio può attendere. L’Istruzione no!” e forse, a piccoli passi, anche i nepalesi lo stanno capendo!

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