sabato, 20 Aprile 2024
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Firenze, 17 febbraio 1530: le origini della partita dell’assedio

La storia della celebre partita di calcio in livrea di piazza Santa Croce che fu testimonianza del gagliardo spirito del popolo fiorentino

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Grazie all’abbondante iconografia delle varie epoche pervenuta, non è per noi così difficile rendersi conto dell’importanza che per Firenze ha avuto il gioco del calcio. Moltissime le partite di cui viene fatta menzione nella storia cittadina, tuttavia quella più celebre (nel ricordo della quale vive ancora oggi la tradizione), passata agli onori della cronaca e della storia per il critico momento in cui si verificò, fu certamente quella giocata il 17 febbraio 1530, durante l’assedio posto dall’esercito di Carlo V (che, incitato dal papa Clemente VII, voleva restituire la città alla sua famiglia Medici) e che poi segnò la fine della libertà repubblicana.

La storia della partita dell’assedio a Firenze

In quel momento il dominio di Firenze era quasi del tutto perduto e le mura circondate in ogni parte da nemici. Gli uomini dai diciotto ai cinquant’anni erano arruolati nelle sedici compagnie dell’Ordinanza cittadina, mentre i ragazzi di età sotto i quattordici anni venivano impegnati nella preparazione delle munizioni. La partita in questione fu giocata alla presenza di tutte le autorità cittadine, per non interrompere la consuetudine ormai consolidata di effettuarla nel periodo di Carnevale, ma più che altro come sfida e dileggio al nemico assediante che poteva vedere e per di più sentire. Fierezza, orgoglio, disperazione, un lungo momento di memorie-storie fiorentine e toscane.

C’era la netta sensazione che le opere di difesa, con gli imponenti lavori di fortificazione che inclusero le chiese di San Miniato e di San Salvatore al Monte divenute così un fortissimo baluardo, unitamente alla determinazione del popolo e del suo esercito, avessero reso Firenze pressoché inespugnabile ed è appunto in questo clima di fiducia che si svolse la “storica” partita di calcio in livrea nella Piazza di Santa Croce. Gioco di militari in una pausa dalla lotta che durava ormai da mesi.

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partita assedio firenze 17 febbraio

Cosa successe a Firenze il 17 febbraio 1530

La Signoria uscì da Palazzo Vecchio in pompa magna, con in testa il gonfaloniere messer Raffaele Girolami che indossava un prezioso abito di velluto scarlatto, scortata dai Fanti di Palazzo e dai Mazzieri con le mazze d’argento fiordalisate, tra il gioioso scampanio delle torri e dei campanili ed il suono di trombe e tamburi. Tutto il popolo di Firenze era presente in Santa Croce, noncurante dei tiri dell’artiglieria nemica. Il Maestro di Campo mise in ordine le due squadre formate da soldati liberi dal servizio: una in livrea bianca simbolo della “purezza degli ideali di libertà”, e l’altra di raso verde, distintivo della milizia cittadina che allude alla “speranza del frutto futuro che deve maturare” cioè della vittoria finale. In palio una bianca vitella. Gli squilli di tromba ed i rulli dei tamburi di un gruppo di musici seduti sul culmine del tetto della Chiesa di Santa Croce, a scherno dei nemici che potevano vederli ed anche sentirli, accompagnarono le varie ed accanite fasi di gioco per tutta la partita.

Calcio storico fiorentino: come assistere alla partita dell’assedio 2020

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Il gesto beffardo di quei musici non fu molto gradito, tanto da indispettire i soldati dell’imperatore che da Giramonte spararono un colpo d’artiglieria, senza però far danni e vittime, ma per tutta risposta, provocarono ancora più squilli, rulli nonché ironici schiamazzi. La partita fu accanita, con cacce segnate da ambedue le parti. Ignoto ci è il risultato, forse perché proprio volutamente gli attenti cronisti dell’epoca evitarono di fornire questo particolare per accomunare vincitori e vinti in un unico plauso, rimasto indelebile alle generazioni future. Qualsiasi sia stato il punteggio ottenuto dalle due squadre, il senso della contesa non poteva non superare per ogni fiorentino gli effetti della vittoria o della sconfitta.

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Firenze, il significato della partita dell’assedio

Quella che giunge a noi oggi come memoria di un vissuto sociale è la testimonianza della forza di un costume sportivo e del gagliardo spirito di un popolo in un momento così tragico della sua storia. Ai difensori di Firenze mancò la fortuna, non certamente il valore, dimostrato continuamente nei lunghi mesi di assedio e sicuramente ben rappresentato anche nella fiera partita giocata sotto gli occhi degli assedianti, i quali rimasero sbalorditi nel vedere e sapere che i Fiorentini per nulla fiaccati dalla resistenza, si preoccupavano o gioivano per le sorti delle squadre in campo alle prese con un pallone!

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