sabato, 9 Agosto 2025
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Quale futuro per la vecchia biblioteca?

È passato più di un anno da quando la storica biblioteca dell’Isolotto, la struttura di viale dei Pini, si è trasferita in viale Canova, dando vita alla BiblioteCanova, inaugurata nel dicembre 2009 con l’obiettivo di diventare un vero e proprio centro culturale capace di offrire moltissimi servizi.

Ma che fine ha fatto la vecchia sede di viale dei Pini? I locali sono rimasti chiusi per tutti questi mesi, e i cittadini si domandano se verranno mai riaperti. “La biblioteca di viale dei Pini fa parte dei famosi Cento luoghi – afferma Irina Lupetti, presidente della Commissione Cultura del Quartiere 4 – per cui spetta al sindaco e alla giunta comunale prendere una decisione sul suo futuro”. Il dubbio più grande è capire che tipo di lavori fare nell’edificio, se ricostruirlo ex novo oppure se attuare una manutenzione. La vecchia sede della biblioteca, infatti, presenta alcuni problemi strutturali, per cui – prima di essere riaperta per qualsiasi attività – andrà rimessa a norma. Il Quartiere punta sulla seconda ipotesi, la ristrutturazione, e sta sollecitando il Comune per avere risposte a riguardo. “Per capire come potranno essere sfruttati i locali di viale dei Pini dobbiamo prima avere risposte dal Comune – prosegue Lupetti – bisogna capire quante risorse ci saranno, anche per pensare a un’eventuale autogestione dell’edificio”. Anche questo, infatti, resta uno dei punti più discussi tra i cittadini, ovvero quello della gestione dell’edificio, in quanto ancora non è chiaro se sarà affidato alla pubblica amministrazione oppure se sarà lasciato in autogestione. Molti i suggerimenti arrivati al Quartiere grazie agli incontri dei Cento luoghi, ma anche direttamente dai comitati.

L’ipotesi più accreditata, anche in questo caso, è quella di una ristrutturazione, per sistemare la costruzione e dare nuovi servizi al quartiere. La biblioteca di viale dei Pini è un pezzo di storia dell’Isolotto vecchio, e per molti anni ha rappresentato l’identità stessa del quartiere. I residenti dell’Isolotto erano affezionati alla vecchia biblioteca, considerandola un vero punto d’incontro, e molti di loro lamentano il fatto di essersi sentiti abbandonati dopo la sua chiusura. “I nostri ragazzi avevano a disposizione uno spazio per studiare in qualsiasi momento, anche nei giorni di festa, di giorno e fino a una certa ora della notte”, commenta un residente. “Abbandonati è sicuramente un termine molto forte – dichiara la presidente della Commissione Cultura del Q4 – è però vero che la chiusura ha ovviamente causato dei disagi per gli abitanti della zona, in particolare per quelli dell’Isolotto vecchio”.

Va sottolineato, comunque, che la nuova biblioteca si trova a pochi chilometri di distanza da quella vecchia, e che sorge a metà strada da tutte le zone del quartiere 4. Inoltre, è rimasto attivo il servizio del bibliobus, i cui orari possono essere visionati direttamente sul sito internet della BiblioteCanova. Infine, da qualche mese è stata riattivata la collaborazione con il gruppo dell’autogestione già attivo alla biblioteca Isolotto “Luciano Gori” di viale dei Pini. Il gruppo, formato da frequentatori volontari, si occupa dell’autogestione di una stanza rendendone possibile l’apertura anche al di fuori dell’orario normale della biblioteca. Durante gli incontri dei Cento luoghi in viale dei Pini molti abitanti hanno suggerito di lasciare l’edificio come punto di lettura e sala studio, e magari di animarlo con attività associative, anche perché, con la chiusura della biblioteca – hanno spiegato – la zona al momento è un po’ degradata.

Moschea in città, il dibattito è aperto. Alla scoperta del ”modello Sorgane”

Se chiedi dov’è il “centro islamico” a Sorgane nessuno sa bene di che cosa si parla, bisogna specificare “moschea” e allora tutti sanno indicare quel tratto senza sfondo di via del Tagliamento dove si trova il cancello bianco della sede della comunità musulmana, che ha il fondo in affitto dal 2001.

Il centro è sempre aperto, ma frequentato principalmente il venerdì e la domenica. Il dibattito sulla realizzazione o meno di una moschea a Firenze, adatta ad accogliere tanti fedeli, si è riacceso negli ultimi tempi. “Un luogo in cui si prega non può far paura”, sostiene il sindaco Matteo Renzi, ma “al momento non c’è un progetto, non c’è un’ipotesi di lavoro” e comunque, precisa il primo cittadino, “non ci sono spazi nel centro storico per farla, in questo momento”. Tra le proposte avanzate in città c’è anche l’idea di creare diversi luoghi di culto più piccoli, sparsi nei quartieri. Modello Sorgane? “Diciamo che le moschee, nei nostri Paesi d’origine, sono altra cosa – spiega sorridendo Lahjab, che si prepara alla preghiera del venerdì – ma qui c’è uno spazio riservato al culto all’interno del centro culturale. L’associazione si è trasferita a Sorgane dal locale che avevamo alle Cascine, che non era adatto a ospitare molte persone. Allora il Comune ci ha indicato questo spazio”.

“Problemi con gli altri cittadini non ce ne sono, se si escludono alcune sporadiche proteste – spiegano dal centro islamico del quartiere 3 – in particolare quelle di un signore che abita ai piani alti del palazzo accanto, che sembra proprio non accettare la presenza del centro islamico”. In strada c’è chi parla di un’iniziale diffidenza che il tempo ha poi spazzato via, c’è chi pensa che una moschea dovrebbe stare in un luogo più separato o che questa sistemazione non sia delle più decorose: un fondo per tanta gente che arriva da diverse parti della città. “A volte si sentono dei canti, ma fanno molta più confusione le radio di qualche vicino maleducato”, dice una signora, mentre un’altra ricorda di quando “abbiamo avuto paura”, durante i mesi del processo, terminato poi con l’assoluzione, di alcune persone che frequentavano il centro che furono accusate di associazione sovversiva con finalità di terrorismo internazionale. Un pensionato commenta caustico: “Ne abbiamo tante di chiese da queste parti…”. Al di là delle opinioni, però, tutti qui ammettono che la convivenza è tranquilla, o al massimo è “indifferenza”.

Per il presidente del Quartiere 3, Andrea Ceccarelli, Sorgane può essere considerato un esempio positivo di integrazione: “Non vedo perché no, veri problemi di convivenza non ci sono mai stati. Posso aver ricevuto lamentele per un po’ di confusione in più, litigi comuni a tutti i luoghi di incontro”. Racconta ancora Ceccarelli: “Ricordo che negli anni ci sono stati dei momenti di integrazione, come quella volta che abbiamo ripulito la collina di Sorgane con Legambiente e la sera c’è stata una cena con specialità italiane e cous cous preparato dalle famiglie nordafricane. Certo, ci potrebbero essere altre occasioni per condividere attività, penso ad esempio alle giornate degli angeli del bello, potremmo coinvolgere anche la comunità musulmana nella manutenzione e nel decoro del quartiere”. Conclude Ceccarelli: “L’accoglienza non è soltanto un discorso di rispetto dei diritti umani, ma anche di razionalità. Una buona amministrazione deve lavorare per integrare i vari gruppi, e non creare ghetti. Il resto è garantito dal diritto costituzionale”.

Alla ricerca della piazza ”perduta”. Nel quartiere il dibattito è servito

Cemento e asfalto. Traffico e inquinamento. Le piazze del quartiere 2, lontane dall’essere oasi verdi, si presentano spesso agli occhi dei cittadini nella loro veste peggiore, prive di panchine, fontane e luoghi dove potersi ritrovare. Sono piazze imbottigliate nel flusso continuo delle auto che attraversano la città.

Tante le segnalazioni che arrivano dai residenti del quartiere sulla mancanza di una vera piazza, uno spazio – dicono – degno di tal nome. Un fulcro di vita sociale che permetta alle persone di incontrarsi e poter familiarizzare, per sentirsi parte integrante di una collettività. Il Reporter ha fatto un viaggio nelle piazze del quartiere 2, per sentire cosa ne pensa la gente e quali possano essere le soluzioni. “Pseudo-piazze ce ne sono diverse, ma piazze vere nessuna – commenta un residente – c’è piazza Alberti, che è quella ‘centrale’: solo un agglomerato di cordoli e  traffico. Piazza della Libertà, dove giocavo da bambino e c’era l’abitudine di portarsi la seggiola da casa, oggi è soffocata completamente. Piazza delle Cure spezzata e trafficata, persino la piazza di Settignano, che tecnicamente fa parte del quartiere, è un mezzo parcheggio. Le altre piazze – aggiunge – sono più o meno slarghi: piazza Edison, piazza Oberdan, piazza San Salvi. Gli unici luoghi di aggregazione sociale, con tutti i limiti che la cosa comporta, sono i rari giardini pubblici”. “Questo quartiere non ha una sua individualità – dice un imprenditore che vive in zona – mancano bar vecchio stile, mancano quegli angolini dove puoi fare conversazione. Sono tutti spariti, la modernità se li è portati via. Vicino a piazza delle Cure – prosegue – c’è piazza Fardella di Torrearsa, ma è cementata, non esiste verde, a parte la zona dello stadio, che è inutilizzabile. Ci troviamo incastrati tra catrame e cemento come nella canzone di Adriano Celentano ‘Il ragazzo della via Gluck’. Ho passato – continua – la mia infanzia tra marmitte, carburatori, senza mai poter usufruire del verde. La sera rinchiusi in casa o, come punto di ritrovo, il muretto del ponte alle Riffe alle Cure”.

“Non c’è niente che possa dare un senso di socializzazione e di incontro nel quartiere – fa presente una signora – ho sempre patito questo aspetto. Ci sono i giardini pubblici, ma per un altro tipo di socializzazione, non è un incontro, ma un passeggio. Io, personalmente, dovrei percorrere a piedi ben due chilometri per raggiungere i pochi spazi verdi del quartiere, non sono certo sotto casa, e spesso preferisco gettar la spugna e guardare la televisione”. “Piazza Savonarola è un esempio di piazza ‘sociale’ – afferma convinto un altro residente – ma quanto affollamento! In passato le risse erano all’ordine del giorno, un vero pasticcio. Oggi la situazione si è tranquillizzata”. “Dovevano costruire meno nel quartiere – si intromette un anziano residente – fino a poco tempo fa c’erano spazi vuoti dietro al cinema Fiorella, da decenni non c’era niente. Ci hanno costruito un quartiere nuovo. Se invece questi luoghi fossero stati destinati a piazze e verde pubblico, a quest’ora un grande parco avrebbe messo in comunicazione via D’Annunzio con lo stadio. Stessa solfa per i lungarni – conclude – ha visto cosa hanno fatto dopo il Saschall? Hanno costruito. Ora con San Salvi cosa intendono fare?”.

Ed è già Pitti Uomo, mille marchi in arrivo alla Fortezza

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Per quattro giorni la Fortezza da Basso si trasformerà nel tempio della moda maschile: ai nastri di partenza l’80esima edizione di Pitti Immagine Uomo, che si terrà a Firenze dal 14 al 17 giugno.

INVASIONE. L’assalto alla Fortezza è previsto per la terza settimana di giugno: quest’anno il fil rouge sarà dettato dal tema del viaggio. Il piazzale centrale sarà occupato da una grande mappa geografica, con itinerari, tappe e soste panoramiche. Circa mille i marchi presenti, di cui il 34% esteri, a cui si aggiungono le 80 collezioni donna che saranno protagoniste di Pitti W, per un totale di 1.100 collezioni in passerella.

BUYERS. La scorsa edizione estiva di Pitti Uomo ha fatto registrare oltre 32mila visitatori e oltre 19mila buyers, arrivati a Firenze da tutto il mondo.

NOVITA’. Tra le novità di quest’anno la capsule collection creata da Lubiam in occasione dei 100 anni dell’azienda, la riedizione di alcuni “icon item” di Pringle of Scotland e la partecipazione di Daks, storico brand inglese. E poi anteprime, party esclusivi, testimonial del mondo dello spettacolo e tutto quello che completa il grande show della moda.

Le notti ad alto volume di via Palazzuolo

“Sono proprietaria di una casa in via Palazzuolo. Adesso vorrei ristrutturarla per venirci ad abitare, ma tutti mi sconsigliano questa scelta e mi dicono che farei meglio a svendere e cambiare zona. È davvero così terribile? È una situazione in peggioramento continuo come tutti dicono o è una zona dove ancora si può vivere tranquillamente? Grazie. Caterina”.

Queste righe sono state scritte a un residente della zona. Parole eloquenti, che descrivono bene la situazione che è venuta creandosi negli ultimi anni nella strada situata appena dietro la stazione, e che il Comitato del rione, creato nel 2007 proprio per cercare soluzioni a diversi problemi di degrado, cerca di combattere. La risposta ai quesiti di Caterina non è così semplice. L’origine delle problematiche che creano disagio in questa antica arteria fiorentina pare sia dovuta al ruolo “subordinato” che la strada ha assunto negli ultimi anni, ovvero da quando è stato chiuso l’ufficio postale di via Finiguerra e altre attività commerciali, “desertificando” la zona e depauperandola di quel tessuto sociale che l’ha trasformata, in breve, in una “terra di mezzo” dove hanno cominciato a proliferare bottiglierie e non solo. Questi locali, in cui per lo più lavorano stranieri, somministrano – denunciano molti residenti – bevande alcoliche sino a notte fonda in bottiglie di vetro, contravvenendo all’ordinanza comunale secondo cui, dopo le 22, non è più possibile vendere bevande alcoliche da asporto. E questo comporta anche altre conseguenze: via Palazzuolo, soprattutto d’estate, diventa l’attrazione di vari gruppi di persone che, nell’arco di una serata, possono diventare chiassose o addirittura moleste, disturbando gli abitanti della zona con schiamazzi notturni, e dando luogo qualche volta a episodi di violenza. L’esperienza degli anni precedenti ha portato una maggiore attenzione da parte delle forze dell’ordine, che si sono impegnate in frequenti attività di controllo, apportando un miglioramento alle condizioni di vivibilità lungo la strada.

Ma i residenti lamentano il fatto che, oltre ai rumori molesti, il problema è il degrado “del giorno dopo”, cioè i resti di bottiglie e bicchieri lasciati sui marciapiedi, spesso utilizzati anche come toilette. Tra i “portatori” di queste problematiche sono stati spesso indicati i locali che sorgono lungo la strada. “Da più di tre anni ho qui la mia attività – spiega il proprietario di uno di questi locali – e ho sempre cercato collaborazione con i residenti. Il locale qui ha portato un po’ di luce e un po’ di vita, in una zona in cui, sino a prima del nostro arrivo, le persone avevano paura a passare durante la notte”. Poi prosegue: “Il problema non è la birreria, bensì i garage trasformati in case dove, in pessime condizioni, vivono 5, 6 o più persone”. Anche il buttafuori dell’esercizio ha qualcosa da dire: “Il locale, oltre a rispettare tutte le regole previste, si preoccupa di ripulire anche le zone adiacenti, compresa la sporcizia che non è stata prodotta da noi. Per i clienti – aggiunge – io sono il ‘buttassshh’ anziché il buttafuori, perché sollecito le persone a parlare a bassa voce, ma non posso dire loro di stare zitti. I ragazzi alla sera escono anche per scambiare due parole. Non è facile lavorare così”. Questo, in sintesi, è il punto di vista dei gestori di uno dei locali della strada, che pare però non avere molti punti in comune con quella che è l’opinione dei residenti. A questo punto, che risposta dare a Caterina? Il suggerimento è quello di fare un sopralluogo e constatare la situazione di persona.

Aquiloni fatti a mano e birra di marroni: i bottegai a palazzo/FOTO

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Dal 13 al 15 maggio, il seicentesco Giardino di Palazzo Corsini sul Prato ospiterà la 17a edizione di “Artigianato e Palazzo”, atteso appuntamento fiorentino con i protagonisti della manualità e degli antichi mestieri. Rara occasione per visitare lo splendido giardino – solitamente chiuso al pubblico – la manifestazione presenta una nuova selezione di oltre 80 maestri artigiani provenienti da tutta Italia e dall’estero che eseguiranno dal vivo una dimostrazione delle proprie abilità manuali. Anche quest’anno il pubblico potrà così scoprire o riscoprire mestieri e metodi di lavorazione ormai dimenticati, ammirare la lavorazione del vetro o della paglia, l’intaglio del legno, del ferro o del cuoio, la realizzazione di tessuti stampati, di abiti esclusivi e scarpe su misura, di gioielli di foggia antica e moderna. I visitatori potranno acquistare gli oggetti esposti o anche ordinare pezzi unici, creati su misura. 

DEGUSTAZIONI E NOVITA’. Particolarmente interessante è la sezione dedicata alla presentazione di prodotti di alta gastronomia, nati dal connubio tra ricette della tradizione regionale (non soltanto toscana) e un deciso gusto per la sperimentazione. Nell’area espositiva dell’alta gastronomia i visitatori potranno degustare, fra gli altri prodotti, la birra artigianale classica e quella fatta con i marroni del Conte di Campiglia (San Godenzo, Firenza). Tra le novità di quest’anno spicca la partecipazione dell’azienda familiare “Geometrie Volanti Aquilonisti” di Bagno a Ripoli, che espone prodotti di grandissima creatività realizzati nel rispetto di un’antichissima tradizione: dai più semplici ai più elaborati, ci sono aquiloni per tutte le tasche.

“MANI CHE RACCONTANO”. Per questa edizione, “Artigianato e Palazzo” ha anche prodotto (in collaborazione con la Fondazione per l’Artigianato Artistico di Firenze) la mostra di fotografie di Juri Ciani dal titolo “Mani che raccontano”: una selezione di 15 “doppi ritratti” di alcuni protagonisti della più alta manualità immortalati mentre lavorano nelle loro botteghe, luoghi magici e pieni di fascino dove si tramandano i segreti che hanno reso Firenze famosa e unica nel mondo.

UN PATRIMONIO CULTURALE. Al di là del grande successo con la quale si sono concluse tutte le precedenti 16 edizioni della manifestazione, “Artigianato e Palazzo” si conferma un momento di grande approfondimento e sensibilizzazione verso i problemi e i valori culturali di tradizioni che, essendo parte integrante della nostra identità, non devono scomparire. “Se si perdono gli artigiani” – sostiene Giorgiana Corsini, Presidente dell’Associazione Giardino Corsini – “si perde uno strato della nostra cultura”. Per avvicinare ulteriormente il mondo del lavoro artigianale alla nostra quotidianità, la manifestazione promuoverà anche tutta una serie di laboratori e attività, alcune dedicate anche ai più piccoli.

INFO. Ingresso in via della Scala 115, Firenze. Biglietto intero 8€; ridotto 6€ (biglietti in prevendita a prezzo scontato su www.boxoffice.it). Orario continuato 10,00 – 20,30. L’accesso alla mostra è consentito anche agli amici a quattro zampe.

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Per ulteriori informazioni visita il sito www.artigianatoepalazzo.it.

Tassa di soggiorno, a Roma vale anche per i poliziotti in trasferta

La tassa di soggiorno? A Firenze ancora non c’è, ma a Roma sì. E i poliziotti che vengono mandati nella Capitale per motivi di servizio devono pagare l’obolo come i turisti.

OBOLO. A denunciarlo è il Silp Cgil di Firenze. “Le centinaia di poliziotti, tra cui decine provenienti da Firenze, che ogni giorno vengono inviati in missione o in ordine pubblico nella Capitale – denuncia il sindacato – per il Comune di Roma sono da considerarsi come le migliaia di turisti che popolano gli alberghi”.

PAGA PANTALONE. A tirar fuori i soldi è il Ministero dell’Interno, che “paga ad un ente pubblico fino a 3 euro al giorno”, sottolinea il segretario provinciale del Silp Cgil Antonio Marrocco. Moltiplicati per il numero degli agenti, i quattrini spesi diventano diverse migliaia di euro al dì. “Secondo noi – continua Marrocco – questo è un altro sintomo di quanto la politica si muova con approssimazione e di quanto essa non faccia realmente i conti con la realtà. Una realtà, quella delle forze dell’ordine, troppo spesso evocata in occasioni determinate ma nei fatti trascurata e lasciata al buon senso degli operatori e alla loro professionalità”.

Asta griffata per Milano 25

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Le più note griffe del quadrilatero fiorentino della moda scendono in campo per solidarietà. Lunedì 30 maggio a Palazzo Strozzi si terrà una delle più ricche lotterie, per sostenere l’acquisto di un nuovo taxi della solidarietà per Milano 25.

VIE DELLA MODA. L’appuntamento con “Le vie della moda insieme per continuare a far sorridere” è lunedì 30 maggio alle 20.30 a Palazzo Strozzi. Qui si potrà partecipare all’asta benefica di abiti ed accessori firmati Cavallini, Pucci, Etro, Fani Gioielli, Montblanc, Patrizia Pepe,  Cavalli,  Ferragamo e molti altri ancora.

MILANO 25. Quasi impossibile non notarlo, impossibile dimenticarlo, se avete incrociato il taxi colorato e agghindato di pupazzi e palloncini ve lo ricorderete per forza. Milano 25 è lui, il taxi dei bambini, su cui i piccoli malati viaggiano gratis con i loro genitori. Da un’esperienza di dolore, Caterina, la tassista dagli eccentrici cappelli, ha dato origine prima ad una iniziativa benefica, poi ad una associazione onlus impegnata per il sostegno alla ricerca.

E il centro commerciale diventa tricolore

Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta. E continua a festeggiare la sua unità. Nonostante il 17 marzo (giorno in cui ricorreva il 150esimo anniversario della proclamazione ufficiale del Regno d’Italia) sia ormai alle spalle, gli italiani sembrano averci preso gusto.

Così, sono ancora molte le bandiere tricolori che sventolano da balconi e finestre, ma non solo. Il tricolore, infatti, continua a farla da padrone nei luoghi e nei modi più disparati. Se i negozi, ad esempio, continuano a vendere prodotti a tema, e molte vetrine a ricordare l’importante “compleanno” con allestimenti d’eccezione, un intero centro commerciale è sul punto di tingersi di bianco, rosso e verde. Succede a Campi Bisenzio, dove dal 16 maggio al 5 giugno I Gigli celebreranno i propri 14 anni di vita all’insegna del Tricolore. Le iniziative in programma sono molte, e saranno caratterizzate da tre aree cromatiche: quella verde dedicata all’ambiente, quella bianca dedicata al volontariato e quella rossa relativa agli eventi. Il tutto nel nome dell’Italia unita.

Così, ad esempio, dal 30 maggio al 5 giugno è in programma “Volentieri Volontari”, evento che chiamerà a raccolta per un progetto comune le più importanti associazioni di volontariato nazionali e locali. Ma spazio anche all’intrattenimento, con un ricco programma che culminerà sabato 4 giugno con il tradizionale taglio della torta per i 14 anni del centro commerciale: madrina dell’evento Miss Italia in carica, che presenzierà anche alle selezioni del concorso. Ma (purtroppo) di non sola bellezza è fatta l’Italia. E tra i temi di cui si è parlato maggiormente, e a più riprese, negli ultimi tempi c’è quello dei rifiuti. Perché se qui da noi va tutto bene, a qualche centinaio di chilometri di distanza (leggi Napoli) la situazione è drammaticamente diversa.

Anche per questo è da segnare con l’evidenziatore un altro appuntamento in programma ai Gigli: dal 16 maggio al 5 giugno in Corte Lunga si terrà “Il Castello del Riciclo”, iniziativa promossa da Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclaggio dei rifiuti di imballaggi in plastica, che vuol sensibilizzare i cittadini sulla gestione dei rifiuti e sul loro recupero. Dopo essere stato in Sicilia, Campania ed Emilia Romagna, il “Castello” (ideato per i più piccini) sbarcherà ora a Campi Bisenzio, insieme a un gruppo di animatrici ed educatrici professioniste che racconteranno ai piccoli il ciclo di vita della plastica, illustrando con esempi concreti l’importanza della raccolta differenziata e spiegando loro come, con piccole azioni quotidiane, sia possibile aiutare l’ambiente. E non mancheranno nemmeno opportunità di informazione per gli adulti. Insomma, sono in programma “sia momenti di intrattenimento per festeggiare l’anniversario del Centro con iniziative dedicate al 150° dell’Unità d’Italia, sia speciali attività didattiche e di pubblica utilità su alcuni temi di rilevanza sociale, fra cui quello della sostenibilità ambientale”, spiega il direttore Alessandro Tani. Il tutto senza dimenticare servizi e possibilità che I Gigli offrono normalmente, dalla personal shopper (per non sbagliare più nemmeno un acquisto) agli spazi dove far giocare i bambini mentre i “grandi” si dedicano alle compere, fino alla possibilità di vedere le partite del campionato di calcio e non solo sul maxischermo. Sempre immersi tra il bianco, il rosso e il verde. Perché, cari Fratelli, l’Italia ormai s’è proprio desta.

Recensione Album Vinicio Capossela “Marinai, Profeti e Balene”

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Il mare non cambia mai ed il suo operare, per quanto ne parlino gli uomini, è avvolto nel mistero. Così parlava del mare Joseph Conrad e Vinicio Capossela, pur seguendo questo assunto, riesce tramite il proprio immaginario a rendercelo più vicino. Bisogna dirlo: l’oceano e il nostro cantautore sembrano legati a filo doppio per le storie e i miti che entrambi, da sempre, ci offrono.

Marinai, Profeti e Balene esce a distanza di poco più di due anni da, il mezzo passo falso, di Da solo ed è una prova eccelsa di Vinicio. Un album esagerato: un’Odissea moderna, una Divina commedia del mare. Un’opera che non poteva non essere suddivisa in due volumi -cd- costante richiamo tra letteratura e musica. Più che un album dal vivo è giusto descriverlo come un musical per il teatro: 19 canzoni che vanno ascoltate insieme, perché collegate dai granelli di sabbia e dalla poesia che contengono.  Per questo forse, quelli che conoscono solo il Capossela della taranta del Ballo di san Vito o quello vezzoso di Che coss’è l’amor, potrebbero rimanere interdetti anche perchè la parentesi più interiore del, sopra citato, Da solo è oltrepassata.

Ma lasciamo il porto ed entriamo in mare aperto. “L’oceano nel quale ci muoviamo è un oceano di carta, tutto viene dalla letteratura”. Così Vinicio ha presentato l’album alla conferenza stampa e per noi è facile trovare ovvi  richiami alla balena bianca  di Melville, –Il Grande Leviatano, La Bianchezza della Balena, L’ Oceano, I Fuochi Fatui, Oilalà– e alla Bibbia: “il testo più saccheggiato dal rock’n’roll”. Moby Dick è dunque protagonista di I Fuochi Fatui, un geniale delirio (io sono tenebra che prorompe dalla luce) e nel terrificante racconto di La Bianchezza della Balena (niente è più terribile di questo colore una volta che è separato dal bene), canzone caratterizzata dalla viva presenza del coro, che Vinicio raramente aveva usato prima.

Troviamo poi momenti scanzonati nella filastrocca in sirenese( in fondo al mar, in fondo al mar) Pryntyl e ancora giochi riusciti in Lord Jim( l’eroe che falla perchè fa, di Conrad) curata in forma quasi spasmodica, o ancora in Polpo d’amor passando per i cori di Billy Budd: un vero pezzo blues suonato da pirati. I suoni che troviamo, insieme alle voci, rendono questa prima parte dell’album ariosa e liquida allo stesso tempo, come le sorelle del mare e dell’aria che si incontrano nel racconto di Andersen.

Sono diversi gli strati musicali che Vinicio ha voluto e saputo creare e che si evolvono senza in realtà confondersi o perdersi nel secondo “tomo”. Troviamo qui sonorità greche come nell’elegia ( Vinicio mi sento tornata ai tempi del liceo classico) di Aedo, con la lira di sottofondo, o nel Dimmi Tiresia, poesia dedicata al più famoso mediatore fra uomini e dei, o ancora nella ninna nanna, un carillon, della Madonna delle conchiglie, che il mare ci lascia senza volere niente in cambio.

Molte canzoni di quest’album sono perle ma, nei lavori in generale e ancora di più quando si parla di Capossela, l’importante è che tutto l’insieme è grandioso ed eccitante, perfetta somma totale delle parti. Marinai, Profeti e Balene è un disco fuori misura, pensato e scritto come un delirio provocato dal bere per lungo tempo l’acqua di mare. Immenso, racconta di pirati, vascelli, foche barbute, sirene, balene bianche, inferno, purgatorio, aria ed acqua, conoscenza, sommergibili e scafandri, aedi e viaggi. Tutti insieme, ma allo stesso tempo filtrati, grazie alla maestria con cui Vinicio si mette al servizio di quest’opera.

Un disco dove Capossela è e rimane Capossela, ma fa anche altro nelle sue sperimentazioni. Ripetere giova e nel caso di persone poco attente- disattentissime- è necessario. Vinicio Capossela ha sfornato, con la sfrontatezza e l’imperiosità di un bambino per il modo in cui riesce a giocare senza sbalzi tra registri alti e bassi, un album capolavoro: circolare, complesso, profondo ed importante. Non diventare parte di esso, non seguirne il flusso e l’onda, che ci porta e ci trasporta verso il viaggio e l’ignoto, sarebbe poco intelligente.

Ascoltatelo quindi attentamente, prestate attenzione, combattete per la comprensione in un momento in cui la musica che ci viene servita è solamente usa e getta.