venerdì, 11 Luglio 2025
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Endostart candidata a due premi per l’innovazione

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Alle sue spalle ha appena un anno di vita ma già al proprio attivo un importante finanziamento di un milione di euro, ricevuto da una compagine di investitori che hanno creduto nelle potenzialità del suo progetto.

Si tratta di Endostart, nata a Certaldo (Firenze) nel maggio 2018, da un mix di competenze: quelle di Alessandro Tozzi, medico gastroenterologo e quelle di Alberto Bruni, titolare della Special Electronic Design di Certaldo, già vincitori con il Progetto Europeo Videocapsula Endoscopica Supcam, del premio ADI Index Design Industriale 2016 e del Premio Nazionale Innovazione Design Industriale 2017.

L’obiettivo di Endostart è quello di sviluppare una nuova generazione di dispositivi medici per l’endoscopia digestiva, basati sulla tecnologia di ancoraggio endoscopico magnetico che sfrutta la capacità di interazione del ferrofluido con i campi magnetici. Il primo prodotto, Endorail System, un dispositivo volto a consentire a un normale colonscopio di esplorare l’intestino in maniera più semplice e meno traumatica, è già stato sviluppato ed è adesso pronto per la sperimentazione clinica.

Fra pochi giorni la startup toscana potrebbe essere l’assegnataria di due premi molto importanti per i quali è candidata tra i finalisti. Il primo, uno fra i più prestigiosi a livello europeo, è il Premio Gaetano Marzotto 2019. Ispirato alla figura di uno degli imprenditori di riferimento del Novecento, ha lo scopo di individuare e sostenere i più promettenti progetti imprenditoriali, che siano in grado di far convivere innovazione, impresa e società.

Oltre 500 sono state quest’anno le aziende che hanno partecipato al premio, ma soltanto cinque, fra cui Endostart, sono state inserite nella rosa delle finaliste, per la categoria principale “Premio per l’impresa”. La serata di premiazione, che si svolgerà il 21 novembre 2019 a Roma, decreterà il vincitore che riceverà un premio in denaro pari a 300mila euro.

L’altro premio, l’European Seed-Stage Finance Raise of the year, nell’ambito dell’European Lifestars Awards, è un riconoscimento londinese che celebra le imprese neo-costituite. I finalisti, 8 in tutto, provengono dal Regno Unito (4) dalla Svezia (1), dalla Francia (1), dall’Austria (1) ed Endostart, l’unica realtà italiana. Sono tutte aziende che hanno completato una raccolta fondi privata significativa fra il 2018 e il 2019. Nella scelta del vincitore la giuria terrà conto di alcuni elementi fra cui: la validità del progetto, il prodotto, il suo impatto sulla società, le capacità del team, la tecnologia, gli aspetti di sviluppo finanziario, l’importo dei fondi raccolti, la qualità/reputazione degli investitori attratti, l’utilizzo/allocazione post-finanziamento dei proventi.

I Lifestars Awards 2019 si terranno il 19 novembre 2019 presso l’Honorable Artillery Company a Londra. “Le modalità di partecipazione ai due premi – spiega l’amministratore delegato di Endostart, Alessandro Tozzi – sono state analoghe: abbiamo concorso a due bandi e, successivamente, preso parte alle selezioni. Nel premio inglese non è prevista l’erogazione di denaro ma, data la caratura internazionale, conferisce una grande visibilità soprattutto verso potenziali investitori”.

Cosa diversa è invece per il premio Gaetano Marzotto, uno dei pochi al mondo, che, oltre alla visibilità, consente anche di ottenere un apporto economico significativo. “Per noi sarebbe importante – aggiunge Tozzi – perché ci permetterebbe di portare avanti le attività aziendali, in particolare ci darebbe modo di finanziare gli studi clinici di Endorail, indispensabili per la commercializzazione del dispositivo”.

“In ogni caso – conclude Tozzi – nel mese di dicembre inizieremo il primo studio clinico pilota di Endorail, all’Ospedale Humanitas di Rozzano (Milano)”.

Qualche dato sul dispositivo “Endorail”

Il dispositivo “Endorail” ha l’obiettivo di migliorare le prestazioni del colonscopio, permettendo di esplorare l’intestino in maniera più semplice e meno traumatica. Grazie al ferrofluido e ai campi magnetici, Endorail funziona come una monorotaia in grado di far progredire agilmente il colonscopio lungo il lume colico potenzialmente riducendo il rischio di un esame incompleto e limitando il traumatismo sulle pareti intestinali.

Ogni anno in Italia vengono effettuate più di un milione di colonscopie e circa 60 milioni in tutto il mondo. Grazie alla colonscopia è possibile diagnosticare precocemente i tumori del colon e rimuoverne i precursori (polipi adenomatosi). La colonscopia quindi è l’esame più accurato ed efficace per la diagnosi e il trattamento dei precursori del cancro colorettale. Le colonscopie ad oggi risultano incomplete nel 5% – 25% dei casi ed è invece fondamentale completare l’esplorazione di tutti i segmenti del colon. In caso contrario, si ottiene purtroppo un ritardo diagnostico con conseguenze sull’incremento del dispendio di risorse sanitarie e sulla prognosi per il paziente.

 

Livorno omaggia Modigliani, i suoi capolavori in mostra

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Una mostra per celebrare Amedeo Modigliani, il più grande artista mai nato a Livorno, a cento anni dalla sua scomparsa. Al Museo della Città di Livorno è aperta dal 7 novembre 2019 al 16 febbraio 2020 la mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre, organizzata dal Comune di Livorno insieme all’Istituto Restellini di Parigi con la partecipazione della Fondazione Livorno.

Livorno celebra Modigliani con una grande mostra

Per Modigliani è un ritorno a casa. A Livorno il grande pittore nacque nel luglio del 1884 ed in questa città crebbe sviluppando la sua capacità creativa; poi, dopo un breve viaggio in Inghilterra, nel febbraio del 1906 arrivò a Parigi dove prese in affitto un atelier dando inizio alla sua “avventura”.
Nei quartieri di Montparnasse e di Montmartre, Modigliani strinse amicizia con  Guillaume Apollinaire,  Chaïm Soutine,  Paul Guillaume,  Blaise Cendrars,  Andrè Derain e  Maurice Utrillo. Tutti quanti lo ammiravano per la sua cultura, il suo fascino e il suo carisma. Modigliani incantava con il suo talento geniale e l’approccio intransigente all’arte, con la sua bellezza e la passionalità mediterranea che lo contraddistinguevano.
Tuttavia, nonostante la vita “sopra le righe”, le tante amanti, la sua energia, Modigliani non poté sfuggire alla morte, causata da una meningite tubercolare, e avvenuta a soli 36 anni. Una tragedia che provocò forte turbamento all’interno dell’avanguardia parigina e che fece conseguentemente nascere una leggenda che trasformò Modì (così veniva chiamato dai francesi) in quel personaggio idealizzato, spesso accompagnato da una emanazione evanescente e scandalosa – tipica del mondo bohémien – riconoscibile nei suoi ritratti e nei suoi celebri nudi.
Il grande omaggio della città di Livorno ad Amedeo Modigliani nel centenario della morte, capolavori in mostra fino al 16 febbraio 2020

Modigliani e la mostra che Livorno attendeva da un secolo

A Livorno Amedeo Modigliani si era formato artisticamente studiando i macchiaioli, si era ammalato gravemente per la prima volta ma era riuscito miracolosamente a guarire fino alla partenza per Parigi, centro nevralgico della scena e del mercato artistico, dove ebbe modo di esprimere il suo straordinario talento.
Nella Ville Lumière Modigliani aveva trovato l’energia necessaria per essere invincibile, come artista, come demiurgo e come detentore di verità e di conoscenza, alla pari dei più grandi del suo tempo. Era quasi riuscito a nascondere a sé stesso la malattia, la dipendenza da droghe e alcool, ed infine dall’inesorabile destino. Ma nonostante la fama conquistata, Modigliani restò sempre legato a Livorno, tanto da tornarci più volte nel corso della sua breve vita.
«La mostra è un ritorno a casa – ha commentato il curatore  Marc Restellini  sono felice di questa occasione e ringrazio e mi complimento con tutta l’Amministrazione per il coraggio e la rapidità delle scelte. Non poteva esserci decisione migliore di portare la mostra di Modigliani nella sua città nell’anniversario del centenario della morte».

La retrospettiva

Per celebrare questa importante ricorrenza sono eccezionalmente riuniti, nelle sale del Museo della Città ai Bottini dell’Olio – il grande deposito oleario completamente rinnovato nel cuore del quartiere La Venezia – i dipinti e i disegni di Modigliani appartenuti ai due collezionisti più importanti che lo hanno accompagnato e sostenuto nella sua vita.
Paul Alexandre, che rappresentò un legame tra Livorno e Parigi, lo sostenne al suo arrivo nella capitale francese e lo aiutò nel progetto scultoreo delle  Cariatidi oltre che durante i suoi ritorni a Livorno nel 1909 e 1913; ma anche e soprattutto Jonas Netter che riunì, come un esperto e geniale collezionista, i più bei capolavori del giovane livornese insieme ad un centinaio di altri capolavori della grande École de Paris.

A integrazione della mostra su Modigliani, consigliamo una visita la sua casa natale che si trova in via Roma 38, al piano nobile di un’affascinante palazzina della borghesia ebraica livornese ottocentesca. La casa, organizzata come un museo (per info e prenotazioni 320.8887044 – [email protected]), ripercorre la vicenda artistica e umana di Dedo Modigliani attraverso foto, documenti, lettere e riproduzioni. Il percorso si conclude, con l’omaggio da parte di alcuni pittori contemporanei, di una serie di opere ispirate alla figura e all’arte di Modigliani. Tra loro ricordiamo Bruno Ceccobelli, Mario Madiai, Pietro Cascella, Renato Guttuso, Mimmo Rotella e Tano Festa.

Il grande omaggio della città di Livorno ad Amedeo Modigliani nel centenario della morte, capolavori in mostra fino al 16 febbraio 2020

Modigliani in mostra a Livorno, tutte le informazioni

L’esposizione Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre al Museo della Città di Livorno dal 7 novembre 2019 al 16 febbraio 2020, è organizzata dal Comune di Livorno insieme all’ Istituto Restellini di Parigi con la partecipazione della Fondazione Livorno.E’ curata da Marc Restellini con il coordinamento di Sergio Risaliti 

Museo della Città

Piazza del Luogo Pio, Livorno

museodellacitta@comune.livorno.it

0586.824551

Orari e prezzi della mostra

Aperto da martedì a domenica ore 10-19. Chiuso tutti i lunedì, 25 dicembre, 1° gennaio.

Biglietti: intero 15 €, ridotto 10 €, gruppi scolastici 5 €. Gratuito per bambini fino ai 6 anni di età, invalidi con accompagnatore, accompagnatori di gruppi di almeno 25 persone.

Linea 3 tramvia Bagno a Ripoli, il progetto per piazza Beccaria

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Una quarantina di alberi, una grande area pedonale intorno a Porta alla Croce, una nuova fontana verso viale Gramsci e una fermata “trasparente” sul lato dell’Archivio di Stato. Sarà questo il nuovo volto di piazza Beccaria secondo il progetto definitivo della linea 3 della tramvia Firenze – Bagno a Ripoli (sulla carta i tecnici la chiamano “linea 3.2”). Il Comune ha pubblicato i documenti, le planimetrie e i rendering in attesa delle osservazioni degli enti e dei soggetti chiamati in causa.

Questo grande spazio progettato da Giuseppe Poggi nel 1865 sarà infatti interessata da una delle riqualificazioni più importanti del piano per il nuovo percorso del tram, che andrà da piazza della Libertà a Bagno a Ripoli, passando dai viali di circonvallazione, sui lungarni del Tempio e Colombo e nel quartiere di Gavinana anche con un nuovo ponte sull’Arno. Qui il dettaglio delle fermate della linea 3 della tramvia.

Fermata piazza Beccaria, progetto della linea 3 della tramvia

Tramontata l’ipotesi che prevedeva di costruire un sottopasso per le auto, il progetto per la linea 3 ridisegnerà gli spazi di piazza Beccaria: i binari della tramvia si sdoppieranno, non correranno più paralleli come succederà sui viali, ma abbracceranno Porta alla Croce, passando accanto al monumento, uno in direzione piazza della Libertà, l’altro verso Bagno a Ripoli, per poi riavvicinarsi sul lato dell’Archivio di Stato (viale Giovane Italia). In questa zona nascerà la fermata “Beccaria”, al centro dei due binari, con una pensilina tutta in vetro, simile a quella prevista anche al capolinea della T3 in piazza della Libertà.

Planimetria piazza Beccaria tram

In piazza Beccaria, come su tutto il tratto dei viali (da viale Matteotti a piazza Piave), Sirio viaggerà a batteria, senza pali di alimentazione, ricaricandosi alle fermate.

Porta alla Croce, la fontana e l’area pedonale

I binari della futura linea 3 della tramvia per Bagno a Ripoli saranno anche i confini di una nuova area pedonale, una piazza nella piazza che si svilupperà intorno a Porta alla Croce. Andrà dalla fine di viale Gramsci, dove verrà collocata una fontana, fino all’archivio di Stato e all’ingresso del parcheggio sotterraneo di piazza Beccaria.

Tramvia, nuovi alberi per piazza Beccaria

Nel progetto definitivo della linea 3 della tramvia viene ripresa anche l’idea di Giuseppe Poggi per una coppia di filari di alberi tutto intorno a piazza Beccaria, nei semicircoli che guardano Borgo alla Croce e via Gioberti. In tutto arriveranno 35 nuove piante più altre 4 nelle aree confinanti dei viali.

La maggior parte delle chiome delimiterà i due semicircoli laterali: sul versante di via Gioberti ci sarà una corsia con due file per la sosta, mentre sul lato di Borgo la Croce una corsia, una fila per il parcheggio o per la fermata degli autobus e una per la manovra.

Per la circolazione delle auto lungo l’asse dei viali di circonvallazione resteranno due corsie per senso di marcia, asfaltate, mentre per il resto di piazza Beccaria saranno utilizzati diversi materiali: porfido dove passeranno i binari della linea 3 della tramvia, cemento architettonico per l’area pedonale intorno a Porta alla Croce, pietra forte e di Trani per le due porzioni vicino a Borgo alla Croce e via Gioberti.

Tramvia Firenze: linee, fermate, orari. La guida completa

Arrivare ai mercatini di Natale in pullman (e con lo sconto)

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La città addobbata, i sapori delle feste come lo studel e i brezel, le tipiche casette e le bancarelle piene di decorazioni e idee regalo. Arrivare ai migliori mercatini di Natale di tutta Italia, da Firenze come dalle altre città della Toscana, è un gioco da ragazzi se si viaggia su pullman dotati di tutti i comfort. Bolzano, Merano e Trento sono più vicini di quanto si creda, come anche Milano, Roma e Napoli, località che propongono eventi in vista del 25 dicembre e 6 gennaio. E per i lettori de IlReporter.it c’è uno sconto speciale per i tour sulle “strade del Natale.”

Come arrivare in pullman ai mercatini di Natale

Vago Viaggi, tour operator fiorentino specializzato nelle escursioni di gruppo in pullman granturismo, offre pacchetti per visitare i mercatini natalizi più belli e gli angoli più caratteristici d’Italia: ci sono tour di un giorno o interi fine settimana.

Qualche esempio: il weekend tra i mercatini di Natale di Bolzano e Merano, le mete più richieste in questo momento dell’anno, oppure i tour da mattina a sera per curiosare fra le bancarelle di Trento, Rango e Canale di Tenno in Trentino Alto Adige o ancora il viaggio verso i mercatini di Verona, la città di Romeo e Giulietta. E per chi vuole salire sul treno più panoramico d’Europa, c’è l’escursione che include anche una tratta a bordo del trenino rosso-Bernina Express, tra i paesaggi delle Alpi verso Tirano e Saint Moritz.

Mercatini Natale 2019 Verona

Non mancano le proposte alternative come Gubbio, il paese di Don Matteo, con il suo grande albero e il Villaggio di Babbo Natale, Greccio, nell’alto Lazio, località conosciuta come la “Betlemme francescana” e Civita di Bagnoregio, il suggestivo borgo arroccato su una collina viterbese, tra i più belli Italia.

Le città di partenza per i tour Vago Viaggi

I tour in pullman di Vago Viaggi, che arrivano fino ai migliori mercatini di Natale in tutta Italia, partono dalle principali città della Toscana, come Firenze, Pisa e Lucca, con stop anche a Bologna. Queste in dettaglio le fermate:

  • Firenze
  • Barberino di Mugello
  • Empoli
  • Valdarno
  • Prato
  • Pistoia
  • Montecatini
  • Lucca
  • Pisa

Le escursioni comprendono il viaggio di andata e ritorno a bordo di pullman granturismo dotati di tutte le comodità, come la connessione internet wi-fi e le porte usb per ricaricare il cellulare, l’assistenza di un accompagnatore durante tutta l’escursione e in alcuni casi anche l’entrata in attrazioni e musei. Per quanto riguarda i weekend sono inclusi anche i pernottamenti in hotel con trattamento di mezza pensione.

Mercatini di Natale 2020Da Firenze ai mercatini di Natale, in pullman: lo sconto

Sul sito di Vago Viaggi nella sezione dedicata ai mercatini di Natale è possibile prenotare online la propria escursione. E per i lettori de IlReporter.it c’è un’opportunità in più: inserendo il codice sconto “Reporter” al momento della prenotazione si ha diritto a una riduzione del 5% sulla tariffa dell’escursione.

In collaborazione con Vago Viaggi

Gli eventi del Festival giapponese 2019 a Scandicci (Firenze)

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Dopo aver salutato Firenze, il Festival giapponese torna a Scandicci, per l’edizione 2019 della kermesse dedicata alla cultura nipponica. Per un intero weekend l’auditorium del Centro Rogers viene invaso da kimono, cibo tradizionale, cerimonie del tè, dimostrazioni di arti marziali, antiche danze e prodotti tipici dal Giappone.

Date e orari del festival giapponese 2019 a Scandicci

La 21esima edizione del festival giapponese si svolge a Scandicci da venerdì 15 a domenica 17 novembre 2019 con orario  11.00 – 20.00. Fitto il programma di eventi tra il piano terra dell’auditorium, con intrattenimento e dimostrazioni a ingresso libero, e il primo piano  dove prendono posto il palco per gli spettacoli, l’area ristoro, la zona di intrattenimento, il bazar e una mostra fotografica. L’accesso al primo livello è a pagamento (2 euro), gratuito per i soci dell’associazione Lailac e per i bambini fino ai 10 anni.

Il programma

Sono oltre 40 gli ospiti dal Giappone, che trasformano il Centro Rogers in una piazza nipponica per conoscere da vicino questo Paese. A Scandicci per il festival giapponese 2019 arrivano i danzatori Manjushaka con i loro spettacolari costumi e le danze tra antico e moderno  (ogni giorno alle 18.30, sabato e domenica anche alle 14.30), le esperte delle più importanti scuole di Via del Tè, 18 maestre di vestizione del kimono (abiti tradizionali che sarà possibile anche noleggiare), la direttrice di una delle più prestigiose scuole di cucina a Ginza, Tokyo, Natsuko Nakamura che parlerà del pranzo tipico giapponese e di come si preparano gli zuccherini tradizionali da tè (venerdì ore 14.30 e 18.30, sabato ore 17.00).

Festival giapponese Scandicci 2019 firenze programma

E ancora una giovanissima coppia di danzatori del Circolo Shimen Soka dell’Università di Yamagata impegnati in uno stile contemporaneo dell’antica danza Hanagasa (sabato ore 17.00), mentre tra piazza della Resistenza e il piano terra dell’auditorium sono previste dimostrazioni di arti marziali come Judo, Aikido, Iaido,  Kendo, Karatè. Il programma dettagliato è sul sito di Lailac. Per arrivare al Centro Rogers da Firenze basta prendere la linea 1 della tramvia in direzione Villa Costanza e scendere alla fermata “Resistenza”.

Festival giapponese, da Firenze a Scandicci

Il festival giapponese è nato a Firenze e solo negli ultimi anni si è spostato a Scandicci. Nel 1999 l’associazione Lailac, nata per promuovere la cultura del Paese orientale, ha organizzato il primo appuntamento della kermesse alla limonaia di Villa Vogel, poi la manifestazione ha toccato altre location cittadine, come la limonaia di Villa Strozzi e l’ippodromo del Visarno, per arrivare nel 2015 a Scandicci. La stessa associazione promuove dal 2011 anche Tanabata, la festa giapponese dei desideri che si svolge a luglio nel quartiere 4 di Firenze.

Il volontario di Salvatore Scibona. La recensione

Salvatore Scibona, nato a Cleveland (Ohio) da una famiglia di immigrati italiani, è al suo secondo romanzo. Ne “La Fine” (2011) descriveva il mondo degli immigrati italiani nella Little Italy di Elephant Park, intrecciando le vicende dei protagonisti in un groviglio fitto e colorato, condito però da una profonda disillusione, da quella sensazione di non aver più possibilità di sognare.

Ed è proprio questa morte delle aspirazioni, unita alla voglia di scappare, il filo conduttore della narrativa di Scibona. “Il Volontario” si apre con un bambino lettone, solo, all’interno dell’aeroporto di Amburgo. È Janis, e chi lo ha abbandonato è suo padre Elroy, figlio di nessuno che per un periodo è stato il figlio adottivo di Vollie e Louisa.

E qua il racconto vola nel Dopoguerra, dove facciamo conoscenza di Vollie Frade, un ragazzo dell’Iowa, nato e cresciuto in una baraccopoli intrisa di degrado. Vollie sta per volontario: tutti lo chiamano così dopo che, per fuggire dalla sua situazione senza sbocco, decide di arruolarsi e partire per il Vietnam.

Come possiamo immaginare sarà durissima per Vollie, soprattutto nei 400 giorni di prigionia rinchiuso in una grotta piena di cadaveri durante una missione fantasma in Cambogia. Allora Vollie, complice uno strano personaggio che lo contatta per unirsi a una cellula dei servizi segreti, scappa di nuovo. Una fuga dalla fuga.

Vollie Frade finisce per rifugiarsi in un vecchio ranch abbandonato nel New Mexico in cui un suo vecchio compagno d’armi, sparito chissà dove, aveva creato una comune basata sull’assenza di regole e sul libero amore.

Qua conoscerà Louise e il piccolo Elroy, con cui cercherà di farsi una famiglia. Scopriremo che anche Elroy, crescendo, condurrà una vita piena di tormenti, di incomprensioni e di fughe, come il padre adottivo Vollie, che lo porterà ad abbandonare il figlio, Janis, che abbiamo conosciuto nelle prime pagine del libro.

Il Volontario è scritto con uno stile intenso e ambizioso, che riesce a unire storie e luoghi lontani nel tempo e nello spazio. Un romanzo critico, globale ed incredibilmente attuale che racconta la storia di chi, per svariate ragioni, passa la vita a fuggire da qualcosa.

Il silenzio delle ragazze di Pat Barker. La recensione

Tutti noi conosciamo, anche a grandi linee, le vicende della guerra di Troia, la guerra più famosa di tutti i tempi. Come di consueto nei poemi epici il punto di vista del narratore è però esclusivamente maschile.

Si accendono i riflettori sul guerriero, sull’eroe maschio, e le figure femminili sono relegate a personaggi di contorno, nell’ombra narrativa, nonostante tutta la storia ruoti, alla fine, intorno a loro. Ma come sarebbe l’Iliade se a raccontarla fosse proprio una donna?

Il silenzio delle ragazze

In questo splendido romanzo la storica e scrittrice inglese Pat Baker racconta dal punto di vista femminile gli accadimenti della guerra di Troia. E la situazione non è delle più tranquille se consideriamo che Briseide, principessa di Lirnesso, dopo aver visto massacrare la sua famiglia per mano degli Achei viene consegnata, come un trofeo, in dono ad Achille.

Il racconto inizia con l’assedio di Lirnesso, città in cui aveva trovato rifugio il troiano Enea. I guerrieri greci, decisi a inseguire ed uccidere il nemico, riescono a conquistarla in poco tempo, sterminando tutti i maschi della città. L’allora diciannovenne Briseide, moglie del re Minete, viene scelta da Achille come parte del bottino e diventa, di fatto, la sua schiava, concubina ed infermiera personale.

Briseide si trova quindi costretta a servire e assecondare i capricci e le esigenze, anche sessuali, dei propri nemici, di quell’Achille che ha spazzato via la sua famiglia e il suo popolo. Fiera e orgogliosa, disprezza le altre donne che si prostrano arrendevoli nei confronti dei Greci, e inizia pian piano a entrare nelle dinamiche della vita in battaglia, raccontando tutto ciò che vede e sente dalla tenda di Achille in cui è reclusa.

Pat Baker riesce a ricostruire nei minimi dettagli le vicende della guerra di Troia incentrando il racconto sugli stati d’animo di Briseide, sul suo modo di porsi nei confronti del nemico che è giocoforza obbligata ad assecondare. Ne esce un romanzo piacevole, un classico poema epico a cui è stata cambiata l’inquadratura, che grazie riesce ad appassionare grazie alla sua visione diversa.

Borro Tuscan Bistro

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“Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si ha mangiato bene”, diceva Virginia Woolf. Ma potremmo aggiungere che a stomaco vuoto non si possa minimamente pensare neanche a fare shopping. Proprio per questo è d’obbligo una sosta a Il Borro Tuscan Bistro dove è possibile degustare prodotti di nicchia a due passi da via Tornabuoni, sul lungarno Acciaiuoli.

Borro Tuscan Bistro

Chiamarlo solo ristorante potrebbe essere riduttivo. Potremmo quasi definirlo una bottega, dove provare e acquistare prodotti ricercati: dai vini e distillati, alle paste artigianali, alle conserve e i sott’oli, fino a dolci e biscotti. Non solo. Perché con l’autunno lo chef Andrea Campani ha deciso di organizzare un ciclo di eventi all’insegna del buon cibo e del buon bere, con temi e ospiti ogni volta differenti.

Borro Tuscan Bistro: Storie da bere

Prenderanno vita le “Storie da bere” (28 novembre e 12 dicembre) durante le quali sarà possibile addentrarsi nel mondo del vino artigianale, scoprendone tutti i segreti direttamente dai produttori, i cui vini saranno accompagnati dai piatti dello chef che ne esalteranno caratteristiche e unicità.

Per chi invece è amante degli incontri al buio, il 14 novembre ed il 5 dicembre ad affiancare lo chef in cucina ci saranno degli ospiti misteriosi che sveleranno le loro ricette preferite.

Nel menù di tutti i giorni invece, tra un bicchiere di vino e l’altro, è possibile gustare piatti come la tartare di manzo con capperi fritti, verdure croccanti e uovo marinato e l’intramontabile pacchero di Gragnano con ragù alla toscana.

La festa di San Martino

11 novembre, festa di San Martino e a tal proposito… parliamo dell’omonima piazza. Il toponimo è uno dei più antichi della città, che prese nome dalla chiesa di San Martino del Vescovo, fondata nel 986 dall’arcidiacono Giovanni da Fiesole, poi donata nel 1034 ai monaci della vicina Badia Fiorentina.

Riedificata nel 1479, è da allora sede della pia Compagnia dei Buonuomini di San Martino. In piazza, in angolo troviamo la Torre della Castagna, singolare monumento di storia patria per essere stata all’epoca di Dante, la prima sede del governo libero di Firenze, sul lato della quale è posta questa epigrafe: “Questa torre detta della Castagna unica resta delle sedi onde i priori delle arti ressero Firenze prima che la forza e la gloria del fiorente Comune facessero sorgere il Palazzo della Signoria”.

A fronte della torre vi è l’oratorio della Compagnia dei Buonomini di San Martino, fondato nel 1442 da Sant’Antonino con lo scopo di alleviare le sofferenze dei cosiddetti “poveri vergognosi”, cioè di quei poveri divenuti tali all’improvviso, dall’oggi al domani, in seguito a sconvolgimenti politici e relative impietose confische di beni. Essi, provenendo da famiglie benestanti ed essendo sempre vissuti nell’agio, si vergognavano a chiedere l’elemosina, che però accettavano di buon grado, restando nell’anonimato.

L’11 novembre i Buonomini onoravano solennemente il loro patrono, considerato fino dal Medioevo il santo della carità per aver donato a un povero, quando era cavaliere della Guardia Imperiale, e non avendo nient’altro da offrirgli, metà della sua clamide, cioè del corto mantello fermato con una fibbia sulla spalla. L’attività dei Buonomini fu così zelante e fattiva che il papa Eugenio IV era solito chiamarli “gli angeli di Firenze”.

Sul lato destro della porta d’ingresso della piccola chiesetta-oratorio, è ancora presente la buca delle elemosine con una lapide che reca la scritta: “Limosine per li poveri verghognosi di S. Martino”. Per la generosità dei fiorentini, i Buonomini hanno potuto proseguire l’utile attività caritativa fino ai nostri giorni. Se talvolta avveniva che la loro cassa fosse vuota, senza un quattrino, tanto da avere estremo bisogno di aiuto, i fratelli accendevano una candelina accanto alla porta d’ingresso del loro oratorio, in maniera che i passanti vedendola, esclamassero: “i Buonomini sono al lumicino” e così offrissero l’elemosina.

Pure oggi il modo di dire “essere al lumicino” è sinonimo di aver finito tutti gli averi e quindi trovarsi allo stremo delle forze. La Compagnia, dopo quasi seicento anni di vita conserva ancora il suo spirito originario, offrendo agli indigenti un conforto materiale e spirituale, sulle orme del suo fondatore, e c’è chi tuttora usa offrire elemosine introducendo monete nell’apposita fessura sotto il bel tabernacolo affrescato dal pennello di Cosimo Ulivelli, dove si vede San Martino attorniato dai poveri ai quali elargisce l’elemosina.

L’interno dell’oratorio, che si articola su una piccola navata decorata da affreschi del Ghirlandaio, in origine era attiguo all’abside dell’antichissima chiesa denominata San Martino del Vescovo (perché fatta costruire da Regimbaldo vescovo di Fiesole nel 1034) e molte volte confusa con questa. Ma per chiarezza, la chiesa del vescovo, parrocchia della zona che fu anche degli Alighieri e dei Donati, soppressa nel Settecento, aveva il suo ingresso dal lato opposto all’oratorio dei Buonomini, e cioè su via Canto della Quarconia dove se ne possono ancora vedere alcune secolari tracce.

Sulla piccola piazza ha l’ingresso anche la trattoria “Il Pennello”, caratterizzata da un tondo bassorilievo in terracotta grezza con il ritratto di Mariotto Albertinelli, il pittore di cui il Vasari riferisce che, essendogli venuto a noia la sua arte, decise, all’inizio del Cinquecento, di dedicarsi alla cucina. Infatti, aprì una trattoria nel centro cittadino, nel fondo lasciato libero da un cimatore di lana fallito. Qui convenivano liete brigate di artisti; addirittura Benvenuto Cellini, Michelangelo, Andrea del Sarto, ma anche i suoi allievi Bugiardini e Innocenzo da Imola, tutti amanti del buon vino!

L’Albertinelli, a cui spesso veniva domandato della sua metamorfosi, rispondeva di aver, senza biasimo, lasciato la pittura che imitava la carne e il sangue, per questa nova arte che procurava, invece, il sangue e la carne; che ora si sentiva lodare anche per il buon vino, mentre nell’altra si sentiva spesso biasimare. Nel 1886, il casentinese Giuseppe Aiolli, appassionato cultore di memorie storiche, volle riaprire l’antica trattoria nella bottega allora tenuta da un merciaio e, in omaggio al suo illustre predecessore, la chiamò “Il Pennello”.

L’Ironman fiorentino che non sapeva nuotare

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Ironman è il nome della gara di triathlon super lungo, la prova sportiva più dura che esista: 3,86 km di nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa, la distanza di una maratona. Tutti da percorrere in una volta sola. Chi ce la fa può fregiarsi del titolo di Ironman finisher, uomo (o donna) di ferro, appunto.

È una gara di “resistenza”, che sì è un fatto fisico, ma è anche e soprattutto un fatto mentale, un prodotto della convinzione, della determinazione, di un lavoro su se stessi che non riguarda soltanto le gambe e il fiato. Sfidare i propri limiti, spostare l’asticella un po’ più in alto è l’obiettivo di chi si allena per l’Ironman.

Wolfango Poggi, 43 anni, per metà fiorentino e per l’altra romagnolo, ci è riuscito. E la sua è un’impresa titanica perché, prima di cimentarsi nell’Ironman, ha dovuto imparare a nuotare. Lo ha fatto per amore della sfida, ma anche per aiutare chi è davvero impegnato nella lotta per la vita, la più difficile di tutte. Nel settembre scorso ha superato la prova IronMan Italy che si è tenuta a Cervia, legando alla sua sfida una raccolta fondi per l’Istituto oncologico romagnolo e, in particolare, il progetto Margherita, che dona una parrucca alle donne in terapia oncologica.

Come è possibile anche solo pensare all’Iroman, se non si sa nuotare?

Tutto è iniziato nel 2008 – racconta Poggi – quando ero residente a Milano e, per caso, lessi sulla Gazzetta dello Sport un articolo su Danny Ferrone, un triatleta malato di fibrosi cistica che si stava preparando per fare l’Ironman. La notizia mi colpì, perché la fibrosi cistica è una malattia incompatibile con una disciplina che presuppone resistenza fisica e capacità respiratorie fuori dal comune. Per caso, qualche tempo dopo, incontrai proprio Danny alla partenza della maratona di Milano.

Non partecipavo, volevo solo assaporare l’atmosfera e cimentarmi in qualche chilometro, senza la pretesa di portare a termine la gara. In quella occasione riuscii a contattarlo e dal nostro incontro nacque un invito, da parte mia, a trasferirsi a casa nostra, a Milano, per sei mesi, per imparare la lingua italiana e diffondere la sua associazione a sostegno dei malati di fibrosi cistica.

Questi sei mesi a contatto con Danny, la sua malattia e la sua incredibile perseveranza e determinazione, mi hanno dato modo di riflettere sull’esistenza e sulla capacità di affrontare sfide impossibili grazie alla volontà. Nel 2014, poi, mia sorella si è ammalata di sclerosi multipla. A quel punto mi sono guardato dentro. Era arrivato il momento di dare una svolta, di fare qualcosa che mi mettesse in gioco in prima persona: vincere la mia paura del nuoto e dell’acqua alta.

Ho preso lezioni di nuoto, ho imparato la tecnica, la respirazione, superato il terrore di trovarmi in alto mare. Al tempo stesso, ho deciso di fare qualcosa di concreto per sostenere l’Aism, Associazione italiana sclerosi multipla, sfruttando lo sport per raccogliere fondi da destinare alla ricerca e al sostegno dei malati.

E la decisione di prepararsi per l’Ironman, quando l’ha presa?

Ho sempre fatto sport, ma il progetto Ironman è rimasto in naftalina ancora per un po’ di anni. Fino al 2018, anno in cui una cara amica di famiglia, nostra testimone di nozze, si è ammalata di tumore al pancreas: ha lottato un anno e mezzo con tutte le sue forze, prima di soccombere alla malattia. Avevo già portato a termine l’allenamento per tentare, nel 2016, la gara di mezzo Ironman. Il mio obiettivo era partecipare alla competizione, abbinando ad essa una raccolta fondi destinata all’Aism.

Rimaneva il pallino dell’Ironman completo, una gara che ti spaventa anche solo a pensarci. Avevo partecipato a una maratona, a gare in bicicletta, avevo concluso il mezzo Ironman, ma l’Ironman quello vero… E tuttavia, pensando a tutti coloro che lottano per la vita, come mi potevo permettere, io, di considerare l’Ironman una sfida impossibile? Nel 2018 ho dato il via alla preparazione atletica per portare a termine questa gara, era l’anno in cui la nostra amica lottava contro il tumore al pancreas.

Ironman

Lei è un imprenditore, ha una famiglia, due bambini, e la preparazione atletica per l’Ironman è particolarmente impegnativa. Dove ha trovato il tempo?

La mia famiglia mi ha sempre sostenuto. Sono stati mesi di allenamenti intensi, meravigliosi, che mi hanno fatto scoprire lati di me stesso che non conoscevo: sei ore di allenamento al giorno, alzandomi alle 4 di mattina e continuando a lavorare e a dedicare il tempo libero alla famiglia, richiedono organizzazione e impegno. Non ho però fatto tutto da solo, sono stato seguito da due allenatori, Gaetano di Stefano e Lina Manzo, specialisti nell’allenamento in bici e corsa.

Due-tre mesi prima della gara, ho dovuto affrontare allenamenti di 13-14 ore alla settimana, ma mi sentivo bene, in forze. Sentivo la stanchezza, ma lavoravo come sempre e non mi mancava l’energia per stare con la mia famiglia. Lo sport è una risorsa ancora troppo sottovalutata. Fosse per me, le ore di sport dovrebbero essere incluse nelle ore di lavoro, sono certo che ne trarrebbe beneficio sia il lavoratore sia l’azienda.

Durante la gara come si è sentito? Ha avuto momenti di difficoltà?

La gara è stata un’emozione unica ed è scorsa via, nonostante i momenti di difficoltà. Nei momenti di sfinimento ti concentri su chi sta lottando per la sua vita, pensi a Zanardi (Alex, il noto atleta paralimpico ed ex pilota di Formula 1, ndr) che corre con le braccia, ti rendi conto che tu non hai il diritto di lamentarti. Allora vai avanti e perseveri.

Prossime sfide?

Faccio parte della squadra Firenze triathlon e sto preparando altre gare, sempre legate a raccolte fondi per Istituti di ricerca. Non mi cimenterò in sfide superiori a questa perché accanto alla determinazione occorre anche essere consapevoli dei propri limiti e della propria età. Ma di certo continuerò a legare il mio impegno nello sport a favore di chi sta lottando contro malattie devastanti, senza nessuna intenzione di arrendersi.