martedì, 29 Aprile 2025
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I negozi aperti (e quelli chiusi) il 25 aprile e il 1 maggio in Toscana

Chiunque venda cibo da asporto, edicole, farmacie e parafarmacie. Sono questi i soli negozi autorizzati a restare aperti il 25 aprile e il 1 maggio 2020 secondo quanto deciso dalla Regione Toscana: chiusi tutti gli altri. Compresi i centri commerciali, anche se potranno fare consegna a domicilio.

L’ordinanza 41 della Regione Toscana, firmata ieri, ha dato il via libera al cibo take away dei ristoranti e di tutti i negozi alimentari che preparano cibo da asporto. Già oggi possono quindi riaprire rosticcerie, piadinerie, friggitorie, gelaterie, pasticcerie, pizzerie al taglio e tutte le attività alimentari artigianali. Oltre, naturalmente, ai ristoranti, compresi quelli degli alberghi con ristorante, se abilitati alla somministrazione al pubblico.

Cibo da asporto con limitazioni: solo su ordinazione (online o telefonica), un cliente per volta all’orario fissato, niente bevande ma solo cibo. Il testo completo dell’ordinanza 41.

I negozi aperti il 25 aprile e il 1 maggio

Ristoranti e negozi alimentari potranno lavorare anche nei prossimi giorni festivi. Oltre a loro, il 25 aprile e il 1 maggio potranno rimanere aperte tutte le edicole e le rivendite di giornali della Toscana, le farmacie e le parafarmacie.

I negozi chiusi il 25 aprile e il 1 maggio

Tutti gli altri negozi saranno obbligati a restare chiusi sia il 25 aprile che il 1 maggio. Un divieto che vale per tutti, dai negozi di vicinato ai grandi supermercati e centri commerciali. Con una sola concessione: potranno effettuare consegna a domicilio.

Coronavirus, la tabella del rischio e i codici Ateco per le riaperture

La fase 2 inizierà presto, forse già dal 27 aprile: ma in modo graduale, seguendo le indicazioni della tabella del rischio inclusa nel “piano Colao” che individua una classe di rischio da coronavirus per ogni codice Ateco delle attività.

Piano Colao, la tabella del rischio coronavirus

L’idea è che si può – e si deve, per evitare danni economici irrecuperabili – lavorare anche con il coronavirus. Prendendo, ovviamente, tutte le precauzioni possibili. Anche a seconda del tipo di attività che si svolge. La tabella del rischio del cosiddetto “piano Colao” per la ripartenza classifica ogni codice Ateco in base a due parametri.

Il primo è la classe di aggregazione sociale, che valuta la probabilità di assembramenti nel luogo di lavoro. Quanto è possibile, insomma, mantenere il distanziamento sociale. Il punteggio va da un minimo di 1 a un massimo di 4. Se il lavoro di ufficio e nelle fabbriche, con i dovuti accorgimenti, è valutato un 1, le attività sportive, di intrattenimento e divertimento – una partita allo stadio o un concerto, ad esempio – sono un 4.

Fase 2, calendario della riapertura: bar, negozi e l’anticipo del 27 aprile

L’altro parametro è la classe di rischio integrato, quanto cioè l’attività di per sé espone i lavoratori al contagio. È valutata secondo una scala “basso – medio – alto”, con valori intermedi (“medio-basso” e “medio-alto”). Se la maggior parte del lavoro in fabbrica è “basso”, l’assistenza sanitaria e sociale è “alto”.

La combinazione dei due valori in tabella dà un indice di rischio complessivo per ciascuna attività (dunque per ciascun codice Ateco) al momento in cui potrà riprendere il lavoro dopo la fase acuta dell’epidemia da coronavirus in Italia. Alcune lo hanno già fatto, altre si aggiungeranno nelle prossime settimane.

Il piano Colao per la fase 2

L’ordine da seguire per la ripresa delle attività nella fase 2 è quello del minor rischio: così, la task force presieduta da Colao ha indicato che i primi a tornare a lavorare siano i lavoratori delle imprese con codice Ateco B, C, F, G, L, M, N. In altre parole, la manifattura, le costruzioni, il commercio e il mondo dei servizi (con qualche eccezione).

Fase 2 e spostamenti tra Comuni: il 4 maggio si potrà uscire liberamente?

Tra le attività più a rischio ci sono il trasporto aereo, le professioni sanitarie, tutto il mondo delle scommesse e del gioco d’azzardo, le attività sportive, l’intrattenimento e il divertimento.

Rientro a lavoro, i 60enni restano a casa

Tra le proposte del piano Colao per la fase 2 c’è quella di lasciare a casa la fascia demografica dei lavoratori più a rischio, gli ultra 60enni. Per loro, smart working se possibile, altrimenti esonero completo dal lavoro.

Solo un’ipotesi, sulla quale il governo sta riflettendo e che non è detto venga accolta. Anzi, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il premier Conte sembra piuttosto contrario all’idea di non far tornare i 60enni al lavoro. Si tratterebbe, secondo una prima stima, di circa 900 mila lavoratori in Italia di cui il sistema produttivo faticherebbe a fare a meno.

La tabella di rischio per codice Ateco in formato pdf e Word

Diffusa nei giorni scorsi, la tabella delle classi di rischio per la ripartenza delle attività nella fase 2, in base al loro codice Ateco, è disponibile qui di seguito in formato pdf e Word.

Cosa piantare nell’orto sul balcone (o nel giardino di casa)

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Se vi state chiedendo cosa piantare nell’orto che avete creato sul balcone o nel piccolo giardino di casa, la primavera è il momento giusto per mettersi all’opera: tra aprile e maggio la stagione è matura per coltivare frutti e ortaggi, anche in vaso, dalle fragole al basilico, fino ai pomodori. “Questo è il periodo migliore, sono passate le gelate e qualunque seme mettiamo nella terra è pronto per crescere”, spiega Giacomo Salizzoni, architetto che nel cuore di Firenze ha ideato in un’ex pista di atletica il community garden degli Orti Dipinti, un po’ campo urbano, un po’ luogo di aggregazione e di didattica.

Adesso questo giardino collettivo è chiuso, Giacomo se ne prende cura per quando l’emergenza coronavirus sarà cessata, ma intanto dispensa consigli a chi vuole trasformare il terrazzo di casa in un campo a misura di città. Gli abbiamo chiesto l’ABC dell’orto sul balcone.

Come iniziare, il “kit” per l’orto sul balcone

Partiamo dalle basi. Per realizzare un orto sul balcone, la prima cosa da fare non è piantare subito ortaggi e aromatiche, ma guardare il sole: il terrazzo deve avere una buona esposizione. “Sono necessarie almeno 6 o 8 ore di luce solare diretta ogni giorno perché le piante crescano rigogliose – spiega Salizzoni – nel caso non avessimo tutta questa luce, possiamo concentrarci più su lattuga o cicoria, che soffrirebbero se troppo esposte al sole, soprattutto tra maggio e luglio, mentre nella penombra possono trovare giovamento. Per di più l’insalata ha  bisogno di relativamente poca terra”.

Eccoci arrivati al secondo passo per il “contadino pensile”: la quantità di terra e i contenitori da mettere sul balcone per l’orto mignon. “Dalla mia esperienza ho notato che le persone più inesperte tendono a sovraccaricare piccoli vasi con tante piante, mentre conviene metterne un po’ meno, ma in grandi contenitori – osserva – in questi modo siamo sicuri che la pianta cresca forte, grande e rigogliosa, producendo molti più frutti”. Quindi la regola generale è meglio poche piante in un vaso, ma buone, perché hanno bisogno di molta terra.

L’orto in vaso, quale contenitore è il migliore per il terrazzo: cassetta o fioriera?

Via libera alle cassette e alle “vasche” di terra, se sono abbastanza alte, no invece ai normali vasi per fiori, bassi e tozzi. Per il terrazzo sono consigliati contenitori stretti e lunghi, in modo tale che il volume della terra si sviluppi in verticale e le radici possano andare in profondità. Per quanto riguarda l’acqua, prima di iniziare a piantare possiamo pensare a un sistema di irrigazione “sotterraneo”, fatto in casa, per il nostro orto sul balcone.

“Dare l’acqua dall’alto, ad esempio con un annaffiatoio, è sbagliato perché così sprechiamo molta risorsa idrica e gli elementi nutritivi vengono lavati via – chiarisce l’esperto di orti urbani – la subirrigazione garantisce invece pochi stress idrici a ciò che coltiviamo”. Questo sistema si può creare con delle ampolle di terracotta interrate oppure semplicemente riusando delle bottiglie di plastica (qui sotto il video tutorial girato nel community garden degli Orti Dipinti).

Cosa piantare nell’orto sul balcone (e in giardino) tra aprile e maggio

Per chi è alle prime armi, il consiglio è di comprare nei vivai o al supermercato non tanto i semi ma le piantine già pronte per essere travasate. Costano pochi euro e nel giro di un mese e mezzo avremo già qualcosa da mangiare, una filiera a “metro zero” che va dalla terrazza alla tavola. Cosa piantare nell’orto? Tra aprile e maggio è il momento migliore per coltivare pomodori, peperoni, peperoncini, zucchine, melanzane, cicoria, fragole, basilico in vaso o nel piccolo giardino di casa.

Un occhio di riguardo va dato agli abbinamenti, non tutto sta bene con tutto. La salvia ad esempio va d’accordo con pochi “colleghi”, che siano ortaggi o piante aromatiche, e deve essere tenuta lontano altrimenti rischia di far seccare in poco tempo il nostro orto sul balcone. “Basilico e pomodoro stanno bene insieme. Piante che occupano poco spazio come l’aglio possono essere inoltre messe sotto il pomodoro: oltre a lavorare in modo sinergico offrono una barriera naturale dai parassiti”. Per capire cosa piantare insieme ci sono le tabelle di consociazione degli ortaggi, ecco quella degli Orti Dipinti.

orto terrazzo cosa piantare insieme consociazione ortaggi

Tra le specie consigliate ai contadini urbani c’è pure un colorato fiore che si mangia, il nasturzio, perfetto per l’orto sul balcone biologico, dice chi se ne intende: “i semi sono facili da comprare anche online, con un costo ridotto – osserva il fondatore degli Orti Dipinti – . È una pianta bella e resistente, da una parte attrae insetti utili, che evitano l’uso di antiparassitari, dall’altra i fiori possono essere mangiati. Hanno un sapore leggermente pepato e sono ottimi se aggiunti all’insalata”.

Date da mangiare alle piante, non solo da bere: il concime fai date

Chiudiamo questa guida per realizzare sul balcone un rigoglioso orto con il capitolo fertilizzante: in media ogni mese la terra ha bisogno che sia ristabilito un buon equilibrio di nutrienti e minerali come fosforo, potassio e magnesio. La soluzione green è un concime anti-spreco, da fare in casa con fondi di caffè, gusci di uova tritati fino a ottenere una polvere e, quando disponibile, un “pizzico” di bucce di banana per arricchire il terreno.

E se abbiamo abbastanza spazio sul balcone, accanto all’orto possiamo installare una vermi-compostiera, grande come il cesto della biancheria sporca, ma più utile (e meno puzzolente). “Se ne trovano facilmente sul mercato, anche su Amazon con un prezzo piuttosto contenuto, non producono cattivi odori e permettono di ridurre il volume dei nostri rifiuti organici domestici ottenendo compost per le piante”. Non vi bastano questi consigli? Giacomo Salizzoni ha raccolto questi e altri suggerimenti nella green library gratuita degli Orti dipinti. Per diventare contadini urbani basta un click.

Cibo da asporto, via libera alla vendita per tutti i ristoranti in Toscana

Via libera alla vendita di cibo da asporto per tutti i locali e i ristoranti della Toscana, ma solo su ordinazione online o per telefono: lo stabilisce l’ordinanza 41 firmata oggi dal presidente della Regione Enrico Rossi.

Take away (ma solo su prenotazione) in Toscana

I ristoranti e i locali, anche artigianali, potranno vendere cibo da asporto, a patto di raccogliere prima la prenotazione e dare ai clienti un appuntamento, in modo da evitare gli assembramenti sia all’interno che all’esterno. Si potrà prenotare il cibo sia online che per telefono.

L’ordinanza del presidente della Regione Toscana dispone inoltre che i clienti dovranno restare all’interno dei locali solo il tempo strettamente necessario alla consegna del cibo take away da asporto e al pagamento. Dovranno poi uscire subito dopo. Resta vietata ogni forma di consumo sul posto.

L’ordinanza 41 della Regione Toscana

Tra gli altri contenuti dell’ordinanza 41 c’è la conferma della possibilità di vendere di semi, piante, fiori ornamentali e piante in vaso. Una disposizione già stabilita da un precedente atto e che vale anche per gli esercizi commerciali specializzati.

Confermata anche la possibilità di vendere calzature per bambini, sia nei negozi specializzati solo in calzature per l’infanzia che in quelli di abbigliamento per bambini.

L’ordinanza ribadisce poi che i distributori di benzina e carburante potranno continuare a funzionare con la presenza del gestore, che potrà determinare liberamente l’orario del servizio.

Negozi chiusi il 25 aprile e il 1° maggio

Si conferma anche che il 25 aprile e il 1 maggio tutti i negozi resteranno chiusi come previsto dall’ordinanza 37.

Con l’unica eccezione proprio dei negozi di alimentari e dei ristoranti, che potranno restare aperti per preparare cibo da asporto. Oltre a questi, saranno aperte edicole, farmacie e parafarmacie.

I negozi aperti (e quelli chiusi) il 25 aprile e il 1 maggio in Toscana

Asporto e take away in Toscana, il testo dell’ordinanza 41 (formato pdf e Word)

Il testo completo dell’ordinanza 41 firmata dal presidente della Regione Toscana è disponibile qui in formato pdf e Word.

Coronavirus, boom di guariti in Toscana: le notizie del 22 aprile

Un vero e proprio boom di guarigioni, 533 in un giorno. Sono buone le ultime notizie del bollettino regionale di oggi, mercoledì 22 aprile, sul contagio da coronavirus in Toscana. I nuovi casi sono 97, i decessi 19.

Coronavirus, il bollettino del 22 aprile in Toscana

I 97 nuovi casi tratteggiano un primo trend, tutto da confermare, di una forte diminuzione del contagio dopo i 96 casi rilevati ieri. Due giornate consecutive al di sotto dei 100 nuovi casi non si registravano dal 12 marzo scorso.

Il totale dei contagiati da coronavirus in Toscana dall’inizio dell’epidemia raggiunge la cifra tonda, 8.700. Sono 2.760 i casi segnalati nella provincia di Firenze (56 in più rispetto a ieri), 479 a Prato (6 in più), 583 a Pistoia (8 in più), 957 a Massa Carrara (1 in più), 1.221 a Lucca (6 in più), 818 a Pisa (7 in più), 494 a Livorno (2 in più), 587 ad Arezzo (7 in più), 412 a Siena (1 in più), 389 a Grosseto (3 in più).

La Toscana si conferma all’11° posto in Italia per numerosità di casi, con circa 233 casi ogni 100.000 abitanti. La media italiana è di 305. Le province di notifica con il tasso più alto sono Massa con 491 casi ogni 100.000 abitanti, Lucca con 315, Firenze con 273. La più bassa Livorno con 148.

Per quanto riguarda i decessi, sono 19 quelli registrati nelle ultime ventiquattro ore, 11 uomini e 8 donne con un’età media di 83,3 anni. Distribuiti così sul territorio: 9 le persone decedute nella provincia di Firenze, 2 a Prato, 1 a Pistoia, 1 a Massa Carrara, 2 a Lucca, 1 a Pisa, 2 a Livorno, e 1 ad Arezzo.

Coronavirus, ultime notizie dalla Toscana (22 aprile)

Il totale dal 1° febbraio scorso sale così a 705 morti: 202 a Firenze 38 a Prato, 72 a Pistoia, 111 a Massa, 101 a Lucca, 66 a Pisa, 41 a Livorno, 28 ad Arezzo, 25 a Siena, 14 a Grosseto. Oltre a questi, 7 persone decedute in Toscana ma residenti fuori regione.

Il tasso grezzo di mortalità toscano (il rapporto tra deceduti e popolazione residente) per Covid-19 è di 18,9 ogni 100.000 residenti, contro il quasi 41 ogni 100.000 della media italiana. La Toscana è la 12esima regione per mortalità. Per quanto riguarda le province, il tasso di mortalità più alto si riscontra a Massa (57 ogni 100.000), Lucca (26 x100.000) e Pistoia (24,6 x100.000), il più basso a Grosseto (6,3 x100.000).

Record di guariti, 533 in un giorno

La notizia di giornata è l’alto numero di nuovi guariti, 533. Il totale sale così a 1.828. Di questi, 995 persone “clinicamente guarite” (+55%), divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione. Altre 833 (+27,6%) dichiarate guarite a tutti gli effetti, le cosiddette guarigioni virali, con doppio tampone negativo.

Continuano a diminuire anche le persone ricoverate nei posti letto dedicati ai pazienti Covid. Oggi sono 994 (10 in meno di ieri), di cui 174 in terapia intensiva (3 in più rispetto a ieri).

Altre 5.173 persone sono in isolamento a casa (-445 rispetto a ieri) con sintomi lievi o asintomatici. Sono 17.261 (meno 645 rispetto a ieri le persone, anch’esse isolate, in sorveglianza attiva perché hanno avuto contatti con persone contagiate (Asl centro 8.259, nord ovest 7.773, sud est 1.229).

I tamponi eseguiti raggiungono quota 114.100. Sono 4.175 in più quelli effettuati rispetto a ieri, mentre quelli analizzati oggi sono 3.477.

Coronavirus, la fase 3 in Italia: quando inizia e cosa prevede

Non c’è due senza tre, verrebbe da dire. Se la fase 2 dell’emergenza coronavirus in Italia è ormai alle porte, è tempo anche di cominciare a interrogarsi su quando inizia e cosa prevede la fase 3, quella di un graduale ritorno alla normalità.

Cosa si prevede per la fase 3 del coronavirus in Italia

Normalità per modo di dire. Mascherine e distanziamento sociale continueranno a essere la regola fin quando non sarà diffuso un vaccino che ancora non esiste. Lo ha detto ieri il presidente del consiglio Giuseppe Conte durante la sua informativa al Senato. In cosa consiste dunque la fase 3 dell’emergenza coronavirus in Italia?

Se per fase 2 si intende la graduale riapertura dei negozi, pur con delle eccezioni e le massime misure di sicurezza per convivere con il virus, la fase 3 sarà quella della ripresa della vita una volta che il Covid 19 sarà in qualche modo tenuto sotto controllo.

Fase 3, il programma delle riaperture

Non si ripartirà tutti insieme. Il criterio che si continuerà a seguire è lo stesso elaborato dalla task force di esperti presieduta da Vittorio Colao per la fase 2 dell’emergenza coronavirus, quello della tabella del rischio. A ciascuna attività – identificata anche in questo caso dal suo codice Ateco – vengono associati due punteggi. Il primo è la classe di rischio, il secondo quella di aggregazione sociale. Le imprese che nella tabella hanno l’indice complessivo di rischio più basso, saranno le prime a ripartire nella fase 2.

Coronavirus, la tabella di rischio per le riaperture

Così, ad esempio, l’industria alimentare che ha basso indice di rischio e bassa classe di aggregazione sarebbe tra le prime a ripartire. Al contrario, il trasporto aereo (alto rischio e alta aggregazione) dovrà aspettare.

Con la possibilità di far scattare dei lockdown locali nelle aree in cui il rischio dovesse innalzarsi di nuovo. A seconda di tre parametri, monitorati costantemente: l’andamento dei contagi, la disponibilità di posti letto negli ospedali Covid e la reperibilità di mascherine e altri dispositivi di protezione.

Scuola, riapertura a settembre?

Il settore in cui l’inizio della fase 3 sarà il più inequivocabile è quello della scuola, per il momento orfana di una strategia che vada oltre il “chiudere tutto”. Se oggi siamo alla didattica e agli esami a distanza, la fase 3 sarà quella della riapertura della scuola e del ritorno degli studenti.

Ci saranno lacune da colmare e misure di sicurezza straordinarie da poter adottare. Perché sia tutto pronto per settembre, all’inizio del prossimo anno scolastico, serve un gigantesco investimento in strutture e in soluzioni strategiche.

Fase 2 e spostamenti tra Comuni: il 4 maggio si potrà uscire liberamente?

Treni, bus e trasporti: cosa cambia con il coronavirus

Ripartono le scuole, ripartono le aziende, ripartiranno con loro anche gli spostamenti. Anche per il trasporto pubblico, nella fase 3, serviranno misure straordinarie per quanto riguarda la sanificazione dei mezzi e la gestione del flusso di utenti. Mascherine e altri dispositivi di protezione continueranno a essere obbligatori, ma difficilmente sarà possibile rispettare le norme di distanziamento sociale.

Secondo le stime dell’associazione dei trasporti Asstra, mantenere il metro quadro di spazio riservato a ciascun passeggero comporterebbe una riduzione tra il 50 e il 70% della capacità di carico di bus e treni. Troppo per poter garantire un’offerta sufficiente e troppo anche per poter sostenere i costi. È possibile quindi che il trasporto pubblico opererà in deroga.

In molte città si sta discutendo della possibilità di sospendere le Ztl e la sosta a pagamento, visto il probabile boom dell’uso di mezzi privati.

Una delle proposte in esame è quella di differenziare gli orari di ingresso e uscita di aziende e scuole, in modo da non concentrare nelle stesse fasce orarie il traffico e l’afflusso sui mezzi pubblici.

Dallo sport al cinema

La fase 3 sarà anche quella della ripresa di cinema, teatri, concerti ed eventi sportivi. Anche in questo caso è troppo presto per ipotizzare una data. Non accadrà prima del prossimo autunno, nel migliore dei casi. Ma l’attesa di un grande festival o di una partita allo stadio potrebbe prolungarsi anche di molti mesi.

Quando inizia la fase 3 in Italia

Prevederlo oggi è poco più che un auspicio. Ma la fase 3 in Italia potrebbe avere inizio a settembre, quando inizia il nuovo anno scolastico, il primo del dopo coronavirus. Con la riapertura della scuola e la ripresa graduale di tutto il tessuto produttivo si potrà legittimamente iniziare a parlare di fase 3.

Cig, quando chiedere l’anticipo della cassa integrazione e a quali banche

Dalla cassa integrazione ordinaria a quella in deroga fino agli altri ammortizzatori sociali, in Toscana non c’è bisogno di aspettare il pagamento da parte dell’Inps, ma il lavoratore può fare richiesta dell’anticipo direttamente alle banche che hanno firmato l’accordo con la Regione. In pratica si tratta di un’apertura di credito fino a 1.400 euro, a interessi zero, nel caso di integrazioni del reddito attivate dalle aziende in crisi a seguito dell’emergenza coronavirus e in particolare: Cigo (cassa integrazione ordinaria), Fis (Fondo d’Integrazione Salariale), Cig in deroga e Cisoa (operatori agricoli).

I lavoratori dovranno aprire un conto corrente ad hoc nella propria banca (o un nuovo conto corrente se il proprio istituto di credito non è tra quelli convenzionati) e vedranno arrivare quanto dovuto, in poco tempo, senza dover attendere le procedure dell’Inps per l’erogazione dell’assegno. L’anticipo è possibile grazie all’intesa siglato a metà aprile dalla Regione Toscana con i principali istituti di credito.

Pagamento della cassa integrazione, quando e come fare richiesta dell’anticipo

Per ottenere l’anticipo basta che l’azienda abbia presentato domanda di cassa integrazione o di integrazione salariale con pagamento diretto da parte dell’Inps. Non c’è bisogno di aspettare: il lavoratore si può rivolgere subito in banca, compilare una richiesta online allegando la dichiarazione dell’azienda, con indicato l’importo spettante in modo che possa essere calcolata la cifra da anticipare.

“La richiesta del lavoratore potrà avvenire immediatamente – spiega l’assessore al lavoro della Toscana, Cristina Grieco – e l’istituto procederà all’erogazione dell’anticipo senza dover aspettare l’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione del trattamento delle Cig”. Non c’è da attendere né il via libera della Regione né la presentazione dei modelli SR41 all’Inps, precisano gli uffici della giunta.

A quali banche può essere fatta domanda

L’accordo con la Regione Toscana per l’anticipo della cassa integrazione (cig ordinaria e in deroga) e le altre integrazioni salariali è stato firmato dalle principali banche del territorio. Altre potranno aggiungersi nei prossimi giorni. Ecco l’elenco:

  • Cassa Risparmio di Volterra
  • Banca Popolare di Lajatico
  •  Monte dei Paschi di Siena
  • Unicredit
  • Banca Cambiano
  • Intesa Sanpaolo
  • Banca Alta Toscana Credito Cooperativo
  • Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo
  • Banca Centro – Credito Cooperativo Toscana-Umbria
  • Banco Fiorentino – Mugello Impruneta Signa – Credito Cooperativo
  • ChiantiBanca Credito Cooperativo
  • Banca dell’Elba Credito Cooperativo
  • Banca di Pescia e Cascina Credito Cooperativo
  • Banca di Pisa e Fornacette Credito Cooperativo
  • Banca di Credito Cooperativo di Pontassieve
  • Banca Tema Terre Etrusche e di Maremma – Credito Cooperativo
  • Banca del Valdarno Credito Cooperativo
  • Credito Cooperativo Valdarno Fiorentino Banca di Cascia
  • Banca Valdichiana – Credito Cooperativo di Chiusi e Montepulciano
  • Banca Versilia Lunigiana e Garfagnana Credito Cooperativo
  •  ViVal banca – Banca di Credito Cooperativo di Montecatini Terme Bientina e S. Pietro in Vincio.

Il modulo per l’anticipo della cassa integrazione in deroga e ordinaria

Sul sito della Regione Toscana sono disponibili i moduli per richiedere l’anticipo del pagamento della cassa integrazione. L’intesa prevede una tripla garanzia: quella del lavoratore chiamato ad estinguere il debito residuo che eventualmente rimanesse dopo il versamento dell’assegno da parte dell’Inps, quella dell’azienda che potrà rimborsare la banca con i successivi stipendi e quella, in ultima istanza, del fondo di garanzia che sarà attivato dalla Regione Toscana.

Coronavirus, nuovi casi al minimo in Toscana: il bollettino del 21 aprile

Sono 96 i nuovi casi di positività al coronavirus in Toscana, l’aumento giornaliero minimo registrato dal 16 marzo scorso. Ci sono però anche 19 decessi: queste le ultime notizie dal bollettino regionale di oggi, martedì 21 aprile, sul contagio da coronavirus in Toscana.

La mappa del contagio

Il totale dei casi rilevati dall’inizio dell’epidemia raggiunge quota 8.603. Sono distribuiti così a livello di province di segnalazione: 2.704 casi a Firenze (51 in più rispetto a ieri), 473 a Prato (1 in più), 575 a Pistoia (7 in più), 956 a Massa Carrara (7 in più), 1.215 a Lucca (2 in più), 811 a Pisa (7 in più), 492 a Livorno (1 in più), 580 ad Arezzo (13 in più), 411 a Siena (4 in più), 386 a Grosseto (3 in più). 59 in più quindi i casi riscontrati oggi nell’Asl centro, 17 nella nord ovest, 20 nella sud est.

Coronavirus, il bollettino del 21 aprile in Toscana

La Toscana resta all’11° posto in Italia come numerosità di casi, con circa 231 casi ogni 100.000 abitanti (la media italiana è di 300, dato di ieri). Le province di notifica con il tasso più alto sono Massa con 491 casi ogni 100.000 abitanti, Lucca con 313, Firenze con 267. La più bassa Livorno con 147.

Scende ancora il numero di ricoverati nei posti letto dedicati ai pazienti Covid: sono 1.004, 28 in meno di ieri. Di questi, 171 sono in terapia intensiva (complessivamente -11 rispetto a ieri). È il dato più basso raggiunto dal 18 di marzo 2020 per le terapie intensive.

I guariti salgono a 1.295 (più 23 rispetto a ieri): 642 persone “clinicamente guarite” (-18 persone), divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione e 653 (+41 persone) dichiarate guarite a tutti gli effetti, le cosiddette guarigioni virali, con doppio tampone negativo.

Coronavirus, ultime notizie dalla Toscana (21 aprile)

I 19 decessi registrati da ieri riguardano 12 uomini e 7 donne con un’età media di 85,8 anni. Relativamente alla provincia di notifica del decesso, 8 le persone decedute nella provincia di Firenze, 1 a Prato, 2 a Massa, 2 a Lucca, 2 a Pisa, 3 ad Arezzo ed 1 a Siena.

Sono 686 i deceduti dall’inizio dell’epidemia, così ripartiti sui territori: 193 a Firenze 36 a Prato, 71 a Pistoia, 110 a Massa, 99 a Lucca, 65 a Pisa, 39 a Livorno, 27 ad Arezzo, 25 a Siena, 14 a Grosseto, 7 persone sono decedute sul suolo toscano ma erano residenti fuori regione.

Il tasso grezzo di mortalità toscano (il numero dei deceduti sul totale della popolazione residente) per Covid-19 è di 18,4 ogni 100.000 residenti. Meno della metà del 40 ogni 100.000 della media italiana (12° regione per mortalità). Per quanto riguarda le province, il tasso di mortalità più alto si riscontra a Massa (56,4 x 100.000), Lucca (25,5 x 100.000) e Pistoia (24,3 x 100.000), il più basso a Grosseto (6,3 x 100.000).

Complessivamente, 5.618 persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (82 in più rispetto a ieri).

Sono 17.906 (meno 283 rispetto a ieri) le persone, anch’esse isolate, in sorveglianza attiva perché hanno avuto contatti con persone contagiate (Asl centro 8.214, nord ovest 8.365, sud est 1.327).

I tamponi eseguiti hanno raggiunto quota 109.925, 4.068 in più rispetto a ieri. Quelli analizzati oggi sono 3.903.

Cosa ha detto oggi Conte: il discorso in diretta dalla Camera

Mes, decreto aprile, mascherine, distanziamento e fase 2. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte interviene oggi al Senato e alla Camera per fare il punto sull’emergenza coronavirus: cosa ha detto e dove vedere il discorso in diretta.

Il decreto aprile

Il cosiddetto “decreto aprile” sul quale il governo è al lavoro conterrà misure di sostegno all’economia per non meno di 50 miliardi. Che, sommati ai 25 del decreto cura Italia, porteranno il pacchetto dei provvedimenti straordinari adottati per l’emergenza coronavirus a 75 miliardi.

Mes, sì o no?

Conte non poteva non affrontare la questione del Mes che nelle ultime settimane ha diviso come nient’altro la politica. Conte ha chiarito l’atteggiamento del governo italiano nei confronti della linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità che l’Ue intende attivare per sostenere l’emergenza sanitaria nei paesi membri.

L’Italia, a giudicare dalle parole di Conte, non esprimerà un veto. “Ci sono Paesi in Ue che hanno dimostrato interesse”, ha detto Conte. “Rifiutare questa nuova linea di credito significherebbe fare un torto a questi Paesi che ci affiancano nella battaglia” sui tavoli europei, ha aggiunti il premier, riferendosi in primis alla Spagna.

Il discorso di Conte al Senato: cosa ha detto il premier

Ma sullo strumento, Conte invita alla massima prudenza e ad attendere i regolamenti attuativi per capire se l’accesso a questa linea di credito sarà effettivamente senza condizionalità.

L’Italia appoggerà “la proposta francese, avendo chiesto di integrarla in modo da rispondere più puntualmente ai requisiti che riteniamo imprescindibili”. Oltre a questa, ha aggiunto Conte, “è stata presentata una proposta spagnola che pure, ma con qualche suggerimento di variazione, potremmo appoggiare per la sua conformità alle nostre finalità”.

Giuseppe Conte oggi alle Camere: il discorso e la diretta streaming

Più che il Mes, sostiene il premier, l’Italia ha bisogno di altri strumenti. Ad esempio, l’idea di un Recovery Fund da gestire a livello europeo e che “deve essere ben più consistente degli strumenti attuali, mirato a far fronte a tutte le conseguenze economiche sociali, immediatamente disponibile e se dovrà ricadere nel quadro finanziario pluriennale dovrà essere messo a disposizione subito attraverso garanzie che ne anticipino l’applicazione”.

La decisione finale sull’adozione del Mes spetterà al Parlamento. “Ritengo che questa discussione debba avvenire in modo pubblico, trasparente, in Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola”.

La fase 2

Il motore del Paese deve riavviarsi, ma sulla base di un programma ben strutturato”. Bisogna ripartire, dunque, ma seguendo una strategia. “Si prospetta – ha detto Conte –una fase molto complessa: dobbiamo procedere a un allentamento del regime attuale delle restrizioni e fare il possibile per preservare l’integrità del nostro tessuto produttivo”.

Con la massima cautela: “un’avventatezza in questa fase – ha precisato il premier – può compromettere tutti i sacrifici che i cittadini con responsabilità e disciplina hanno affrontato fin qui“.

Per la fase 2, “stiamo elaborando un programma di progressive riaperture che sia omogeneo su base nazionale – ha aggiunto Conte – e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo sotto controllo la curva del contagio”.

Mascherine fino a quando non ci sarà il vaccino

Le mascherine diventeranno un dispositivo di uso quotidiano nei prossimi mesi. Conte ha infatti detto che la strategia del governo prevede di “mantenere e far rispettare il distanziamento sociale” e “promuovere l’utilizzo diffuso di dispositivi di protezione individuale fino a quando non saranno disponibili terapia e vaccino“.

L’app Immuni: strategica ma non obbligatoria

Immuni, l’app di mappatura e tracciamento dei contagi, sarà uno degli strumenti chiave per il contenimento del coronavirus nella fase 2. Il suo uso sarà raccomandato, ma senza penalizzazioni per chi non volesse installarla sui propri dispositivi. Il governo sta lavorando per il “rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti esistenti e di teleassistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie”, ha detto il premier. L’applicazione Immuni “sarà offerta su base volontaria e non obbligatoria. Faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non subirà limitazioni o pregiudizi”.

Dove vedere il discorso di Conte in diretta dalla Camera

L’informativa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla Camera dei deputati verrà trasmessa in diretta sul canale YouTube della Camera. Il discorso sarà trasmesso in streaming, gratuitamente, a questo indirizzo.

Il testo completo dell’informativa letta al Senato è invece disponibile sul sito del Governo.

“Le mascherine proteggono tutti noi, ma attenzione a quali usare”

Stop all’utilizzo indiscriminato delle mascherine con filtro e valvola, per combattere il coronavirus è necessario stare attenti a quali mascherine usare nella vita di tutti i giorni: via libera alle “altruiste”, come chirurgiche o in tessuto non tessuto, bocciate invece le “egoiste”, ffp2 e ffp3 da lasciare a chi servono veramente, come gli operatori sanitari. L’invito arriva dai giovani medici della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Firenze, che hanno scritto una lettera aperta sul tema.

“Chi proteggono le mascherine? La vera domanda da porsi è se vogliamo portare avanti una strategia collettiva di prevenzione indossando, durante la vita quotidiana, tutti lo stesso tipo di mascherina: solo così possiamo vincere la battaglia contro il coronavirus”, spiegano Massimiliano Biamonte e Duccio Giorgetti, due dei quattro specializzandi che hanno lanciato l’appello insieme al direttore della scuola Guglielmo Bonaccorsi. Prima di usare una mascherina bisogna infatti fare chiarezza sull’utilità e le caratteristiche delle diverse tipologie.

Le mascherine chirurgiche e quelle in tessuto non tessuto (TNT)

Le mascherine chirurgiche, per essere vendute come tali, devono essere certificate CE perché sottoposte a specifici test di resistenza. Nell’attuale emergenza scarseggiano e quindi sul mercato se ne trovano altre simili in tessuto non tessuto, molte delle quali sono in attesa dell’iter di certificazione: è il caso delle mascherine prodotte in Toscana, distribuite gratuitamente dalla Regione, che però hanno già passato gli esami preliminari del Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze (qui vi spieghiamo come vengono fatti i test).

Queste tipologie di mascherine sono state soprannominate “altruiste” perché filtrano poco l’aria in entrata, fermando solo le particelle più grosse, mentre in uscita bloccano l’emissione delle goccioline di saliva anche molto piccole (in gergo droplet) che trasportano il coronavirus da un infetto verso gli altri.

Quali usare: perché le mascherine chirurgiche o in TNT sono “migliori” di quelle con filtro?

In sintesi, le mascherine chirurgiche e quelle simili proteggono poco noi stessi, ma molto gli altri. Quindi se tutti le indossano e rispettano la distanza di sicurezza si crea una “barriera collettiva” e la diffusione del virus crolla. “Serve un cambio culturale. Proteggere gli altri vuol dire di riflesso proteggere se stessi: indossare una mascherina di questo tipo è un atto responsabile – dicono i due giovani specializzandi – se non seguiamo le regole mettiamo a rischio l’intera comunità e quindi anche noi stessi visto che ne facciamo parte”. In parole povere se non funziona questa strategia di contenimento, possiamo indossare le mascherine più protettive che esistono sul mercato, ma ci rimettiamo lo stesso, perché è l’intera società a cui apparteniamo – dagli ospedali all’economia – ad essere stata danneggiata dalla nostra scelta “egoista”.

Ci sono poi delle accortezze da seguire: le mascherine sono state ideate come monouso e quindi vanno usate solo una volta, per un tempo limitato, 4 o 5 ore al massimo. Ancora non esistono prove scientifiche che il lavaggio e la sanificazione delle mascherine non danneggi il potere filtrante del tessuto.

Coronavirus, come e quando usare le mascherine (senza rischio)

Mascherine con filtro ffp2 e le ffp3: come usarle per protegge gli altri

Al contrario, le mascherine ffp2 e le ffp3 hanno una valvola che svolge un’azione di barriera in entrata, fermando anche le particelle più piccole, possibili veicolo del coronavirus, ma non hanno nessun potere filtrante in uscita: c’è chi le chiama “egoiste” proprio perché proteggono chi le indossa ma non gli altri. Sono introvabili in questo periodo e soprattutto sono essenziali per chi lavora negli ospedali a stretto contatto con i malati.

Da qui l’appello a non utilizzarle nella vita di tutti i giorni. Se proprio non si vuole rinunciare al filtro allora l’invito dei medici specializzandi è di usare una doppia mascherina per non rischiare di diffondere l’infezione da coronavirus: “è necessario proteggere gli altri – chiariscono Biamonte e Giorgetti – mettendo sopra la ffp2 o ffp3 una mascherina chirurgica oppure di tessuto non tessuto, in modo tale che i flussi respiratori emessi attraverso la valvola vengano schermati, bloccando le eventuali goccioline di saliva infette”.

La lettera aperta è stata firmata dai medici in formazione specialistica Giuseppe Albora, Massimiliano Biamonte, Duccio Giorgetti e Andrea Moscadelli, oltre che dal professor Guglielmo Bonaccorsi, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università degli studi di Firenze.